Domenico Starnone
Domenico Starnone (Napoli 1943) vive e lavora a Roma. Ha insegnato a lungo nella scuola media superiore e si è occupato di didattica dell'italiano e della storia (Fonti orali e didattica, 1983).Per "I Classici Feltrinelli" ha introdotto Cuore di De Amicis (1993), Ultime lettere di Jacopo Ortis di Foscolo (1994) e Lord Jim di Conrad (2002). È stato redattore delle pagine culturali del "Manifesto". Ha lavorato molto per il cinema.
Dai suoi libri sono stati tratti i film La Scuola di Daniele Luchetti, Auguri, Professore di Riccardo Milani e Denti di Gabriele Salvatores. Nel 2001 ha vinto il Premio Strega con il romanzo Via Gemito.
Davanti al collegio (1986)
Il preside ha fatto al collegio dei docenti una mortale «comunicazione del preside» della durata di un'ora e trentacinque minuti. Prima mezzora su questo concetto: l'anno scolastico volge alla fine, cari colleghi. Fuori s'irradiava radioattivo il maggio odoroso di pomeriggio: mese in cui c'è chi si lascia e c'è chi si prende - mi ha detto il collega Vivaldi all'orecchio. E poi ha attaccato a raccontarmi di una conversazione tra l'allievo Segarelli Matteo e la sua fidanzata Romina di 2a B, captata in mattinata durante la ricreazione. Segarelli diceva a Romina: dimmi che m'ami. Romina rispondeva a Segarelli: non me la sento. Segarelli ribatteva: allora perché io me la sento? Sicché Romina: se vuoi. ti dico che ti voglio bene. Ma Segarelli: non è la stessa cosa. Romina: ti voglio bene molto. Segarelli: se dopo due mesi non riesci a dire ti amo, vuol dire che non va. Romina: dammi tempo. Segarelli: o adesso o mai più. Romi na perplessa: t'amo. E: capisci? si rideva nella strozza Vivaldi.
Dall'altro orecchio invece l'anziano collega Sparanise mi ha confidato: sono entrato nell'area della morte. «Ma no» ho detto io «e un'impressione». «Lo sento» ha invece ribadito Sparanise. E non ha più detto una parola. Ma ha cominciato a fissare con astio il preside che andava facendo la sua micidiale comunicazione: come se la morte fosse il capo d'istituto.
Anche quest'anno ce l'abbiamo fatta - stava appunto dicendo il preside - pur tra contrasti e un momento o due in cui sono stato là là per chiamare i carabinieri. Ora che siamo alla fine, colleghi, prepariamoci agli adempimenti d'obbligo. Quindi si è detto preoccupato soprattutto per il giudizio finale, sicché il collega Sparanise lo ha fissato ancora più cupamente e mi sono sentito a fianco la sua angoscia rancorosa di vecchio che teme la fossa scura. «Il giudizio finale» ha annunciato il preside con tono biblico «deve essere formulato sulla base della valutazione di un adeguato numero di interrogazioni e di compiti scritti. Il vostro numero è adeguato?». «Sì» abbiamo detto noi come folla oceanica. Perché in questi casi è conveniente mentire. Se si insiste a dire: più di un'interrogazione e due compiti scritti non sono riuscito a farli, ci si ficca inutilmente nei guai. Ma la verità - la verità è che abbiamo appena cominciato a braccare gli allievi disertori per interrogarli a mitraglia dopo che hanno vomitato nel cesso. Quanto ai compiti, pacchi smanacciati e sudati ancora giacciono con la pancia biancastra all'insù come lucertole stecchite.
Il preside inoltre ha chiarito senza peli sulla lingua: il numero delle assenze va tenuto nella dovuta considerazione. Voi lo terrete? «Eccomenò» abbiamo risposto, «sul registro ci sono più caselle con la a che caselle senza». Allora fiducioso ci ha anche ricordato: dovete dare utili indicazioni agli alunni che rimandate a settembre. Misteriosa formulazione. Molti di noi hanno risposto sì pensando: ai miei gli indico il collega Zorzi che ai suoi indica me: 40.000 lire all'ora. «Se bocciate» ci ha inoltre spiegato il preside «dovete motivare la vostra decisione. Anche in senso orientante». «Orientante.» ha chiesto Vivaldi. «Orientante verso altri studi o attività». «A zappare» ha mormorato allora Sparanise, «c'è chi è nato per studiare e chi è nato per zappare». E questa idea a cui è affezionato da quaranta anni gli ha ridato improvvisamente colore e gioia di vivere.
Infine il preside ci ha comunicato tutta la sua apprensione per i giudizi di ammissione/non ammissione all'esame di maturità. Si è detto convinto: non li sapete fare. Noi, offesi: no, li sappiamo fare. Allora il preside ci ha incalzato: sapete esprimere senza far poesia la valutazione o positiva o negativa del grado di preparazione di ciascun candidato, con riguardo al profitto, al comportamento (inteso come interesse e partecipazione attiva al dialogo educativo), alle capacità e alle attitudini? Lei, Starnone, sa? Io mi sono pensato in 5a, mentre mi faccio lezione in fretta su Svevo e Pirandello, sotto gli occhi la classe che partecipa al dialogo educativo preparandosi per interrogazioni in altre materie, non un cane che mi stia a sentire, l'allieva Seroni Catia che si rifà il trucco perché non porta italiano agli esami, Menegozzi Maria Concetta detta Ketty, che con cuffia alle orecchie legge La coscienza di Zeno perché l'italiano lo porta ma non crede all'utilità delle mie spiegazioni. Allora ho ammesso: non so.
Dopo un estenuante dibattito su: è più valido il giudizio o il voto? il preside ci ha permesso di passare all'adozione dei libri di testo. Molti colleghi ci hanno recitato noiosissime relazioni che dicevano: com'è bello questo libro di testo che adotto io, ricopiate pari pari dalla scheda con cui le case editrici accompagnano i libri che ci inviano in omaggio. Sparanise ha adottato una nuova stupefacente grammatica di francese. Mentre Vivaldi e la collega Taddeo cominciavano a litigare perché lui negli ultimi tempi porta spesso in moto l'allieva Seroni Catia e lascia lei a piedi. «Non mi ami più» diceva Taddeo. «Io ti amo e te lo dico» ribatteva Vivaldi, «tu invece non me lo dici mai». Allora Taddeo : «Ti voglio bene molto». E Vivaldi: «Lo vedi? Non mi dici mai: t'amo».
D. Starnone, Ex Cattedra, Mialno, Feltrinelli, 1989, pagg.118