Regioni e Scuola: tre tesi in discussione

2) "Asse culturale" e culture regionali

•  Una delle discussioni che ha coinvolto il personale culturale dell'Italia unita è stato proprio quella di individuare, fra le molte componenti del nostro patrimonio storico, quale considerare l'asse culturale del Paese.

A titolo esemplificativo, si può dire che nel campo della tradizione letteraria, che è centrale e prioritaria nella formazione dell'“italiano”, Francesco De Sanctis, con la sua Storia della letteratura italiana ha delineato il paradigma di tale tradizione rimasto pressochè inalterato nella cultura e nella scuola italiana fino ai nostri giorni (ovviamente con le integrazioni e aggiornamenti resi necessari). Nel campo della filosofia il positivismo ha dato la sua impronta ai programmi scolastici di questa disciplina; e il discorso può estendersi anche a discipline scientifiche; basterebbe ricordare quale dibattito e quali scelte sono state compiute nell'insegnamento della matematica, un campo in cui i matematici italiani sono stati all'avanguardia in Europa.

•  Ora, l'attribuzione alle regioni di una parte del curriculum scolastico, cosa comporta? A questo punto si apre la discussione, avendo presente che la situazione italiana è caratterizzata da un policentrismo culturale, opposto, ad esempio, al monocentrismo francese, dove Parigi costituisce il centro dominante pressochè esclusivo della cultura, seppure oggi in forme meno esclusive.

•  D'altra parte, non siamo all'anno zero; nel corso del Novecento, ad esempio, le culture regionali sono state valorizzate in vari momenti della nostra storia culturale; dalla “scoperta” delle città e delle regioni italiane compiuta dalla rivista “La Voce, sorta nel 1908, abbiamo assistito a periodiche riscoperte di scrittori, scienziati, poeti, riviste, la cui incidenza è stata rilevante nell'ambito delle singole regioni; una cultura non adeguatamente conosciuta, e soprattutto non entrata nel circuito culturale nazionale, e perciò rimasta, di fatto, estranea al patrimonio conoscitivo comune, a un ethos condiviso. Basterebbe citare, a tale proposito, il fenomeno dei poeti cosiddetti “dialettali”, che solo molto tardi sono stati, per così dire, legittimati culturalmente, mentre fenomeni di utilizzo geniale di dialetti, come l'esempio rappresentato da Gadda, costituiscono dei “casi” alti e circoscritti. Esso attesta come il radicamento nel patrimonio linguistico “dialettale” sia un motivo non di arretratezza o di mero ossequio a un mondo arcaico, ma di vera e propria creatività culturale. (Un'altra analoga esperienza è rappresentata dall'attività letteraria e saggistica di Pier Paolo Pasolini).

 

•  Non solo: nel 1967 fu pubblicato un libro di Carlo Dionisotti, in cui l'autore riserva una particolare attenzione “ai propositi e successi degli uomini nelle condizioni proprie in cui si trovarono a scrivere, piuttosto che all'intimità e alle risonanze lontane o, come si usa dire, all'universalità delle loro scritture ”(Geografia e storia della letteratura italiana, Einaudi, 1967, p. 12). Da ciò il privilegiamento accordato alla presenza e al radicamento regionale della letteratura, alla storia delle scuole, delle biblioteche, degli editori, degli sviluppi linguistici e filologici. Un testo, questo, che ha aperto nuove vie all'indagine e alla ricostruzione critica della nostra tradizione letteraria.

 

 

•  Un capitolo a parte è rappresentato dal “problema della lingua”, del suo insegnamento nella scuola e del ruolo dei dialetti. Tullio De Mauro pubblicò nel 1969 nove brevi antologie rivolte alla scuola, Lingue e dialetti di tutte regioni italiane, pubblicati da La Nuova Italia di Firenze; il Giscel di Bologna organizzò nel 1976 un convegno su Lingua, dialetti e scuola, i cui atti sono stati pubblicati dal Consorzio provinciale pubblica lettura. Già allora fu espressa l'idea che la conoscenza del patrimonio dialettale del nostro Paese non era un rêpechage arcaico di tradizioni in via di estinzione o spente, ma un modo per rendere consapevoli gli italiani della loro cultura linguistica che continuavano ad usare nella comunicazione quotidiana, per poterla superare, acquisendo gli strumenti linguistici, ossia conoscitivi, forniti dalla lingua italiana. Ma altri potrebbero essere i riferimenti a un dibattito e a una produzione editoriale su tale problema che è continuata nel tempo, e che ha caratterizzato una stagione nel rinnovamento della “cultura scolastica”.

•  Un discorso analogo potrebbe essere fatto per la storia, dove la produzione di testi, ricerche, antologie, riviste di storia delle singole regioni italiane conosce un enorme, ininterrotto sviluppo. Infine, numerose sono ormai le enciclopedie e le collane di storia delle città e delle regioni.

pagina successiva

Torna ad inizio pagina