G.

Rabbà Moriah usava dire: nel mondo a venire non mi sarà chiesto "perchè non sei stato Mosè, perchè non sei stato Abramo", ma mi verrà chiesto: "Moriah, o Moriah, perchè non sei stato Moriah?"
Midrash, un breve racconto di interpretazione esistenziale ebraica.

Se hai talento l’hai preso da te, puoi ereditare una vecchia cravatta, ma non un dono. Nessuno sapeva come questo potere o questa capacità nascessero o funzionassero. Come l’amore non potevano essere forzate, imbottigliate, trasferite o analizzate.
H. Kureishi, Il dono di Gabriel

Tâ piaciuto tâ piaciuto tienatillo caro caro
Si â mellone à asciuto bianco, moâ cuâ cchà tâ vuoâ piglià ?
Cantilena – monologo napoletano


Nun ce piace

L’anno scorso G. (allora quindicenne) è subito divenuto una delle nostre prime icone Chance . Possediamo una registrazione video: il padre alla nostra domanda, nel corso del primo colloquio, sul perchè G. non andasse più a scuola, ci aveva risposto: nun ce piace!.

Una risposta esauriente nella sua semplicità .

Il padre era venuto con gli abiti di lavoro (muratore), in fretta. Non sembrava affatto interessato alla scuola di suo figlio..

G. ci apparve ipercinetico, elettrico - si direbbe ma dotato di una pronta intelligenza. Il classico studente sveglio e incontenibile nella scuola tradizionale, lo studente che Chance può prendersi in carico perchè pensiamo di potere avere successo con la nostra pedagogia.

E’ stato subito chiaro che G. aveva gravi problemi economici. La sua famiglia è povera.
(Salvatore)

Vive in un basso che da su un soleggiato cortile, piccolo ma pieno di piante e fiori. C’è una sola stanza, non sporca ma molto disordinata. Là c’è tutto: letto dei genitori, letto della sorella ventitreenne, tavolo, sedie, angolo-cottura. G. dorme, con il fratello diciannovenne e un cane, in uno spazio di 8 metri quadri che fa da ingresso. Ogni volta che sono andato a casa, la sorella gli gridava dietro, la madre era arrabbiata e voleva mostrarlo.. un forte senso di disagio quando uno entra.
(Carlo)

Solo più tardi avremmo scoperto che G. aveva non solo problemi economici, ma che viveva ai margini dell’illegalità degli scippi e soprattutto della droga, cocaina: suo padre è un cocainomane e spende non solo i suoi soldi ma anche quelli della famiglia.
(Salvatore)

Il primo giorno di scuola, come ormai è tradizione, diamo la mano oppure baciamo sulla guancia ogni nuovo arrivato come segno di benvenuto. E’ diventato un rituale, un modo per dare inizio alla costruzione di una nuova relazione a scuola. Salvatore fa il baciamano alle ragazze, all’antica. Più in l° , nel corso dell’anno, manteniamo il rituale come segno giornaliero di benvenuto ma spesso li abbracciamo o diamo loro un bacio come modo per contenere un gesto violento o uno slancio aggressivo, Talvolta usiamo l’abbraccio o il bacio come un messaggio per allentare situazioni di tensione. La prima mattina a scuola, l’anno scorso, G. lasciò che tutti gli insegnanti lo baciassero sulla guancia, ma quando è arrivato da me bruscamente ha allontanato il viso per non essere baciato. Non ho capito il perchè ma non ho chiesto spiegazioni e ho assecondato il suo gesto.

Nel corso dell’intero anno, per mesi, mi chiedeva di dargli un bacio e poi si scostava. Se rispondevo alla sua richiesta dichiarando che non glielo avrei dato, la richiesta diventava più pressante in modo molto teatrale e, allo stesso modo, esibiva davanti a me il bacio dato o ricevuto da altri insegnanti. Poi un giorno non ha più allontanato il viso. E accetta ora di dare e ricevere i baci rituali e ancor più contento se gli rimane l’impronta di rossetto sulla guancia.
(Antonella)

La scuola. Talento e resilienza.

Era difficile che G. restasse quieto nella classe anche per tempi brevi.

Abbracciato ai suoi lavori, era interessato a disegnare e dipingere. Il suo apprendimento nasceva quasi sempre dall’imitazione e da una sorta di immersione (un apprendimento velocissimo, senza apparente riflessione). Egli non poteva imparare senza le mani. Non poteva imparare senza una frenetica attenzione per la sua idea di perfezione . In classe veniva abbastanza spesso, ma tendeva a andarsene a ogni difficoltà ; erano evidenti i suoi problemi di integrazione coi pari e che sembravano indicare un problema di identità sessuale. La versione femminile del suo nome era l’ apostrofe più gentile dei compagni. Lui si era legato alla più silente delle ragazze, che appariva dolce e gentile, bisognosa forse di protezione.

La sua incontenibilità si esprimeva in improvvisi urla, insulti e gesti bruschi, improvvise repulsioni. Era chiaro che erano messaggi di altro tipo: abbracciatemi per piacere Ma non era questa la cosa che più colpiva la nostra attenzione. Era quando ostinato fino all’autismo si rinchiudeva nel suo mondo ogni qualvolta decideva di disegnare, disegnare forsennato, forme stereotipate di donne e guerrieri (e quando si risvegliava ci donava caricature).

Talento e fissazione erano presenti insieme. Se qualcuno cercava di strapparlo a quell’isolamento, per riportarlo al setting scolastico, spesso reagiva allontanandosi sempre di più. La stessa cosa era per qualsiasi scrittura. Il compito, di italiano o di matematica, era svolto solo se passava attraverso la fissazione della precisione e della bellezza. Numeri e lettere, calcolo e scrittura, appartenevano, per G., prima di tutto al mondo della grafica, poi, forse, ai contenuti. La pagina stessa era una tavolozza: spesso il compito finiva con le due, tre o quattro pagine meticolosamente riempite nei loro spazi; spingerlo a raggiungere qualcosa era spesso impossibile perchè avrebbe imbruttito la sua opera. La sua fissazione è stata sempre accolta non sempre però è stata compresa. (come reagiamo noi docenti al talento di un alunno? E’ ostacolo o risorsa?)
(Salvatore)

Nessuno se ne è accorto

Un giorno stavamo lavorando sulla scrittura dei pensieri che venivano alla mente leggendo insieme il quotidiano. Stavo lavorando con un piccolo gruppo: tre ragazze e G. Stavamo leggendo di Erika. Volevo che il gruppo riuscisse a formulare domade. L’obiettivo era: far emergere/formulare domande, provare possibili risposte, poi scrivere. G. formulò la domanda: "Cosa l’ha spinta a fare una cosa così?" E subito iniziò a rispondere alla sua domanda:

"Nessuno se ne è accorto. Forse aveva molti problemi, molte paure, nessuno con cui parlare. Io ho problemi e paure che non dico a nessuno." Più tardi parlò a lungo, appuntò le sue domande sulla scheda preparata e poi scrisse delle sue paure.
(Rosaria)

Sono andato a letto alle 10 ieri sera. Non riuscivo a dormire. E’ per via dell’angoscia. Ho avuto una crisi d’ansia. E’ brutta. Sento cose terribili, tremo, penso cose terribili, non posso stare sdraiato perchè penso che il tetto mi possa cadere addosso, allora mi alzo, cammino, guardo la tv per tutta la notte..Lo so che non è vero ma è molto difficile toglierlo dalla testa. E’ più forte di me. Non mi posso mai fidare. Perchè succede? Però reagisco: guardo la tv, leggo. e disegno.
(dal compito di G., riferito da Paolo)

Il computer e il laboratorio di pittura.

C’era bisogno di altri contesti d’apprendimento perchè queste capacità di G. si rivelassero, prima di tutto a lui, come risorse per apprendere ancora. Allo studio di computer dove lo abbiamo portato, G. restava anche tre ore seduto, rispettoso delle macchine. In ascolto con gli occhi, per così dire, del nuovo maestro. Il computer, con la mediazione prossimale di un docente, si rivelava una sorta di protesi perfetta delle sue abilità . Chi sono stati i suoi maestri: noi a scuola o piuttosto quelli dei laboratori? O, per meglio dire: in che modo siamo stati anche noi maestri?

In questo caso siamo pronti a riconoscere questa dimensione inedita del nostro ruolo?
(Salvatore)

Nel laboratorio di pittura, l’anno scorso, G. non riusciva a stare fermo, lo distraeva la presenza degli altri che rappresentavano un troppo per lui, un talento solitario .E’¨ faticoso perchè G. richiede sempre attenzione speciale.. Camminava continuamente avanti e indietro e interrompeva il lavoro degli altri. Non è mai stato seduto. Nel corso di un intero anno in solo tre occasioni ha prodotto, molto rapidamente. Sono lavori eccellenti: una tempera su tela, una natura morta che rappresenta un calamaro che avevo portato nel laboratorio, un’altra volta ha disegnato due zucche e un vaso di fiori in un’altra occasione. Basta..Continuavo a dirgli che era molto dotato e per tutto l’anno ha preso in giro le mie parole, imitando il mio accento francese: "Bravo, sei bravo, hai un talanto. Lo devi sapere. Devi lavorare.

Bravo"

Quest’anno viene da solo al laboratorio, in ore speciali. Ci sono volute quattro volte perchè si calmasse. Ma adesso sta disegnando, con grande attenzione, due cartelloni che rappresentano le lettere dell’alfabeto in forme di animali e fiori. Dedica ancora tempo ai suoi disegni stereotipati: la settimana scorsa mi ha regalato Biancaneve e i sette nani, mi ha detto che non li aveva colorati perché voleva che li colorasse mio figlio che aveva conosciuto.. Viene a Chance continuamente: ha come un bisogno di stare con noi.
(Caroline)

Viene, si appoggia su una spalla qualsiasi. Alle volte parla di sè, dei suoi problemi, alle volte no. Lo ascolto mentre lui gira. Un bacio sulla guancia. Si appoggia un attimo, si rialza. Va, infastidisce. Poi si ferma. L’altro giorno, immobile e assorto, ha disegnato un angelo.
(Carlo)

Mi sto da tempo chiedendo se e come dovremmo considerare il nostro intervento didattico con G. Mi sto sinceramente domandando se, per caso, non ci sia una sorta di accanimento pedagogico, se è fatto così. Vorrei scriverne, discutere.
(Paolo)

G. all’Istituto d’Arte.

G. ha mostrato le sue opere, compreso un mirabile CD-rom da lui realizzato all’esame di terza media ed è stato lodato dalla commissione d’esame. Dopo un nostro lavoro di orientamento, E’ stato iscritto all’Istituto statale d’arte Palizzi. E’ uno studente normale. Ma bisogna prenderlo quasi tutte le mattine, frequenta secondo la (bassa) media nazionale degli studenti delle superiori. Giovanna e Raffaella si preoccupano che si svegli e vada a scuola e hanno stabilito con lui una fortissima relazione. In alcune materie eccelle. La sua insegnante di laboratorio di pittura sostiene che non è solo istintivamente bravo, ma ascolta e esegue. Insomma G. è a posto con parti del curricolo ma alla lezione frontale ovviamente non resiste e la sua alfabetizzazione strumentale è ovviamente insoddisfacente.

Per un po’ va bene cogli altri ragazzi; poi affiorano difficoltà : un’altra volta storie inverificabili di furti subiti e fatti.

Tende a diventare il capro espiatorio, la mela marcia.
(Salvatore)

Abbiamo organizzato un rinforzo o manutenzione alfabetica per G. come per gli altri ragazzi chance del secondo e terzo anno per dare supporto alla loro frequenza a scuola o presso corsi di formazione.

G. è solo, è molto nervoso. Entra. Chiede del cibo perchè dice di avere fame, trovo delle porzioni rimaste dalla mensa e apparecchio una tavola per lui nella stanza piccola e non nella sala computer come chiedeva . Inizia a mangiare. Mi dispiace perchè mangia da solo, mi siedo accanto a lui e inizio a mangiare anche io. Mi chiede di non guardarlo mentre mangia, così gli do le spalle e mi affaccio alla finestra. Entra nella sala computer.. fa fatica a mettersi al lavoro: ha il compito di ordinare pensieri e grafica intorno a un’idea di adozione di un monumento (per la manifestazione cittadina maggio dei monumenti). Ma questa volta l’idea-Chance è quella di distruggere un monumento nel senso di prendere un pezzo del quartiere che non piace e proporre che venga distrutto e sostituito con qualcosa d’altro. Mentre sta al computer G. inizia a disegnare in modo apparentemente distruttivo, su di un foglio di carta con un pennarello blu: è la caricatura di Salvatore P. in versione culturista, è il suo favorito Dragon Ball.. Finalmente ritorna al computer perchè gli mostro una presentazione sulla gita scolastica a Roma che completò e curò bene l’anno scorso. Inizia a scegliere cosa scrivere e cosa mostrare.. Concentra la sua attenzione sui concetti opposti di bello e brutto e subito, come è suo solito, riporta tutto a se stesso: "è bello saper andare a scuola ogni giorno, brutto è non essere capaci di svegliarsi la mattina e di farsi rubare il cellulare" dice. Ritorna al lavoro. E sceglie una font in un corsivo che sembra scritto a mano per indicare le cose che nota come belle. Si ferma di nuovo e dice: "Lo so che sarò bocciato quest’anno, ma voglio continuare lo stesso"
(Liberamente tagliato e ricucito dall’osservazione di Francesca del 26 febbraio 2002)

Domenica 23 dicembre 2001, ore 18.30

Domani è la vigilia. Mi chiama G. Mi chiede scusa e mi ringrazia, mi dice che vuole parlare con me perchè sono il suo professore. Non vuole parlare in piedi, per strada, lo porto a mangiare qualche cioccolatino e possiamo sederci. Il padre ha picchiato la madre, il padre aveva promesso i soldi per fare Natale e invece non li ha portati, la madre aveva avuto regalato un telefonino e lui, il padre, il giorno dopo se lo è venduto, G. aveva avuto un paio d’occhiali e lui idem, il padre gli aveva promesso i panni per Natale e invece no. Un fratello ruba, una sorella responsabile da sola non ce la fa. Tutto per la droga.

  • Â Prufesso non so se ve lo voglio dire, ma non lo dovete dire a nessuno: ogni tanto penso che voglio che mio padre muoia.

G. racconta, racconta e io non capisco più qual è il confine tra verità e finzione, se descrive mondi che so essere possibili o se li inventa o ne inventa delle parti; non capisco neanche se G. stesso riconosce più la differenza, anche se forse il primo a credere a quello che dice è proprio lui. Ho difficoltà a capire il confine fra bisogno, dono e ricatto. Mi dice che proprio quel giorno lui stava per rubare il primo (??) telefonino, perchè un amico col motorino (vero e proprio mezzo di produzione, vera accumulazione originaria si può chiamare) glielo aveva proposto.
(Liberamente tagliato e ricucito dall’osservazione di Salvatore del 23 dicembre 2001)

Un mese fa.

G. parla parla racconta racconta... Ora viene a raccontarmi un’altra storia: sta spacciando cocaina, deve restituire 400.000 lire, E’ stato picchiato dal suo pusher. Vorrebbe i soldi da noi.

Rifiutiamo di ascoltare le sue storie di illegalità , i soldi che può avere sono solo quelli della paghetta.
(Salvatore)

Pochi giorni fa.

G. tratta Chance come un supermercato: viene, chiede, dalla penna al quaderno ai soldi. Tende a fare quello che vuole. Minaccia che non andrà più a scuola. Vorrebbe andare in piscina senza venire a fare il laboratorio di pittura che abbiamo appena messo in piedi.

Gli rispondiamo a muso duro: niente piscina senza laboratorio, devi stare al patto, se non ti conviene la porta è là , te ne puoi anche andare. Se ne va urlando.

Due giorni dopo ritorna, fa prima il laboratorio e poi va in piscina. E’ tornato a scuola e viene anche a fare dei rinforzi pomeridiani.

  • ma mi DOVETE comprare l’accappatoio.
  • G., ma vedi dove devi andare.
    (Salvatore)

Qualche conclusione provvisoria.

G. non è il solo. Tutte le biografie dei ragazzi Chance si presentano con questa altalena: vanno e vengono. E non c’è¨ un ragazzo tale e quale all’altro.

Superato il contenitore che rappresentiamo, tornano e sono in balia dei loro territori e alle volte sembra che la nostra scuola Chance possa crollare sotto il peso delle cosiddette e banali ragioni sociologiche. Ma i molti G. tornano anche dopo un anno alla loro tana Chance a fare le richieste più ampie, comprese quelle di voler studiare, e quando lo fanno c’è una maggiore consapevolezza, come se studio e bisogno si toccassero. Soprattutto la tana Chance è per ognuno di loro una sorta di zona temporaneamente liberata, un luogo di rifugio e progetto di vita.

Ma come armonizzare i tempi, l’organizzazione, le inevitabili rigidità di una struttura con i ritmi, i tempi, i flussi emotivi di queste biografie?

Come fare a essere una struttura per tutti e di ciascuno?

La nostra storia quadriennale è ormai piena di sorprendenti successi e anche di delusioni, con qualche sorprendente delusione.Abbiamo voglia di fissare parametri e farne le somme.