Interessi e culture contro l'”università professionale”
Da questi brevi cenni storici si comprende che l'errore fondamentale dell'istituzione di corsi di formazione superiore, gli IFTS, fu quello di pensare che potessero crescere e affermarsi in un processo armonioso e continuo, senza fare i conti con le condizioni organizzative e culturali del percorso tecnico e professionale secondario.
Infatti, non potevano innestarsi sulla scuola secondaria “licealizzata” senza essere distorti e utilizzati ad altri fini e da altri soggetti rispetto ai destinatari “naturali”, cioè quei giovani dell'istruzione tecnica e professionale che intendevano qualificarsi rispetto alle esigenze delle imprese. L'equivoco era ulteriormente aggravato dal fatto che dipendevano in tutto e per tutto dall'Università, sia per la “concessione dei crediti”, che per altri aspetti organizzativi, come la progettazione del curricolo, la disponibilità di insegnanti qualificati, il “dialogo” con il mercato del lavoro, e, per finire, le metodologie ancora prevalentemente cattedratiche.
Dopo alcuni anni gli IFTS raccoglievano poco più di 40.000 allievi, più o meno gli studenti della Scuola tecnica superiore di Monaco di Baviera. Cioè nulla.
D'altra parte mentre si organizzavano gli IFTS, l'Università, con le cosiddette “lauree triennali” , si prendeva tutto quello che c'era da prendere in termine di professioni intermedie (infermieri, geometri, tecnici di vario tipo, ecc.), distorcendo le sue finalità di ricerca, la sua tradizione, ma, soprattutto, le sue competenze.
Per non ripetere gli stessi errori bisogna conoscere con una certa precisione gli ostacoli all'istituzione di un canale prestigioso di alta formazione tecnica e professionale . Tali ostacoli culturali ed organizzativi, sono tutti dentro gli ordinamenti della scuola secondaria attuale e vanno gradualmente rimossi.