UNA QUESTIONE ESPLOSIVA A RISCHIO XENOFOBO

Premessa

Come premessa all'intervista sulla Mozione Cota della presidente dell'ADI, Alessandra Cenerini, all'analista di sistemi scolastici Norberto Bottani, si ricorda che tale mozione prevede le seguenti misure per l'inserimento scolastico degli stranieri :

  • 1) Accesso a scuola degli alunni stranieri previo superamento di test
  • 2) Istituzione di classi d'inserimento per chi non supera i test
  • 3) Divieto di accesso alle classi ordinarie dopo il 31 dicembre di ogni anno
  • 4) Distribuzione degli alunni immigrati nelle classi proporzionale al numero complessivo di alunni della classe
  • 5) Nelle classi d'inserimento, percorsi monodisciplinari o interdisciplinari su progetti interculturali ed educazione alla legalità e alla cittadinanza

Intervista di Alessandra Cenerini a Norberto Bottani


La prima preoccupazione della mozione Cota pare essere la tutela degli studenti italiani del nord e del centro da novelle "invasioni barbariche"

Norberto, vorrei commentare insieme a te la mozione sulla regolamentazione dell'accesso alla scuola degli alunni stranieri presentata da Roberto Cota deputato della Lega Nord e altri e approvata dalla Camera il 14 ottobre 2008, e insieme le reazioni che ha suscitato.

Prima di entrare nel merito delle misure proposte, vorrei chiederti se anche tu, leggendo la mozione, hai avuto la sensazione che ciò che ha fatto scattare la molla non sia stata l'attenzione per un buon inserimento scolastico degli alunni migranti quanto piuttosto la tutela degli alunni autoctoni da una sorta di "invasioni barbariche" che starebbero mettendo a repentaglio la loro educazione.
Mi riferisco a frasi del tipo "gli alunni italiani assistono a una «penalizzante riduzione dell'offerta didattica», a causa dei rallentamenti degli insegnamenti, dovuti alle specifiche esigenze di apprendimento degli studenti stranieri", oppure al fatto che nelle classi d'inserimento il curricolo degli alunni stranieri contenga l'"educazione alla legalità", quasi a sottintendere che nella maggioranza dei casi si tratti di persone use o propense a delinquere e che, quindi, per essere inserite debbano prima apprendere i rudimenti della legalità.

La contrapposizione tra allievi italiani e allievi stranieri è assolutamente sbagliata.
ll problema chiave è la padronanza della lingua italiana

La contrapposizione tra allievi italiani e allievi stranieri è assolutamente sbagliata e può avvelenare ulteriormente un clima non esente da xenofobia. Il problema chiave è la padronanza della lingua italiana.

Per frequentare la scuola in Italia, per inserirsi nella vita sociale e lavorativa in Italia, occorre conoscere l'italiano.

Vorrei aggiungere che questo è vero in assoluto, non solo per gli studenti stranieri. Quindi l'obiettivo prioritario è di trovare una soluzione che permetta a tutti gli allievi, indipendentemente dalla loro origine, di apprendere l'italiano.

Un traguardo che la scuola in Italia non è ancora riuscita a raggiungere, nemmeno per gli studenti di madrelingua italiana, basta analizzare le ripetute indagini PISA per averne la prova. Per gli alunni stranieri, la questione è ovviamente più complessa, per questo deve essere responsabilmente e urgentemente assunta dalla scuola e risolta.

I principali modelli europei di integrazione scolastica

Considerato che il problema si pone a livello internazionale, puoi illustrarci cosa è stato fatto nei Paesi europei che molto prima di noi hanno affrontato il problema dell'inserimento scolastico dei bambini migranti?

 

In Europa tutti gli Stati membri hanno assunto il problema della lingua come questione centrale, premessa ineludibile per l'integrazione, e hanno messo in atto provvedimenti specifici per risolverlo. Vi sono diverse modalità di impostazione del percorso d'inserimento, che possono essere sintetizzate in tre tipologie fondamentali, di cui almeno due spesso coesistono:

•  Un modello di immediata integrazione all'interno delle classi ordinarie, ma con un tempo specifico in gruppi separati per l'apprendimento della lingua. In questo modello gli alunni immigrati sono da subito inseriti in classi normali, insieme ai compagni autoctoni, ma contemporaneamente ricevono, in gruppi distinti, l'insegnamento della lingua del paese ospitante. Tale insegnamento può essere sia all'interno del normale orario scolastico, sia in orario aggiuntivo, o comprendere entrambe le opzioni.

Questa impostazione, che sarebbe quella preferibile, si sviluppa bene laddove la classe è una struttura aperta, non rigida, in grado di articolarsi in base a diverse esigenze e di attuare forme plurime di personalizzazione. Mi pare che in Italia si sia ancora lontani dal concepire una siffatta organizzazione, basti considerare come viene costruito l'organico d'istituto, ancora rigidamente calcolato sul numero delle classi.

•  Un modello di inserimento separato transitorio, in gruppi-classe che assumono varie denominazioni a seconda dei Paesi ospitanti; qui in Francia si chiamano classes d'initiation - CLIN, ossia classi propedeutiche, nell'école élémentaire (6-11 anni), mentre nei collèges e nei lycées si chiamano classes d'accueil -CLA, ossia classi di accoglienza. Questo modello separato transitorio prevede gruppi temporanei, distinti dalle classi normali, in cui vengono accolti gli allievi stranieri appena arrivati, e hanno lo scopo fondamentale di metterli in condizione di comprendere la lingua del paese ospitante.

Sono gruppi molto mobili, volatili, non si tratta, tanto per intenderci, di strutture stabili con apposito organico (e di questo dovrebbero prendere atto i sindacati.). Il periodo trascorso in queste classi d'inserimento o gruppi di accoglienza è vario, di solito limitato a qualche mese e comunque in nessun caso è superiore a un anno. Questo modello spesso coesiste con il primo, anche in Francia.

•  Un modello separato a lungo termine in classi speciali. E' il modello in assoluto meno presente in Europa, ma è bene non tacere il fatto che non è sempre facile impedire il prolungamento ad oltranza delle classi d'inserimento, e il rischio della segregazione è tutt'altro che remoto. Intendo dire che spesso classi nate come temporanee tendono a stabilizzarsi, questo è successo, ad esempio, negli Stati Uniti con le classi per i "chicanos".

L'urgenza di affrontare il problema in Italia e assumere immediati provvedimenti

Ma forse non importa andare oltreoceano, perchè sulla base delle informazioni che abbiamo raccolto, questo modello segregante è già praticato in Italia in alcune scuole in zone ad alta concentrazione di immigrati.

 

A maggior ragione la questione in Italia deve essere affrontata con la massima urgenza, attenzione e con misure adeguate, che favoriscano la coesione sociale e scongiurino la segregazione.

In questo senso anziché gridare allo scandalo sulle classi d'inserimento, si decida come intervenire, utilizzando il primo e/o il secondo modello che ho descritto, l'uno non esclude l'altro e le scuole dovrebbero autonomamente valutare quale sia meglio attivare nella fase iniziale, avendo ben chiaro che il secondo modello dovrebbe protrarsi solo per pochissimi mesi.

Non vi è dubbio comunque che il primo modello sia quello auspicabile, ma comporta non solo una diversa organizzazione delle classi, ma anche specifiche forme di adattamento dei programmi per gli allievi stranieri.

Mi pare che quest'ultimo punto sia fondamentale.
E' chiaro infatti che se ad uno studente straniero che si inserisce in un istituto professionale si chiede, come oggi avviene, di studiare la Divina Commedia, non c'è molta speranza che l'integrazione dia esiti positivi! Purtroppo in Italia alcuni tabù sono duri a morire: la rigidità della struttura classe, degli orari, dei programmi e dei relativi organici.

Non si è ancora interiorizzato il concetto di autonomia scolastica, ma questo discorso ci porterebbe lontano. Vorrei piuttosto chiederti, quali sono a tuo avviso, alla luce delle migliori esperienze straniere, i principi cardine a cui attenersi quando si affronta il problema dell'accesso scolastico dei bambini immigrati.

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