CONCLUSIONI

di Alessandra Cenerini- Presidente ADi

Riusciremo a riveder le stelle sulla scuola dell’infanzia bolognese?

Nell’introdurre l’ultimo relatore, il Prof. Maurizio Fabbri, gli ho chiesto di aiutarci a rivedere qualche stella nel cielo nebuloso della scuola dell’infanzia bolognese. Il suo ruolo è tutt’altro che secondario, è il coordinatore del Corso di Scienze della Formazione Primaria, docente in un dipartimento universitario che è legato al Comune di Bologna da una specifica convenzione.
La sua è stata una bella, coinvolgente relazione, ci ha parlato di scuola militante, di necessità di sapere interpretare i bisogni e i cambiamenti della nostra epoca, ma c’è un punto su cui non posso esimermi dall’esprimere perplessità, perché ha implicazioni non secondarie sulla prospettiva.
Mi riferisco alla critica alla gestione dei quartieri che avrebbe prodotto grandi differenze fra le scuole dell’infanzia e non consentirebbe l’osmosi fra le varie esperienze. Non c’è dubbio che la gestione dei quartieri funzioni male, molto male, ma perché? Maurizio Fabbri ha illustrato il suo punto di vista comparando due quartieri cittadini, Navile e Santo Stefano, amministrati da maggioranze politiche diverse. Secondo Fabbri le grandi differenze nelle scuole dei due quartieri sarebbero dovute al fatto che gli interlocutori politici di Navile e Santo Stefano perseguono logiche di governo della città nettamente distinte, a volte contrapposte, spesso irriducibili le une alle altre. Sono affermazioni rischiose perché se così fosse sarebbe tout court negata l’autonomia professionale degli insegnanti, nonché il ruolo del coordinamento pedagogico.
Ho ripreso questo punto perché anche noi siamo d’accordo che oggi la gestione dei quartieri sia assolutamente inadeguata, ma la nostra analisi è molto diversa e porta a rivendicare più autonomia, non minore autonomia. Vediamo come.

La gestione della scuola dell’infanzia comunale: autonomia, ricerca e sviluppo, valutazione

Noi riteniamo che la prospettiva che deve guidare qualsiasi processo di innovazione debba avere respiro nazionale e porsi, come modello per la scuola statale, secondo la migliore tradizione della scuola bolognese.

E’ in quest’ottica che consideriamo il passaggio delle scuole ad un’Azienda di Servizi alla Persona un grave errore politico che nessuna regione considera plausibile. Ma non mi soffermerò su questo punto che così brillantemente è stato trattato dalla relazione di un autorevole giurista come il Prof. Carlo Marzuoli e dalla Presidente della IV commissione regionale la Prof.ssa Monica Donini.
E’ sulla gestione, quella diretta da parte del Comune, che vogliamo esprimere alcune convinzioni

La prospettiva delineata dalle leggi della Repubblica e dalla Costituzione italiana si chiama autonomia scolastica. Una prospettiva affascinante che la scuola di Stato vive solo sulla carta perché attanagliata da una burocrazia asfissiante e da vincoli soffocanti. Perché le scuole comunali non possono sperimentarla compiutamente ed essere un esempio per la scuola statale? In che modo?
Oggi le scuole comunali sono oppresse da una gestione amministrativa spesso incompetente, che domina sulla gestione educativa. Gli stessi pedagogisti sono sottoposti al direttore di quartiere e non hanno uno status adeguato. Autonomia scolastica vuole dire liberare le scuole dalla burocrazia del quartiere, dare ai pedagogisti piena responsabilità della gestione pedagogica ed amministrativa con apposito personale di segreteria. Senza voler creare nessuna separazione con i nidi, crediamo che sia più efficace avere pedagogisti dedicati alla scuola dell’infanzia, per le profonde connessioni che essa ha con la scuola statale, per gli approfondimenti che riguardano l’applicazione delle Indicazioni nazionali per il curricolo (che si riferiscono in ugual misura alla scuola statale e alla scuola comunale), per le condizioni normative e contrattuali delle insegnanti.
Un ruolo importantissimo deve rimanere in capo al Comune. Da troppo tempo la gestione dell’assessorato alla scuola è tutta di tipo amministrativo contabile, non c’è capacità “visionaria”, che sappia spronare, sollecitare l’innovazione ed il miglioramento.

Autonomia delle scuole non vuole dire atomizzazione della gestione, non vuole dire essere privi di un efficace centro di ricerca, non vuole dire essere privi di adeguati strumenti di valutazione. Al contrario, l’autonomia può vivere e svilupparsi solo se c’è il contrappeso di centri di valutazionee di ricerca e sviluppo, che devono necessariamente essere in capo al Comune.

Le/Gli insegnanti

A livello mondiale, è condivisa l’idea che fra tutti i fattori che nella scuola influenzano il benessere, l’apprendimento e il successo dei bambini e dei ragazzi, il più importante è costituito dagli insegnanti. Le indagini internazionali ci dicono anche che il primo fattore che sostiene e stimola lo sviluppo di insegnanti di qualità è il rispetto e il riconoscimento sociale e istituzionale della loro funzione.
 Da troppo tempo le insegnanti in questo Comune sono sotto assedio. Da due anni sono sotto la gratuita minaccia di essere private del contratto che da sempre le uniforma alle colleghe statali, spogliandole di quello statuto professionale, a cui sono rimaste orgogliosamente attaccate pur nella miseria della retribuzione. A quale pro? Torniamo a pensare in grande e a ricostruire quel capitale professionale che si va disperdendo.

Si è aperta la possibilità di assumere in ruolo, non grandi numeri, ma si può invertire la tendenza. E  a livello locale si possono apportare al contratto anche importanti modificazioni senza rescindere il legame con il contratto scuola per regredire a quello degli  Enti Locali.

 Marcella Ciari ci ha ricordato e fatto rivivere il grande lavoro di Bruno Ciari. Lui si dedicò moltissimo alle insegnanti: esaltò e promosse la loro capacità di lavorare in team, la pari dignità fra l’insegnante del mattino e del pomeriggio, introducendo l’alternanza dei turni, prima rigidamente divisi e gerarchizzati, favorì nuove relazioni con i genitori, chiamati a discutere e a condividere i percorsi dei propri figli, avviò importanti modalità di formazione in servizio.  Non fu una riforma senza conflitti, ma era chiaro l’obiettivo e alta la capacità di raccogliere l’entusiasmo di forze giovani e impegnate, che hanno lasciato un segno inconfondibile.

E mai pensò di togliere loro il contratto scuola!!
Si ridia a queste insegnanti l’orgoglio di lavorare per queste scuole e la felicità di sentirsi amate e stimate.


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