Relazione di Maurizio Fabbri

Coordinatore del corso di Scienze della Formazione Primaria,
Università di Bologna

Maurizio Fabbri

In attesa di ricevere la relazione scritta del Prof. Maurizio Fabbri, ne proponiamo una sintesi.

Un intervento curvato sul suo ruolo di pedagogista

Maurizio Fabbri ha affermato in premessa che non intendeva entrare nei temi di natura giuridico-istituzionale che sono stati a lungo dibattuti nel convegno, ma che si sarebbe attenuto al suo ruolo di pedagogista.
Gli appartiene infatti una lunga esperienza di coordinatore pedagogico nelle scuole dell’infanzia e nei nidi di Bologna, è da 13 anni docente a Scienze della formazione e da alcuni anni coordina il corso in Scienze della Formazione Primaria.

Da questa prospettiva di pedagogista ha dunque sviluppato il suo intervento.

Il sistema formativo integrato   e la scuola militante

Per poter tracciare le linee di sviluppo della scuola dell’infanzia è necessario partire dalla sua storia. Ci sono tre parole che meglio di tutte le altre consentono di cogliere la natura e le radici della scuola dell’infanzia bolognese: sistema formativo integrato. Un sistema nel quale le scuole dell’infanzia si sono sviluppate in stretto rapporto da un lato con il Tempo Pieno comunale, progettato, voluto e implementato da Bruno Ciari, dall’altro con i nidi d’infanzia, già allora presenti.

Ma non solo, il sistema aveva anche una continuità orizzontale con i servizi socio-sanitari. In quel contesto la scuola dell’infanzia, pur essendo scuola, si curvò verso il socio-pedagogico. Per la prima volta divenne scuola militante, che si rapportava ad altri soggetti politici e sociali che contribuivano a forgiarne l’identità. Un sistema che era una sorta di grande “incastro” entro il quale si rigeneravano i rapporti fra famiglia ed educazione, fra scuola e famiglia, si affrontavano i temi della genitorialità, della sessualità ecc..

Fu un modello vincente e diverso dall’esperienza di Reggio Emilia, di Reggio children, un modello, quello bolognese, che conserva tutt’oggi la sua attualità, perché la scuola deve rimanere parte integrante delle grandi trasformazioni culturali e sociali del proprio tempo, un luogo capace di favorire il ripensamento e la rielaborazione degli stili esistenziali ed educativi.

Il fallimento del decentramento ai quartieri

Questi obiettivi originari della scuola dell’infanzia si sono scontrati nel tempo con il decentramento della gestione ai quartieri. Il decentramento risale agli anni Ottanta ed è stato radicale. Si pensava che in questo modo la scuola si sarebbe meglio inserita nel territorio, avrebbe meglio risposto ai bisogni della popolazione.

Con gli anni, invece, sono emersi i grandi limiti di questa operazione. In primo luogo la frammentazione , si dispersero tutti i collegamenti fra scuole di quartieri diversi. Basti pensare a due quartieri cittadini, Navile e Santo Stefano. Gli interlocutori politici di questi due quartieri perseguono logiche di governo della città contrapposte, a volte irriducibili.

Così la gestione delle scuole risponde a logiche, ad apparati, ad interlocutori politici completamente diversi. Questo ha generato incomunicabilità. Questo scollamento fra scuole di diversi quartieri nel corso degli anni è diventato un vulnus. Oggi non c’è più capacità di fare sistema. Si disperdono anche le buone esperienze, progetti, sperimentazioni che nascono e muoiono nel territorio quando la maestra se ne va in pensione. Rimangono attività isolate incapaci di uscire dal proprio territorio e diffondersi.

La dispersione dei SET

Analoga dispersione sta avvenendo con i SET, i Servizi Educativi Territoriali, che in passato hanno dato vita ad esperienze raffinate da un punto di vista pedagogico, hanno aiutato le scuole a crescere, a volte hanno insegnato loro un metodo.

Oggi molte di quelle realtà rischiano di morire.

Convenzione fra Comune e Dipartimento universitario di Scienze della Formazione

Di fronte alle difficoltà economiche del momento, l’Università sta aiutando le scuole e i nidi comunali, con l’offerta di formazione, attraverso una convenzione con il Comune.

Il Prof. Fabbri sta facendo due corsi gratuitamente per le educatrici del nido, altri suoi colleghi lo fanno per le/gli insegnanti della scuola dell’infanzia.

In quale direzione muoversi? Un modello di servizi non frammentato, che sappia fare sistema

Non ci si può accontentare di mantenere l’esistente, anche se, in epoca di crisi, questo obiettivo a molti amministratori pare già molto alto. Occorre tornare ad investire, a trasfigurare la realtà quotidiana dei servizi e collegarli in una prospettiva evolutiva che non si ripieghi su se stessa. La scuola dell’infanzia è sempre stata considerata nella scuola statale l’anello debole.

Il Comune di Bologna può garantire che non sia l’anello debole, in forza del suo collegamento con il nido, che le dà forza. La scuola è 0-6. E’ fondamentale il collegamento con il segmento 0-3. Poi se si vuole si potrà pensare anche 0-11, o 0-14 o 0-16 o 0-18, ma si parte dal nido. E ancora, la scuola dell’infanzia dovrà essere radicata nel territorio ma contemporaneamente fare sistema, coinvolgere tutti gli attori istituzionali in gioco, aprirsi all’esterno, essere militante. Deve cioè mantenere la capacità di intercettare i bisogni, percepire e saper rielaborare i grandi cambiamenti di questo periodo storico, che sono in atto nei rapporti intergenerazionali, negli stili educativi, nella società multietnica e multiculturale.


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