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PICCOLI COMUNI, PICCOLE SCUOLE

Un’importante legge bipartisan valorizza i piccoli Comuni e vi conserva le piccole scuole. Un provvedimento significativo che dovrebbe essere considerato e assunto al di là dei piccoli Comuni. Da anni, infatti, sta crescendo a livello internazionale un movimento per riportare le scuole a piccole dimensioni, dopo che ovunque sono state trasformate in istituti sempre più grandi e impersonali.

 

Con una legge bipartisan, varata alla fine di Gennaio 2003, «Misure per il sostegno dei comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti», sono state salvaguardate le piccole scuole nei piccoli Comuni, altrimenti soggette, per effetto della così detta razionalizzazione, ad essere soppresse o tutt’al più accorpate. Così recita l’ Art. 8. Della legge:

Art.8 (Istituti scolastici)

Le regioni possono stipulare convenzioni con gli uffici scolastici regionali del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca per finanziare il mantenimento in attività degli istituti scolastici statali aventi sede nei piccoli comuni che dovrebbero essere chiusi o accorpati ai sensi delle disposizioni vigenti in materia.

Ci interessa riportare questo provvedimento non solo per il valore che ha nei confronti della salvaguardia e della valorizzazione dei piccoli Comuni, ma soprattutto perché sull’esigenza di ricondurre le scuole a piccole dimensioni è da tempo aperto un dibattito internazionale, e diversi Stati, per esempio negli USA, stanno già muovendosi in questa direzione. Molte ricerche hanno infatti dimostrato  che la riduzione della dimensione delle scuole è persino più importante  di quella delle classi.

Il movimento per le “small schools” e per le “schools in the schools” (la riorganizzazione, cioè di grandi istituti in piccole scuole rese autonome fra loro, pur convivendo nello stesso edificio) si fonda su ricerche che hanno dimostrato che “piccolo è bello”, per dirla con uno slogan. Dal 1980, un numero crescente di ricerche ha infatti provato i benefici delle “piccole scuole, che sono così riassumibili:

Ragioni di “eccellenza” e di “equità” sono dunque alla base della spinta per creare scuole più piccole e per ristrutturare quelle grandi in tante piccole scuole autonome fra loro.  

Vi sono  quattro grandi preoccupazioni educative a cui le piccole scuole sanno rispondere meglio,  che sono quelle di:

  1. creare comunità di apprendimento “intime”, dove tutti si conoscono e dove ciascuno può trovare sostegno e incoraggiamento;

  2. ridurre l’isolamento che troppo spesso è all’origine dell’alienazione e della violenza;

  3. ridurre le devastanti differenze nei risultati che colpiscono i bambini più poveri;

  4. creare un ambiente che incoraggi e stimoli gli insegnanti a usare tutta  la loro intelligenza ed esperienza per portare tutti gli studenti al successo formativo.

Crediamo che dopo la “sbornia razionalizzatrice”, sostenuta unicamente da problemi di spesa, la questione del dimensionamento delle scuole debba essere anche da noi attentamente riconsiderata.

Peraltro alcuni studi svolti negli Stati Uniti(1998) hanno dimostrato che non è vero che in ultima analisi le piccole scuole costino di più. E’ stato scritto che se si guarda al costo sulla base degli studenti iscritti, le scuole piccole appaiono più dispendiose, ma quando si esaminano i costi sulla base degli studenti che raggiungono il diploma, queste valutazioni vengono ribaltate. Le differenze annuali appaiono  addirittura dimezzate a favore delle piccole scuole”. La ricerca continua affermando che “Virtualmente qualsiasi maggiore costo scompare se da un lato si assumono i reali costi sociali dei ragazzi che non giungono al diploma e dall’altro si valutano i benefici che derivano dalla capacità delle piccole scuole di educare i ragazzi alla civile convivenza.”