Emozioni sociali nei contesti scolastici
Le emozioni nei contesti scolastici sono di tipo prevalentemente sociale e derivano dall'interazione con gli altri. Alcuni autori parlano di “emozioni collettive”.
Hanna Järvenoja e Sanna Järvelä, due ricercatici finlandesi dell'Università di Oulu, in un recentissimo articolo Emotion control in collaborative learning situations: Do students regulate emotions evoked by social challenges ? (in British Journal of Educational Psychology, Volume 79, Number 3, 2009) sostengono che le emozioni nei contesti scolastici sono di tipo prevalentemente sociale e derivano dall'interazione con gli altri e che estremamente importante è la regolazione delle emozioni.
Per regolazione si intende l'abilità di monitorare, valutare, cambiare all'occorrenza l'intensità o la durata di una particolare esperienza emozionale. La regolazione delle emozioni è sia individuale che collettiva ed è centrale nei contesti scolastici per permettere agli allievi di concentrarsi sull'apprendimento e non sull'emozione stessa.
Non sempre la collaborazione è coronata dal successo.
Non va taciuto il fatto che non sempre la collaborazione nell'apprendimento è coronata da successo, infatti:
- le sfide socio-emozionali sono più elevate nell'apprendimento collaborativo che in quello convenzionale per il potenziale conflittuale di bisogni, richieste, interessi, ma anche per i differenti stili comunicativi;
- i processi collaborativi (livelli di impegno e concentrazione, molteplici prospettive cognitive, mancanza di basi comuni per risolvere i problemi) di per sé possono creare ostacoli ed emozioni negative.
Nell'apprendimento collaborativo è pertanto di grande importanza sapere controllare le emozioni non solo a livello individuale, ma anche di gruppo
Nuove tecnologie e socializzazione
C'è poi un terreno nuovo d'indagine che si riferisce all'impatto che hanno le tecnologie dell'informazione e della comunicazione sulla socializzazione delle nuove generazioni.
Siamo di fronte a generazioni solitarie, a generazioni di ragazzi che non solo imparano a stare da soli, ma che si sentono soli. Voi non immaginate quanti studenti mi vengono a raccontare delle loro difficoltà di socializzazione e della loro solitudine.
Frange di questa solitudine della generazione dei nativi digitali sono state osservate in Giappone, dove il fenomeno dell'Hikikomori sta assumendo contorni sempre più preoccupanti.
Si tratta di una forma di isolamento sociale, che porta i giovani a chiudersi nelle loro anguste camere per lunghi periodi. Durante questo autosequestro forzato (c'è chi è rimasto per qualche anno) non escono. L'hikikomori smette perciò di andare a scuola, rifiuta di parlare con il mondo esterno e i genitori passano loro il cibo per la sopravvivenza dalla porta. Qualcuno sceglie di uscire per pochi minuti a notte fonda, quando è sicuro di non incontrare nessuno e fa la spesa ai distributori automatici di cibo e bevande. Per tutto il resto della giornata il tempo è passato al computer per navigare su Internet, e per giocare con i videogame, oppure immersi nel mondo di Manga e Anime, i fumetti e i cartoni animati giapponesi.
Secondo una stima del Ministero della Sanità nipponico circa il 20% dei giovani (in maggioranza maschi) soffre di forme più o meno gravi di hikikomori.
Ma non sempre i nuovi mezzi di comunicazione inibiscono la socialità. C 'è anche un aspetto positivo che vede lo sviluppo di nuove forme di socializzazione attraverso di essi.
I nuovi mezzi di comunicazione possono avere tanti utilizzi e in questo senso non sono di per sè né buoni né cattivi.