Le “Commissioni” nella storia dell'esame di stato
La storia dell'esame di stato è, come vedremo in estrema sintesi, la storia di un progressivo annebbiamento delle sue finalità selettive, fino al loro totale svuotamento. Contestualmente la questione della composizione delle commissioni è il “tormentone” che ne accompagna il lungo percorso, dalla sua istituzione ai giorni nostri.
Il periodo del fascismo
L' esame di stato nasce con la riforma Gentile nel 1923, e sarà anche la maggiore novità della riforma, nella quale tutto l'impianto didattico fu legato alla verifica finale degli esami. La valutazione finale era un giudizio di maturità, ossia sulla complessiva maturità critica dell'allievo, riconosciuta globalmente. La commissione d'esame era tutta di esterni, nominati dal ministro (3 fra professori e presidi di scuole di 2° grado, 1 professore universitario, 1 insegnante di scuola privata o persona esterna all’insegnamento), e le sedi predefinite in tutta Italia (40 per la maturità classica, 20 per quella scientifica e 19 per l'abilitazione magistrale). Gentile fu esplicito nel giudicare il suo esame come dichiaratamente volto alla selezione severa e rigorosa dei migliori,in modo da far crescere un'élite dirigente per il nuovo Stato e da contrastare la pressione della piccola borghesia urbana, soprattutto impiegatizia ad affollare le aule dei licei come status symbol. La riforma Gentile fece stragi, in prima sessione più del 75% dei candidati risultarono non promossi, ma all'inizio godette dell'appoggio di Mussolini (“ … ci sono stati strilli e dolori, come è naturale: Se una riforma non lacera degli interessi acquisisti, è una riforma che non lascia traccia.” Mussolini 1924). Questo appoggio durò finché il rigore dell'esame non entrò in aperta collisione con la sua politica di appeasement con i ceti medi.
Di fronte alle vigorose proteste (si formò persino un coordinamento nazionale dei “comitati dei padri di famiglia”), Mussolini cambiò idea e riconobbe la “necessità di alleggerire il fardello culturale che grava sulle spalle e sullo spirito degli studenti medi” (1927).
Il regime fascista abbandonò la marmorea coerenza e severità dell'impianto gentiliano e con il ministro Fedele e i suoi successori introdusse vari correttivi: aumentò le sedi di esame, ridusse i programmi (De Vecchi nel 1937 li limitò a quelli dell'ultimo anno).
In pieno conflitto mondiale, Bottai ribaltò l'impostazione gentiliana, sancì il principio dei “giudici naturali”, stabilendo commissioni con i professori dei candidati e con i soli presidente (un universitario) e vice presidente (un preside) esterni di nomina ministeriale; ed estese il diritto ad essere sede di esame anche alle scuole legalmente riconosciute. (Legge 19 gennaio 1942, n. 86)