Ringraziamo
Gabriele Boselli, il
noto autore della "Postprogrammazione", per averci inviato in
anteprima il saggio "Verso
un'autonomia còlta", che comparirà in AAVV
"Il libretto rosso dell'autonomia" in corso di stampa
presso Juvenilia. Proponiamo qui ai colleghi ampi stralci del saggio per
i numerosi spunti di riflessione che offre, anche a chi di noi non ne
condivida integralmente l'impostazione,
per i "rinforzi" che ci fornisce per resistere al
didattichese e al managerialismo, e per le sollecitazioni all'impegno di
tutti noi per la costruzione di "un'autonomia
còlta". |
Verso
un'autonomia còlta
di
Gabriele Boselli
..... la cultura, nella scuola della cosiddetta autonomia, mi sembra trascinarsi esule e povera.
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cercheremo
di disegnare per contrasto le possibili vie d'uscita da un mondo e da
un'autonomia senza cultura, gli scenari ...... in cui dar spazio ai soggetti tuttora pensanti. Cercare di aiutare le scuole a
tornare a far cultura, a costruire pensiero a esser luoghi dello spirito.
Questo richiede un difficile lavoro critico sull'ideologia vincente e per cominciare sulla lingua, ambito come sempre di pesanti operazioni di manipolazione dei significati.
1.
Parole manipolate
Autonomia,
la capacità di darsi norme, dunque un connotato essenziale del pensiero
umano, è infatti una di quelle parole buone che a dispetto della nobiltà
delle loro radici etimologiche e del loro potenziale progettivo- possono
venire disinvoltamente piegate dal Sistema Informativo Globale fino a
coprire di tutto, anche intenzioni e pratiche del tutto estranee.
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multiculturalità, parola illustrata dalle pur magistrali fotografie di casa Benetton e usata per coprire la distruzione di tutte le lingue e le culture diverse da quella anglo-americana. Belle facce di vario colore sui muri per omogeneizzare i cervelli.
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differenziazione che non è il riconoscimento della Differenza ma l'attiva determinazione di differenze di status o di ruolo introdotte per alienare il soggetto della sua identità autentica per farlo entrare in modi di pensiero, di comportamento e perfino di emozionalità utili al padrone delle moderne ferriere
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innovazione
o modernizzazione bandiere oggi predilette da coloro che un tempo si
dichiaravano onestamente conservatori
(dei propri capitali, di cultura solitamente non ne hanno mai avuta) e che
oggi sentono che il vento della storia consente loro di uscire dai loro
castelli e di compiere ogni prepotenza; essi si battono senza pudore contro
chi vorrebbe conservare il diritto a un'esistenza dignitosa. Il
nuovo non fa loro paura, è un dominio assicurato.
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L'uso
disinvolto del dizionario da parte delle élites vincenti e dei loro scudieri si
va gradualmente estendendo anche nella scuola e va in particolare toccando anche
il termine nobilissimo di autonomia. Operazione facilitata dal clima frenetico
ma culturalmente depresso in cui la riorganizzazione del sistema scolastico si
è svolta sinora. C'è stato, è vero e forse sta riprendendo- un inizio di
discussione sui saperi che sembrava poter assumere una rilevanza culturale ma è
finita quasi subito e tutti si sono buttati sulla cosiddetta autonomia. Di fatto
si è dato l'avvio alla costruzione della Grande Riforma cominciando dal tetto;
le fondazioni culturali sono state solo sommariamente abbozzate. Forse contro la
stessa volontà della direzione politica del Ministero, l'Organizzazione (che
doveva essere un mero strumento al servizio della cultura) è diventata il fine
e le strutture disciplinari impiegate nella Grande Riforma sono state
prevalentemente quelle dei saperi aziendali, con una spruzzatina di diritto
amministrativo. Niente filosofia, niente pedagogia, niente scienze dello spirito
a riformare le strutture della scuola: niente quasi- delle discipline che più
approfonditamente configurano da millenni il significato della parola
"autonomia". Non ascoltate nel ridisegno scolastico le società
scientifiche, emarginati alcuni tra i più autorevoli interpreti dei saperi
classici dell'educazione.
Ma
l'assenza di buona parte dell'alta cultura che potrà generare? Che scuola sta
sorgendo in tutt'Italia, nella terra di Dante, di Galileo, di Leonardo, di
Gentile, di Fermi?
2.
La più difficile autonomia
E' possibile ma in molti ormai si muovono affinché non accada- che la nostra terra stia subendo sul piano scolastico una sorte analoga a quella che le è occorsa sul piano ecologico e che potrebbe portarla ad avere aria satura di veleni economicistici, insegnanti-operai curvi sulle macchine della programmazione (o pof-machines)
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A
formare i dirigenti della scuola dell'autonomia sono chiamati esponenti dei
saperi deterministici: ad esempio, i criteri scelti per la gara per
l'addestramento dei dirigenti scolastici hanno portato nelle prime due posizioni
IBM e FIAT; gli esperti sono tecnici del diritto amministrativo, manager di
basso livello, ingegneri in difetto di commesse, ragazzini freschi di studi
economici o di psicologia aziendale, al massimo (nel senso di: al meglio)
presidi in pensione.
Anche la mania organizzativistica e il virtuosismo giuridico hanno loro inespresse fondazioni culturali: quelle su cui si sta portando avanti la questione dell'autonomia sono emblematiche di un'idea ristretta e non generativa del fine della scuola (che é per me nella crescita della cultura e dei soggetti che la attraversano).
E' il pensiero delle élites del potere, in gran parte esterne ai legittimi e trasparenti poteri dello Stato; élites che, non avendo molto da dire sul piano alto-culturale, si dedicano a forme tecnicamente sofisticate di comando attraverso strutture autonome su cui i poteri di indirizzo e di controllo sono reali e vengono esercitati, disarticolate le strutture preesistenti, attraverso efficienti ma culturalmente opache burocrazie di tipo nuovo.
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L'autonomia
-anche in ambito puramente scolastico- é un concetto ben più grande di quella
fetta che si può intravedere secondo l'approccio organizzativistico e/o
amministrativistico. L'autonomia che interesserebbe
venisse tutelata ................:
é l'autonomia intellettuale, morale ed estetica -illuminata da millenni di
pensiero filosofico, teologico e pedagogico- di coloro che abitano gli ambienti
scolastici; é nella possibilità loro garantita di un dibattito, preziosamente
pluralistico e magari divergente, che si svolga alle frontiere della ricerca.
Costruire spazi di autonomia intellettuale entro un'istituzione formalmente più
autonoma ma in realtà soggetta a più forti apparati di controllo (SNQI e
Servizio di controllo interno MPI) e a più vicini centri di potere (comuni,
regioni etc.) é infatti possibile solo in un contesto di relazione che supporti
il dialogo con l'alta cultura e con il Nuovo che vi emerge.
Facendo agire secondo l'invito di Giovanni Gentile- un pensiero
pensante, aperto alle proprie come alle altrui idee e storie. Un pensiero che
sappia pensare il Nuovo mondo, non solo il post-Moderno ma anche il
post-Neolitico (D. Heinrich) e rendersi conto delle mutazioni della conoscenza
individuale e collettiva. Pensare criticamente, ma con sentimenti di speranza
nella possibilità di costruire.
3.
Scenari di cultura
Il
cambiamento degli sfondi culturali (dall'uni-verso al pluri-verso), scientifici
(paradigmi della complessità), filosofici (affermarsi della fenomenologia e
dell'ermeneutica), economici (Mercato unico mondiale), ecologici (mutazioni del
paesaggio e climatiche) imporrebbe alla scuola e all'università di indicare le
direzioni di senso, di riconfigurarle in un momento in cui anche soltanto
l'accumulo quantitativo e la pressione qualitativa delle conoscenze hanno ormai
creato una massa critica e posto forse le condizioni per sviluppi imprevedibili.
Lo afferma l'allegato tecnico di una delle circolari ministeriali culturalmente
più apprezzabili, la 126 del Luglio '99, riguardante l'orientamento.
I
nuovi saperi che una scuola augurabilmente capace di mantenere l'autonomia
intellettuale potrà concorrere a stabilire e consegnare a generazioni di
allievi son quelli che scaturiranno dallo scontro e dall'incontro fra le più
alte tradizioni culturali e le relative lingue e la forza totalizzante
dell'economia (in anglo-informatico) combinata alla potenza dei saperi tecnici .
Dobbiamo a tal fine resistere (la resistenza scientificamente fondata e politicamente consapevole è ancor oggi un comportamento virtuoso e necessario alla società), conservare l'autonomia di maggior valore, quella intellettuale, e costruire.
Resistere alla seduzione del luccichio della tecnica, alla corrosione assiologica operata dall'ideologia del denaro, alla tentazione di dar luogo a una scuola che per essere "concorrenziale" si omologhi ai valori di moda e all'ideologia dell'impresa economica. Possiamo costruire ricomponendo una visione del mondo non solo aperta al nuovo ma, saldamente fondata sui saperi classici, signora di quelle nuove morfologie del sapere che possono servire a intendere le evoluzioni profonde del mondo di fine millennio, le reti pluristrato, i nodi, i rapidi cambiamenti di direzione che si disegnano sugli scenari politici di un'Europa terra di migrazione.
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La
scuola, come scuola delle fondazioni (non dei fondamenti) può cercare di
rendersi conto delle mutazioni categoriali del pensiero, di capire i saperi del
nuovo mondo e di istruire nei linguaggi utili alla sopravvivenza in un mondo più
duro; deve però, secondo il mandato plurimillenario della cultura e della
pedagogia d'Occidente, cercar di educare orientando alla vita nonché
al mondo come luogo dell'accadere umano, porta socchiusa sul mistero .................................
4.
Il McDonald-pensiero
La
maggior parte delle persone sa del mondo e di sé soprattutto per ciò che le viene detto; fuori della scuola
seria, i giovani sono più che altro indotti a consumare hamburger di pensieri
precotti, appena passati dal surgelatore delle scuole efficientiste al forno a
microonde degli apparati d'inculturazione di massa (network TV, stampa
confindustriale). Il sapere non è ritenuto abitare più in interiore homine
ma all'interno delle reti di comunicazione.....................................................
Ma
non c'è coscienza autentica senza un soggetto liberamente attivo; non c'è
spazio per il pensiero autentico (personale, critico, creativo), né relazione
trascendentale, quando uno dei soggetti è schiacciato sotto il peso della
cultura fabbricata per le masse, quando l'atmosfera intellettuale è ammorbata
dalle mefitiche esalazioni di un punto di spaccio McDonald, la non-cucina del
Mercato unico mondiale.
Dobbiamo leggere Alighieri, Godel, Gentile, Plank e Heidegger (nonché il Gambero rosso), mangiare tagliatelle e bere non Coca-cola ma (moderatamente) vino buono; così nonostante i Signori del mondo- forse riusciremo a pensare. E a guardare a Oriente, nella tradizione dell'Occidente.
4.1
Il pensiero che serve e la difficoltà del servizio al pensiero
Siamo
tutti -chi più chi meno- dispersi dietro agli obiettivi, micro-fini privi di
prospettive e di ulteriorità, insensati come gli atomi di Lucrezio; si corre
dietro ad essi senza sosta, come bambini dietro ai volantini sulla spiaggia.
Siamo ormai tutti in qualche misura de-realizzati dalla Grande Macchina virtuale
delle informazioni, controllata da un potere anonimamente oligarchico che tende
solo a ingrandirsi e intensificarsi con gli strumenti della tecnica senza sapere
neanche lui a qual fine; la macchina apprezza e alimenta competenze servili,
pensieri utili in quanto rigorosamente definalizzati e pronti a conseguire gli
obiettivi voluti dai committenti. Il potere reale che non coincide quasi mai
con quello ufficiale- e' infatti efficiente e furbo, ma non a tutto campo
intelligente, non sa capire (privilegia pertanto i saperi immediatamente
funzionali e produttivi di risultati) né consapevolmente orientare il senso
degli eventi.
Gli
enti quelli che non hanno intelligenza del senso e orientamento a una gamma di
fini ma solo degli obiettivi- finiscono però per essere attratti da simulacri
di senso assai diffusi nel nostro tempo: efficacia, efficienza, produttività,
razionalizzazione, appena corretti da figure impiegate retoricamente come
democrazia, solidarietà, autonomia etc.. Sono naturalmente approcci che non
richiedono una autonoma "gravità" del punto prospettico, né una
visione dell'orizzonte, né una intelligenza del fine; si appoggiano a
ricettari, a elenchi di risposte prefissate. Non occorre interrogare gli eventi,
non occorre pensare dicono Lorsignori- per avere successo; anzi. Servono non
conoscenze ma solo competenze strumentali, acefale. Il non-pensiero -non
operasse comunque la forza del caso- sarebbe una garanzia di primato.
5.
Centralità della domanda
Socrate
ci ha invece insegnato l'amore della conoscenza e la priorità della domanda
sulla costituzione del sapere, dell'apertura sulla scena, della finestra sulla
luce; Heidegger a interrogare le domande, aprire e mobilizzare le fessure,
rifrangere le luci ad ampio spettro traendone infinite e mutevoli sfumature. Il
non-pensiero vincente nel mondo odierno e avanzante nelle scuole è invece la
dittatura delle risposte, degli stati di fatto (l'ufficialità del fenomeno),
delle formulazioni e delle interlocuzioni prevedibili che comprende solo quelle
attese e condanna quelle imprevedibili, che non consolidano ma trasformano. I
sistemi precostituiti di conoscenze sono (Gentile) sedimentazioni di pensieri
programmati e dunque estinti, archivi di esistenze, cimiteri della conoscenza.
Il
pensiero, invece, (ancora Gentile, ma anche Heidegger) non è pensato ma
pensante, non è un sistema di conoscenze ma il porsi stesso delle questioni da
parte di un soggetto che agisce in un contesto, un domandare che trasforma dalle
fondamenta l'esserci, l'uomo, la comprensione dell'essere ( v. M.Heidegger
L'essenza della verità Adelphi, Milano 1997).
6.
Possibilità e identificabilità del non-pensiero.
Il non pensiero non è il niente .................................. E' il pensiero che riesce a chiudere negli schematismi l'originaria apertura dell'essere al mondo ........................................................................
Il
non-pensiero è la presenza prevalente nella cultura di massa contemporanea e si
appresta a diventarlo anche nella scuola; eppure è assai dissimulato, visibile
solo attraverso un atto intellettuale di interrogazione e denuncia. Solo
attraverso il pensiero si può porre il non-pensiero nella sua evidenza tragica.
Il
non pensiero che potrebbe prevalere nella "scuola dell'autonomia" con
le virgolette e' il pensiero non plurale, dunque unico,
privo di valenza critica onnidirezionale, di articolazioni dialettiche
non strumentali. Il non pensiero non è qualcosa che non è,
ma qualcosa, una voragine attiva, che è anche troppo, è talmente che
non riesce a ex-sistere, a muoversi fuori di sé
......................................................................................................................................
6.2
Inserto speciale: La voce del Padrone
Per
dominare occorre impedire agli altri di pensare autonomamente. Un tempo la
nostra lotta contro il pensiero agiva in negativo, bruciava i libri, mandava al
rogo o in esilio i loro autori. Ora, almeno nell'Occidente
"democratico" questo sarebbe ritenuto polically uncorrect e di
conseguenza ogni buon Nemico del pensare opera, per cosi dire, in positivo,
producendo e consolidando masse enormi di pensiero imbecille.
Volete
pensare, poveracci che non siete altro?
Certo,
ancora molte scuole sono purtroppo luoghi di conservazione e sviluppo del
pensiero ma con l'"autonomia" e magari la privatizzazione le cose
cambieranno: vi manderemo sin da piccoli in scuole efficienti ed efficaci a
senso unico, senza maestri veri ma rette da manager precedentemente decerebrati
da intellettuali d'azienda in appositi corsi di addestramento. Controlleremo la
qualità della pappina omogeneizzata che somministrerete agli alunni, (pardon,
clienti) attraverso test "oggettivi". Già da tempo vi facciamo
leggere i nostri giornali, tanto per una pagina che varrebbe la pena di leggere
ve ne sono dieci completamente sceme; e poi, abituati all'imbecillità, quella
buona non la leggerete mai. E siccome siamo moderni, anzi
"postmoderni" (non sappiano che voglia dire ma il suono ci piace) vi
stiamo chiudendo in Internet, la gabbia planetaria con una parola intelligente e
un miliardo di cretine. Vi inondiamo di pensiero prefabbricato dalla mattina
alla sera.
7.
Prodotti di non-pensiero (in offerta speciale)
Il
pensiero del soggetto appare sempre più indebolito, quello dell'ipersistema
sempre più forte. Se, come sostengono alcuni, il soggetto è morto, è morto
ogni pensiero soggettuale. Ci sarebbero molti motivi per pensare questo, ma
forse non è proprio così. Il soggetto (v Encyclopaideia, CLUEB,
N.1/97) sta solo poco bene e
il pensiero potrebbe rifarsi. Il
pensiero unico dell'economia, le gravità e le inerzie intellettuali del sistema
informativo-formativo globale, lo psicologismo e le impostazioni settoriali
della questione pedagogica (didatticismo etc.), i saperi aziendali come saperi
egemoni del mondo dell'istruzione sono alcuni degli ambiti di formazione del
non-pensiero.
La
macchina mondiale del non pensiero, ........ è
principalmente diretta contro le strutture di pensiero complesso .................
La
filosofia del "lucido": pensare semplicemente, per slogan, esprimersi
per schemi
………………………………………………………………..
I
signori del "pensiero unico" determinano così nelle masse subordinate
alcune manifestazioni di non-pensiero, qui di seguito sorprese in alcune
fenomenologie scolastiche:
banalizzazione
anglificante del linguaggio: nei
corsi per dirigenti scolastici furoreggiano parole come "mission"
"gold projects" o, come minimo, "silver" anche
laddove il materiale più adatto alla metafora sarebbe forse il poliuretano.
a
dirigenti e insegnanti non si tenta di prescrivere più solo disciplinato
adempimento ma anche acritico "entusiasmo", pardon "rapture".
O anche, come in altri tempi, di "credere".
Il
liberismo di sinistra: la sinistra che fa quello che farebbe la destra, se
potesse.
La
perdita di memoria e di connesse capacità progettuali della destra: anche
la destra parla solo di
innovazione e dimentica il valore della tradizione. Non ci sono più
conservatori, nemmeno di quel che meriterebbe di essere conservato....................................
Ritenere
che la soluzione pratica dei problemi dell'istruzione sia da ricercare fuori
dagli operatori della pubblica istruzione e senza curarsi né del loro
disagio né del loro dissenso.
Cercare
di far tacere chi invoca diritti acquisiti (basterà chiamarli
"privilegi"), perché ogni diritto nella società del Mercato vale
solo se ha forze adeguate che ne impongano l'attuazione.
Gli
apparati sistemici di valutazione. Si può indurre efficacemente a non
pensare anche con lo spauracchio o la lusinga della valutazione e di un
connesso armamentario di premi (per i non pensanti o i compatibilmente
pensanti) e castighi per coloro che si ostinano a trarre dal cervello
pensieri critici e/o innovativi non organici alla committenza dell'agenzia
di valutazione……………………………..
Va
peraltro osservato che quel che per me è non-pensiero, per i protagonisti
"moderni" dell'economia e della scuola è pensiero, pensiero.
Conclusione
Salvo
qualche provveditore del Regno delle due Sicilie, non vi era fino a poco
tempo fa chi non considerasse con grande favore l'idea di autonomia
realizzata nel sistema scolastico. Era questa anche un segno di attuazione
integrale della Costituzione, laddove nell'art 33 proclama la libertà della
scienza e dell'insegnamento: autonomia come forma di un serio progetto di
cultura e di educazione pensato e attuato in libertà.
Difficilmente
sarà così. E non è solo per effetto di un potere esecutivo senza altri
confini vincolanti che quelli economici, ma per effetto dell'imperio totale
dei sistemi di consenso di massa: ormai anche chi pensa vede i suoi alunni,
perfino i suoi figli, bere Coca cola; è costretto a mangiare cibi
transgenici, vedersi somministrare test, affibbiare valutazioni: subisce
radiazioni elettromagnetiche da innumerevoli fonti; deve trascurare il
proprio e prendere un altro nome per la Rete; se lavora nella scuola deve
contribuire all'edificazione dei POF e farsi certificare da apparati di
valutazione la qualità del proprio diritto ad esistere, nonché forse,
domani, ottenere dal SNQI una sorta di "permesso di soggiorno"
nelle istituzioni in cui lavora. Quasi tutto il mondo e anche parte della
scuola sono occupati dal non-pensiero del MUM: chi pensa è un
extracomunitario, è come se vivesse in esilio nella terra dei suoi padri.
Credo
che chi pensa meriti di meglio. E
siccome io sono rimasto socialista, penso al sole di un (lontano) avvenire.
E
sarà allora pensiero, a mio sperare, che verrà da una vita riappropriata e
da una cultura alta: pensiero non monolitico ma plurale, non descrittivo ma
interpretativo, non solo universale ma anche regionale, non dominato dalla
necessità ma aperto sul possibile, non deterministico ma indeterministico,
non epistemico ma epistemologico, non sistemico ma costellazionale. Esistono
ancora isole e arcipelaghi di pensiero, cieli azzurri non squarciati dalle
strisce dei jets, musiche di parole senza rumore, immagini non seriali. Non
sarà possibile eliminare per catalogazione e soffocamento tutte le scuole e
le università in cui si pensa; né mortificare, emarginare o radiare
attraverso la valutazione tutte le voci autentiche, tutti i maestri
autentici, quelli capaci di pensieri culturalmente fondati e originali.
Anche l'ipersistema della tarda modernità non è onnipotente.
Il presente scritto, nelle parti in cui costituisce un atto di accusa contro alcune forme di non-pensiero individuabili nella prevalente cultura dell'"autonomia", può non rendere giustizia a quegli elementi di pensiero che pur esistono. Come in ogni campo, le contraddizioni sono numerose e importanti ma non tanto, mi pare, da cancellare i tratti fondazionali di questo saggio.
Adesso
si tratta di salvare il salvabile dall'esercito non-pensante, di offrire al
percorso di "autonomizzazione per la libertà" fondazioni e
intenzionalità di più ampia portata. Guardiamo con speranza ai cieli della
prossima primavera; ci confortano sul futuro i volti di centinaia di migliaia di
insegnanti e direttori e presidi e perfino ispettori. Le vie d'uscita esistono e
portano in alto.
Curriculum
di Gabriele Boselli
Nato
nel 1947 a Savignano sul Rubicone, si é laureato nel 1970 in Pedagogia presso
l'Università di Urbino. E' stato maestro elementare di ruolo dal 1969,
direttore didattico dal 1979; dal 1987 fa l'ispettore tecnico nella scuola
elementare, dal 1989 con grado di dirigente superiore.
Dopo esser stato incaricato di attività seminariali presso la cattedra
di Filosofia dell'educazione nell'anno accademico 1997/98, dal 98/99 é
professore ufficiale della stessa materia nel corso di Laurea in scienze della
formazione presso l'università di Urbino .
Bibliografia
essenziale dell’Autore
G.
Boselli "Postprogrammazione", La Nuova Italia, '91, Œ98 2.a ed.
riveduta e ampliata)
G.
Boselli "Riflessioni gentiliane. Per una teoria dell'atto in
educazione" in "Pedagogia al passato
prossimo", La Nuova Italia, '91
G.
Boselli "A phenomenological perspective on educational planning" in
ANALECTA HUSSERLIANA LIX, 333-342, '98 Kluwer Academic Publischers, Netherlands
G.
Boselli "Dei saperi
dell’antico mondo e del nuovo" in ENCYCLOPAIDEIA, N. 5, '99; CLUEB
editrice in Bologna.
G.
Boselli (a cura di)
"Per la qualità della scuola" Conero editrice, Ancona 1999
Interviste
a Gabriele Boselli sul tema sono state pubblicate da APPLE EDUCATION, Settembre
'98 e da "IL QUADRANGOLO" n.4 Marzo 99
Dirige
la rivista telematica www.cadnet.marche.it/postprogrammando/