E lo chiamano merito

I Decreti sotto l'albero di Natale

Il dado è dunque tratto. Il "concorsone" da £ 6.000.000 annui ha fatto la sua apparizione  sotto l'albero di Natale il 23 Dicembre, quando ancora serpeggiava scetticismo sulla sua attuazione. Ed era uno scetticismo ben motivato. Tutti i precedenti tentativi di ripristinare  premi al merito erano falliti  da quando, con i Decreti delegati del '74, erano stati aboliti  i "concorsi per merito distinto"  finalizzati all'anticipazione di scatti di carriera.

Gli ultimi tre tentativi in ordine di tempo erano stati  l'articolo 40 del contratto dell'87 (DPR 209/87), l'articolo 28 del contratto dell'88 (DPR 399/88) e infine l'articolo 27 del CCNL del 1995.

Purtroppo non c'è da cantar vittoria sui contenuti del concorso, persino peggiorato rispetto alla prima bozza ministeriale a seguito delle pressioni del CNPI e dei sindacati. L'unica cosa che può essere  riconosciuta a Berlinguer è quella di avere sdoganato una situazione bloccata da più di 20 anni. Pare siano stati attuati anche stratagemmi amministrativi e linguistici per evitare il vaglio della Corte dei Conti.

Non si parla infatti né di concorso né di selezione, ma semplicemente di "procedura finalizzata all'assegnazione  del trattamento economico accessorio", affidata non ad un'Ordinanza Ministeriale, come avviene per tutti i concorsi, ma ad un Decreto Dirigenziale.

Purtroppo le modalità di "sdoganamento" attuate da Berlinguer,  addirittura al limite della costituzionalità, stanno riaggregando in una indistinta opposizione tutte le forze, confondendo chi vuole il riconoscimento del merito e lo sviluppo della carriera docente su serie e rigorose basi con chi invece ha sempre combattuto, in nome di un vetero, deleterio pseudo egualitarismo, qualsiasi articolazione e differenziazione della professione docente.

Per parte nostra crediamo con convinzione nella possibilità di individuare seri percorsi  di valorizzazione e articolazione di questa nostra professione e su questo siamo da tempo impegnati, contemporaneamente stiamo attuando ed attueremo nei confronti di questo concorso tutti i rilievi, anche con azioni legali, per contrastarne tutti gli aspetti di iniquità e illegittimità.

Abbiamo finora analizzato e commentato questo concorso via via che andava prendendo corpo, dall'art. 29 del Contratto Nazionale all'art. 38 del contratto integrativo, dalla prima bozza dei Decreti Ministeriali al parere del CNPI, ora proponiamo  un commento conclusivo analizzando dettagliatamente tutte le parti che lo costituiscono.

Un comitato di pari validerà il curricolo professionale e culturale

Il curricolo, da compilare tassativamente sull'apposita griglia ministeriale (DM 316/99) e  da consegnare insieme alla domanda entro il 25 Febbraio, consta di quattro parti: 1) dati generali e di servizio, 2) titoli di studio e culturali, 3) partecipazione a esperienze formative, 4) esperienze professionali, queste ultime ripartite in 4 sezioni, di cui la quarta riguarda, oltre alle pubblicazioni, la conoscenza e il livello di competenza nelle lingue straniere e nelle tecnologie informatiche. Per ciascuna delle esperienze professionali indicate,  il candidato deve anche motivare l' arricchimento professionale che ne è derivato e la relativa ricaduta didattica.

Una volta compilato,  autocertificato e presentato assieme alla domanda, il curricolo deve essere validato dal comitato di valutazione della scuola di appartenenza per  essere poi discusso con la commissione esaminatrice prima della "verifica in situazione". Il punteggio massimo da attribuire al curricolo è di 25 punti.

La cosa più eclatante di questa procedura  è la validazione da parte del comitato di valutazione. Delle due l'una, o la stesura del curricolo è un'operazione puramente amministrativa, nel qual caso sarebbe stata sufficiente l'autocertificazione, o non lo è. 

In questo secondo caso è assurdo affidare elementi valutativi, quali la validazione del livello di conoscenza della lingua straniera (sufficiente, buono, ottimo) e delle tecnologie informatiche (di base, medio, avanzato) nonché la qualità della ricaduta delle esperienze nell'attività didattica, ad un comitato di pari, nel quale possono essere presenti anche supplenti, e che non ha nessuno strumento per garantire che ciò che è scritto nel curricolo corrisponda al vero.

La seconda cosa che colpisce è che la rilevazione delle "competenze relazionali" affidata dal contratto integrativo al curricolo, esclude qui, totalmente, l'aspetto più importante, quello della relazione con gli alunni. Appariva d'altra parte assurda fin dall'inizio la pretesa di  rilevare questo aspetto, insieme a quello dell"efficacia dell'azione educativa e didattica", attraverso la semplice esposizione del curricolo.

Un ultimo rilievo:  non sono stati definiti i punteggi da attribuire ai diversi elementi del curricolo, mentre ipotetici "criteri di omogeneità" sono stati rinviati ai corsi di formazione per i componenti le commissioni esaminatrici.

100 croci per la prova strutturata nazionale

La prova strutturata nazionale per l'accertamento delle competenze metodologiche, pedagogiche, didattiche e disciplinari, a cui è attribuito un massimo di 25 punti, si svolgerà per tutti il 4 Aprile 2000 e consisterà in 100 quesiti a risposte multiple, di cui 30 comuni a tutti gli ordini e gradi di scuole e 70 specifici per la scuola materna, per la scuola elementare, per la scuola secondaria di primo e di secondo grado ciascuna distinta nelle due aree linguistico-storico-filosofico-artistico-espressiva  e  scientifico-tecnica, a loro volta suddivise in sottosettori (4 per la scuola media, 7 per la scuola superiore, come si evince dal decreto sulle commissioni).

Il tentativo di introdurre più obiettività nella valutazione delle prove  non va  respinto, ma ridurre tutto l'esame a 100 croci,  è davvero inaccettabile per una valutazione seria di "professionisti esperti".

Non solo, se  ci si attiene alla lettera del decreto e cioè ai settori indicati, le 70 domande specifiche per la scuola secondaria,  comporteranno ammucchiate di classi di concorso fino a 56. E' il caso del settore delle discipline tecnologiche nella scuola superiore, dove convivono insegnamenti teorici e tecnico pratici di aeronautica, arte mineraria, costruzioni navali, meccanica, odontotecnica, elettronica, tecnologia dell'abbigliamento, meteorologia, tecnica fotografica, topografia ecc…. 

Infine non si può non evidenziare come i 10 argomenti indicati dal decreto per la scuola secondaria all'interno dei 70 quesiti specifici, siano tipici della buropedagogia di stato, ma   lontani dalla pratica didattica e, per fortuna, anche dal linguaggio degli insegnanti, ma non solo, sono spesso riferiti a tematiche non ancora definite a livello nazionale. Citiamo solo il primo: "le modalità di raggiungimento degli obiettivi formulati in termini di conoscenze, competenze, e capacità da fare acquisire agli alunni, obiettivi pluridisciplinari, disciplinari specifici e trasversali riferiti ad operazioni cognitive o pratico-strumentali non direttamente connesse a processi disciplinari". Con queste premesse le risposte tra cui scegliere saranno, si suppone, altrettanto "cristalline".

La verifica in situazione ovvero l'esposizione di un'unità didattica

La prova a cui è stato attribuito più peso, fino a 50 punti su 100, è la così detta verifica in situazione, alla presenza in aula degli alunni e della commissione giudicatrice.

In alternativa il candidato può scegliere la trattazione di un'unità didattica senza la presenza degli alunni.

Il primo rilievo è che ci pare improbabile riuscire ad esprimere un fondato giudizio professionale su un insegnante assistendo ad un'unica lezione, svolta peraltro  in condizioni del tutto innaturali.

Il secondo è che questa scarsa attendibiltà di giudizio sarà  ulteriormente compromessa  nella scuola secondaria, dove le commissioni non copriranno  tutte le discipline (nella scuola superiore, ad esempio, una commissione di 5 componenti dovrà giudicare docenti appartenenti a più di 50 classi di concorso). La cosa però che più sconcerta è la possibilità offerta al candidato di svolgere, in alternativa e per sua scelta, un'unità didattica senza la presenza degli alunni.

Ma non c'è da stupirsi. Il motivo, per quanto occultato, emerge con tutta evidenza. Si vogliono garantire  i distaccati, a cominciare da quelli sindacali e politici, che da molti anni una classe da vicino non la vedono più. E' bene tuttavia precisare  che c'erano situazioni di distacco dall'insegnamento che dovevano in qualche modo essere tutelate. Pensiamo, ad esempio, ai vicepresidi  con esonero dall'attività didattica. In questo caso però sarebbe stato sufficiente chiedere loro di svolgere una lezione agli alunni  della loro scuola (non si fanno forse supplenze per i colleghi?).

Ciò che invece appare del tutto intollerabile è che i vari sindacalisti, deputati e senatori, in tutt'altre faccende affaccendati, e con ben altri introiti, possano usufruire di questo "premio al buon insegnamento",  per giunta con agevolazioni e norme ad hoc.

I candidati-commissari

E veniamo alle commissioni giudicatrici.

La prima cosa su cui  richiamare l'attenzione, e contro cui non sono da escludere azioni  legali, è la possibilità che gli stessi docenti siano insieme candidati e commissari nel medesimo concorso. Questa decisione, assente nella prima bozza di decreto ministeriale, è stata assunta a seguito delle pressioni del CNPI e dei  sindacati. 

Il Ministero, cedendo alla loro richiesta, ha goffamente giustificato la decisione con l'esigenza di disporre di un numero maggiore di commissari, e  ha risolto il dilemma in modo rocambolesco: dopo la prova scritta, fissata per tutti al 4/04/2000, le altre procedure saranno scaglionate, in modo che i docenti, che nei primi scaglioni avranno ottenuto l'attribuzione di £6.000.000, in quelli successivi potranno fare i commissari . E i sindacati stanno già premendo sui propri iscritti perché lo facciano.

Ma che invenzione è mai questa degli scaglionamenti,  non capita forse sempre che nei concorsi gli orali vengano scaglionati dopo gli scritti? Certo che è sempre successo, ma non si sono mai visti simili salti della quaglia da candidati a commissari all'interno dello stesso concorso, che peraltro appaiono illegittimi.

Il Ministero ha inoltre accolto altre richieste del CNPI e dei sindacati, ad esempio quella di non graduare "i docenti in pensione aspiranti commissari" sulla base della qualità dei titoli (come previsto nella prima bozza ministeriale) bensì della quantità, includendovi pure tutte le esperienze presso le varie associazioni.

Come commentare tutto questo? Si può forse solo aggiungere che i sindacati esclusi per legge dalle commissioni esaminatrici, stanno tranquillamente rientrandovi dalla finestra.

Forti dubbi di incostituzionalità: nessun punteggio minimo necessario, tutte le quote comunque assegnate secondo parametri difformi

Nell'antico "concorso per merito distinto" gli insegnanti erano ammessi all'orale solo se nell'esame scritto avevano ottenuto almeno 8/10. Era insomma una prova che, pur fondata su vecchi schemi , indicava dei traguardi di merito.

Nessun rimpianto per l'antico, però ci pare assolutamente demagogico non avere fissato nessun punteggio minimo né intermedio né  finale per accedere ai 6.000.000 di lire. Cosa comporterà tutto questo? Che, ipoteticamente, docenti con  punteggi parziali e finale pari a 0/100 potrebbero percepire il premio al merito.

Infatti poiché ciascuna commissione ha in dotazione un numero fisso di quote (corrispondente al 20% dei docenti con 10 anni di ruolo in servizio nelle scuole di propria competenza), e poiché tutte le quote ad essa assegnate devono essere distribuite, se, per ipotesi, in quella commissione si presentasse solo il 20% degli aventi diritto, tutti riceverebbero i 6.000.000 di lire anche se avessero totalizzato zero punti in tutte le prove.

Se invece in un'altra commissione  si presentasse  un'alta percentuale di insegnanti e ci fosse una grande maggioranza di bravi docenti, molti sarebbero comunque esclusi, pur essendo di gran lunga migliori di quelli della commissione prima considerata. Non ci pare ci sia molto altro da aggiungere se non  che se l'obiettivo era solo quello di  distribuire un po' di soldi agli insegnanti, e non c'è dubbio che ce ne sia bisogno, si potevano trovare modi più equi e meno mistificatori.

L'ipocrisia finale: occultare i punteggi

L'atto finale della commissione è quello di decretare i premiati.  Come? Stilando un elenco alfabetico con un numero di docenti pari a quello delle quote in dotazione e sulla base dei punteggi ottenuti da ciascun candidato, e che ciascun candidato ha singolarmente appreso a conclusione della terza fase procedurale. Le graduatorie?  Aborrite. I punteggi? Occultati. Entrambi turberebbero la privacy.

E se un escluso volesse ricorrere? Gli è concesso di prendere visione solo dei punteggi dell'ultimo dei candidati assegnatari del beneficio. E come potrà verificare se quello è davvero l'ultimo, visto che è  pubblico solo l'elenco alfabetico senza punteggi? Non c'è risposta, se non quella che forse l'unico obiettivo che questo concorso raggiungerà sarà quello di incrementare il lavoro degli avvocati, considerato che un po' di norme sulla trasparenza  in questo paese esistono.

Che cosa devono fare i bravi insegnanti?

Noi crediamo che sarebbe un grave errore ritirarsi indignati sull'Aventino. Non servirebbe a nulla. E' dunque necessario che tutti partecipino, in particolare proprio quei bravi insegnanti ai quali queste procedure certamente non si adattano. Tutte le contraddizioni devono manifestarsi e con esse, ci si augura, cresca la volontà di cambiamento, proprio a partire dagli insegnanti migliori, peraltro solo partecipando si potranno impugnare le parti del contratto ritenute incostituzionali o illegittime.

Per parte nostra, come Associazione Docenti Italiani, siamo impegnati a costruire entro il mese di Aprile un grande Convegno Nazionale sugli standards professionali dei docenti ("Che cosa dovrebbero sapere e saper fare i bravi insegnanti") e su coerenti modalità di valutazione. Tutto questo sarà la fase iniziale per la successiva definizione di un'articolazione di carriera degli insegnanti che sia funzionale al governo delle scuole autonome, che non potrà più fondarsi, riteniamo, né sull'antico bipolarismo capo d'Istituto-docenti, né sulle attuali così dette "funzioni obiettivo".