William Somerset Maugham


William Somerset Maugham (Parigi 1874 - Nizza 1965), romanziere e commediografo britannico. Scrittore famoso per il pessimismo acre e freddo, l'ironia crudele e cinica, con cui flagellava inesorabilmente i vizi e la follia degli uomini.

Inglese, ma nato a Parigi, studiò a Heidelberg e si laureò in medicina a Londra nel 1897. Il successo del suo primo romanzo, Liza di Lambeth, lo convinse ad abbandonare la carriera di medico e dedicarsi alla letteratura.
Ma la fama ed il successo cessarono presto di arridergli. Cosicché, nei primi anni del 1900, visse in grande miseria a Parigi, frequentando l'ambiente letterario bohème che descrisse più tardi nel famoso Schiavo d'amore (1915).

Ritornò alla ribalta nel 1908, quando la Stage Society di Londra rappresentò la sua commedia Un uomo d'onore. Da allora divenne uno dei più noti autori inglesi.

Durante la prima guerra mondiale fece parte del Servizio Segreto, di cui parla nel romanzo Ashenden (1928).

Divenuto ricchissimo, viaggiò a lungo in Oriente da dove trasse ispirazione per vari romanzi.

Molti considerano il Circolo il suo capolavoro, ma notissimi sono anche Pioggia, Il velo dipinto (1925) e La luna e sei soldi (1919), in cui Maugham narra la fine di Paul Gauguin a Tahiti. Molto noto è anche il romanzo Il filo del rasoio (1944), cui si ispira il film omonimo.

Un radicale (1915)

Era cosa contraria alla tradizione della scuola che si potesse scegliere uno dei maestri inferiori. Nella sala dei professori si esprimeva l'unanime desiderio che fosse eletto il signor Watson, preside della scuola preparatoria: si poteva già descriverlo come un maestro della King's School, dal momento che tutti lo conoscevano da una ventina d'anni, e non c'era il rischio che avrebbe potuto dar loro noia. Ma il Capitolo riservava loro una sorpresa. Fu scelto un uomo chiamato Perkins. All'inizio nessuno sapeva chi fosse questo Perkins e il nome non fece un'impressione favorevole su nessuno; ma prima che passasse lo stupore si capì che Perkins era il figlio di quel Perkins che vendeva tessuti. Il signor Fleming ne informò gli insegnanti prima di pranzo mostrando una grande costernazione. Quelli che stavano mangiando lo finirono di fare quasi in silenzio e nessuno parlò della faccenda fino a che i. camerieri non ebbero lasciato la stanza. Poi cominciarono a parlare. I nomi di chi era presente in quella occasione sono irrilevanti, ma generazioni di scolari li conoscevano come Sospiri, Catrame, Pisolini, Schizzi e Pat.

Conoscevano tutti Tom Perkins. La prima cosa che dissero era che non era un gentiluomo. Lo ricordavano piuttosto bene. Era un ragazzo piccolo e scuro, con capelli neri e spettinati e occhi grandi e uno zingaro. frequentava la scuoia come esterno con la migliore delle borse di studio, cosicché l'educazione non gli era costata nulla. Certo che era brillante. Ad ogni premiazione usciva carico di premi. Era l'allievo di cui si vantavano di più e adesso ricordavano con amarezza la loro paura che egli volesse guadagnarsi una borsa di studio per qualche scuola più importante e sfuggire così dalle loro mani. Il dottor era andato dal padre, il negoziante dei tessuti - tutti ricordavano il negozio, Perkins e Cooper, in St.Catherinés Street - e gli aveva detto che speravano che sarebbe rimasto con loro fino a quando fosse giunto il momento di andare a Oxford. La scuola era il miglior cliente della Perkins e Cooper e il signor Perkins fu solo troppo felice di l'assicurazione richiesta. Tom Perkins continuò a trionfare: migliore allievo di studi classici che il dottor Fleming ricordasse e nel lasciare la scuola conquistò la più importante borsa di studio essi avessero da offrire. Ne guadagnò un'altra al Magdalene e fece una brillante carriera come studente universitario. La scuola segnalò tutti i successi che egli raggiungeva anno dopo anno e quando si laureò con il massimo dei voti, lo stesso Fleming scrisse alcune parole di elogio sulla rivista. I suoi successi furono accolti con grande soddisfazione nella sua antica scuola. A quel tempo la Perkins e Cooper aveva cominciato ad avere momenti brutti: Cooper beveva moltissimo e proprio prima che Tom Perkins si laureasse la ditta aveva dovuto fare bancarotta.

A tempo debito Tom Perkins aveva preso gli Ordini Sacri ed era entrato nella professione per la quale era straordinariamente adatto; era stato poi maestro assistente a Wellington e, successivamente, a Rugby.

Ma c'era un'enorme differenza tra il salutare i suoi successi nelle altre scuole ed essere invece sottoposti a lui nella propria. Catrame gli aveva spesso dato delle punizioni consistenti in copiature e Schizzi gli aveva dato dei pugni. Non riuscivano ad immaginare come mai il Capitolo avesse fatto un errore ditale portata. Nessuno avrebbe certo potuto dimenticare che Perkins era figlio di un mercante di tessuti che aveva fatto bancarotta e l'alcolismo di Cooper sembrava peggiorare la disgrazia. Si capì che il decano aveva sostenuto con zelo la sua candidatura e probabilmente avrebbe invitato Perkìns a pranzo, ma quei piccoli pranzi piacevoli e ristretti sarebbero stati sempre ugualmente piacevoli quando Tom Perkins c si fosse seduto a tavola? E che dire degli ufficiali? Non poteva certo aspettarsi che ufficiali e gentiluomini lo ricevessero come uno di loro. La scuola ne avrebbe avuto un danno incalcolabile. I genitori c sarebbero rimasti insoddisfatti e nessuno si sarebbe potuto sorprendere se ci fossero stati molti ritiri. E poi l'indegnità di doverlo chiamare signor Perkins! I maestri pensarono, come mezzo di protesta, di dare tutti le dimissioni, ma lo spiacevole timore che potessero essere accettate con equanimità li trattenne.

«L'unica cosa è prepararci ai cambiamenti», disse Sospiri, che aveva insegnato nella quinta classe per venticinque anni con una incompetenza impareggiabile.

E quando lo videro non furono affatto rassicurati. Il dottor Fleming li invitò ad incontrarlo a colazione. Perkins adesso era un uomo di trentadue anni, alto e sottile, ma con la stesso aspetto selvatico e trascurato che gli ricordavano quando era ragazzo. I suoi abiti, mal fatti e cincischiati, erano indossati malamente. Aveva i capelli neri come sempre e non aveva certo imparato a spazzolarli, dal momento che gli cadevano sulla fronte ad ogni gesto e lui li respingeva indietro con un movimento della mano quando gli ricadevano sugli occhi. Aveva i baffi neri e la barba che gli arrivava fino agli zigomi. Parlava con disinvoltura con i maestri come se li avesse lasciati solo una settimana o due prima ed era chiaramente contento di rivederli. Sembrava inconsapevole della stranezza della sua posizione e non trovava niente di strano che gli si rivolgessero chiamandolo signor Perkins.

Mentre li stava salutando per andarsene, uno dei maestri, tanto per dire, notò che aveva ancora parecchio tempo prima che il suo treno partisse.

«Voglio fare una passeggiata e dare un'occhiata al negozio», rispose lui allegramente.

L'imbarazzo fu molto evidente. Tutti si meravigliarono che Perkins potesse essere così privo di tatto e, per peggiorare le cose, il dottor Fleming non aveva sentito quello che lui aveva detto e la moglie dovette urlarglielo nell'orecchio.

«Vuole fare un giro e dare un'occhiata al vecchio negozio del padre.»

Solo Tom Perlcins rimase inconsapevole dell'umiliazione che l'intero gruppo provò. Si voltò verso la signora Fleming.

«Di chi è adesso?»

La signora Fleming non riuscì a rispondere perché era molto secata.

«É ancora un negozio di tessuti», disse alla fine in tono acido. «Si chiama Grove. Non ci serviamo più lì.»

«Chissà se mi permetteranno di entrare in casa.»

«Penso di sì, se dice chi è.»

Soltanto la sera dopo cena, si riprese il discorso, nella sala dei professori, sull'argomento che occupava le menti di tutti. Fu Sospiri che chiese: «Allora che ne pensate del nostro nuovo preside?». Pensavano tutti alla conversazione della colazione. Si poteva a stento chiamarla una conversazione: era stato piuttosto un monologo. Perkins aveva parlato incessantemente. Parlava rapidamente, con un flusso di parole semplici e con una voce profonda e sonora. Aveva una strana risatina che scopriva i suoi denti bianchi. L'avevano seguito con difficoltà perché la sua mente saltava da un argomento all'altro attraverso meccanismi di connessione che non sempre gli ascoltatori riuscivano a cogliere. Aveva parlato di pedagogia, e questa era una cosa abbastanza naturale, ma aveva molto da dire sulle moderne teorie pedagogiche tedesche di cui loro non avevano mai sentito parlare e che accolsero con diffidenza. Aveva parlato dei Classici, ma era stato in Grecia e il suo discorso aveva toccato anche l'archeologia: aveva passato un inverno negli scavi e i professori non riuscivano a capire come ciò potesse tornare utile ad un uomo che doveva insegnare ai ragazzi come passare gli esami. Aveva parlato di politica, ed era sembrato loro strano il paragone da lui instaurato tra lord Beaconsfleld e Alcibiade, e aveva parlato di Gladstone e di Home Rule. Avevano capito che era un liberale ed avevano avuto un tuffo al cuore. Aveva parlato di filosofia tedesca e di narrativa francese. Non riuscivano a pensare che un uomo con interessi così diversi potesse essere profondo.

Fu Pisolini che riassunse le impressioni generali e le sintetizzò in una forma che tutti sentirono definitivamente negativa. Pisolini era il maestro della terza superiore, un uomo debole, con le palpebre cadenti. Era troppo alto per la sua forza e i suoi movimenti erano lenti e languidi. Dava un'impressione di stanchezza e il nomignolo era totalmente appropriato.

«É un entusiasta.»

L'entusiasmo era negativo. L'entusiasmo non era qualcosa di adatto a un gentiluomo. Pensarono all'Esercito della Salvezza con le sue trombe e i suoi tamburi. Entusiasmo significava cambiamento. Venne loro la pelle d'oca quando pensarono a tutte le piacevoli vecchie abitudini in pericolo imminente. Osavano appena pensare al futuro.

«Sembra più che mai uno zingaro», disse uno dopo una pausa.

«Mi domando se il Decano e il Capitolo sapessero, quando lo hanno eletto, che era un radicale», osservò un altro con acidità. lare.

La conversazione languì. Tutti loro erano troppo turbati per par Quando Catrame e Sospiri si recarono insieme al Capitolo, il giorno della premiazione, una settimana più tardi, Catrame, che aveva la lingua malefica, osservò al suo collega: «Bene, abbiamo visto un bel pò di premiazioni. Mi chiedo se ne vedremo un'altra».

Sospiri era più melanconico che mai.

«Se capita qualcosa di possibile, nel senso di una parrocchia, non mi dispiacerà di ritirarmi.».

W. S. Maugham, Schiavo d'amore, Milano, Newton Compton, 1995, pagg. 63-68.

 


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