Segni per il riconoscimento delle vittime

La questione dei numeri è davvero complessa. Di fronte ai dati appena esposti, ad esempio, va osservato che, se si considera la tipologia di vittima definita da Olweus (lo psicologo svedese che per primo "scoprì e definì il fenomeno), non sembra credibile che, mediamente, in una classe di scuola primaria vi siano ben quattro o cinque bambini che cominciano ad essere piuttosto assenti e distratti, ad avere disturbi del sonno, un inspiegabile calo del rendimento scolastico, qualche misterioso strappo nei vestiti e graffi o lividi sul corpo per i quali danno spiegazioni un po' troppo singolari, che si ritirano da certe attività sportive extarscolastiche per non incappare nei persecutori, che cominciano ad accusare mal di pancia ecc. per non andare a scuola, che durante la ricreazione tendono a stare alle costole dell'adulto, ecc..

Eppure sono questi i segni di riconoscimento della vittima di bullismo così come sin dall'inizio furono individuati da Olweus (nota5) e come sono ripresi da tutta la letteratura sul bullismo. Sarebbe importante poter verificare se i dati dei questionari che risultano segnalati sulla base dell'indice di gravità non individuino un'area più vasta di prepotenze subite, piuttosto che le situazioni di reale vittimizzazione. Che, nella scuola primaria, in un raggruppamento di tre o quattro classi, ci si trovi davanti a 12-16 alunni che presentano almeno un certo numero delle caratteristiche sopra indicate, e a circa 12 in un piano con sei classi di scuola media, sembra piuttosto difficile a credersi. (nota6)

Ma, anche presumendo di doversi aspettare un numero inferiore di situazioni di vittimizzazione, si tratta di un fenomeno grave, complesso, particolarmente tenace, di fronte al quale è legittimo porre analogie - ma forse, piuttosto, una reale parentela - con le più gravi forme di sopraffazione che l'umanità conosce da sempre: la liberazione del puro gioco della prevaricazione del forte sul debole, lasciato alla sua spontanea manifestazione.

Indice di presenza e indice di gravità

La rilevazione dello stato del fenomeno nella propria scuola è una condizione importante per affrontare il problema nel modo più pertinente. Poiché, tuttavia, la costruzione di uno strumento di rilevazione è sempre un impegno tecnicamente delicato, estraneo di per sé alla competenza dei docenti, l'esigenza, sempre più urgente, è che si arrivi rapidamente ad assicurare la disponibilità di strumenti di rilevazione corretti, agili e di facile reperibilità. Alle scuole si deve chiedere attitudine a curare la correttezza nella somministrazione e nella interpretazione dei dati.

Secondo il metodo proposto dallo stesso Olweus, si tratta di chiedere agli alunni di riferire se hanno subito/compiuto atti di bullismo, specificando se questo 1) è avvenuto "una o qualche volta" o 2) se è accaduto "una volta alla settimana o più". La somma delle situazioni del tipo 1) dà l' indice di presenza (comportamenti prevaricatori di carattere episodico) e definisce così la situazione della scuola dal punto di vista delle prepotenze; la somma delle situazioni del tipo 2) dà invece l'indice di gravità, cioè rileva la densità delle situazioni di vittimizzazione vera e propria. Senza disconoscere il valore di questa impostazione, si può tuttavia rilevare che la sola alta frequenza non è ancora prova della gravità della situazione: sembra possibile, piuttosto, entrare in una maggiore approssimazione alla realtà, se si prende nota di quanto, nei questionari, le vittime di vessazioni ripetute e prolungate dichiarano relativamente sia alla concreta configurazione della situazione (tipo e numero di comportamenti subiti o messi in atto, durata di settimane, mesi o anni,) sia al loro stato d'animo in quelle situazioni (ad es.: "è stato un periodo molto brutto"; stato d'animo di "forte angoscia"; senso di solitudine "pesante", "enorme"; "ero terrorizzato/a", ecc.; altri item possono indagare se la vittima abbia cominciato ad accusare "mal di pancia o altri malesseri" al momento di dover andare a scuola, a fare " giorni o periodi di assenza da scuola" per sfuggire ai persecutori, ecc.).

Allo stesso modo, specularmente, risulta significativo il quadro che risulta dai ragazzi che si dichiarano responsabili di prevaricazioni: "l'ho fatto perché era una cosa divertente", "mi piace essere così", "lo rifarei", "a quelli come lui/lei capitano queste cose perché sono:. "secchioni", "imbranati", . "sono immigrati e devono starsene a casa loro"., "stava male, ma era questo il divertimento". Oppure: "non mi piaccio quando faccio cose del genere", "vorrei essere aiutato ad essere migliore".

^nota5 - D.Olweus, "Bullismo a scuola. Ragazzi oppressi, ragazzi che opprimono", Giunti 2001.
^nota6 - Sembra pertinente, in relazione a queste riflessioni, riportare, con vivo apprezzamento per l'onestà intellettuale, quanto dice Ada Fonzi a conclusione della ricerca: ""Alla fine della nostra ricerca ci siamo trovati davanti più dubbi che certezze" (pag. 210).

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