Sambrotta
Paolo |
Insegnante
di scuola superiore, è autore di interessanti riflessioni, con
implicazioni etiche e deontologiche, sul suo lavoro in Prof,
se hai un minuto… (1999): Se
un ragazzo desidera che una confidenza, uno sfogo, un timore rimangano
riservati, devono rimanere tali. Se non si è in grado di mantenere la
promessa, o non si ritiene giusto farlo, occorre mostrarsi onesti e dirlo.
Ci sono pesi, in una relazione, a volte assi gravosi: tacere o no al
genitore un problema che attanaglia il ragazzo? Parlarne ai colleghi?
Succede che i giovani rivelino aspetti segreti di sé per trovare un
appiglio qualsiasi, per dare ossigeno ad un’asfissia che non reggono più:
ma vogliono che a casa e a scuola non si sappia nulla. Gestire questi
rapporti è difficile, indulgervi senza riflettere a fondo, da parte
dell’adulto, significa non avere il sentore della delicatezza di tali
momenti e dei loro risvolti. (pag.37). |
Sartre
Jean-Paul |
Filosofo
e scrittore francese (Parigi, 1905 - 1980). Insegnante di filosofia a Le
Havre. Non ci ha lasciato nulla di particolarmente interessante sulla sua
professione. Qualche eco della sua vita di studente si trova in una suo
romanzo giovanile, dedicato al ritratto di un povero e mediocre insegnante
perseguitato dai suoi allievi e dai famigliari, che si redime solo con il
suicidio: Gesù la Civetta,
professore di provincia (1923): E’
che egli si preparava da lunghe date alle ispezioni, Per natura pigro
lavorava seriamente solo quando aspettava una di quelle sgradevoli visite.
Correggeva allora dei compiti con cura, faceva studiare quindici giorni a
degli alunni una versione che presentava come una spiegazione
estemporanea, poi finiva di stupire l’ispettore con qualche tirata
morale o patriottica lanciata dalla sua voce vibrante e ben legata.
Credeva peraltro a ciò che diceva. Vedeva la vita attraverso gli eroi di
Corneille, non sognava che devozione, sacrificio, abnegazione sublimi. E
lui stesso nel suo candore passava ai propri occhi come il prototipo
dell’eroe corneliano. Interamente staccato dalla realtà tangibile,
nutrito di filosofie idealistiche mal digerite, parlava ed agiva
nell’esistenza come un bambinone. In materia morale o politica le sue
opinioni erano utopie deliranti. Era più facile ancora che gli operai a
ingannare con le classiche parole vuote di pubblica assemblea e votava
ciecamente per l’estrema sinistra, ciò che non gli impediva di essere
cattolico e cristiano fervente. (pag.34). |
Sciascia Leonardo |
Scrittore
(Recalmuto, 1921 - 1989) Cominciò la sua carriera come maestro nella
scuola elementare di Recalmuto. La sua esperienza, sulla quale non volle
più ritornare, è contenuta nel racconto Cronache
scolastiche (1955), poi in: Le
parrocchie di Regalpetra (1956): Invece
me ne sto a scuola e le voci della festa sento lontane, si alzano nel
cielo come un pavese. Le aule vuote rendono ancora più melanconico questo
piccolo esilio; la stessa melanconia che c’è in un etaro vuoto. Le
nostre voci svegliano nelle aule e nei corridoi echi misteriosi: le
discussioni cadono sempre su stipendi, indennità aumenti; e, si capisce,
sul governo. I maestri ce l’hanno con il governo, a sentire i miei
colleghi non uno di loro ha mai dato o darà il suo voto al partito che
governa. Invece, di quel partito, molti hanno la tessera nel portafoglio.
Così avviene col sindacato, ogni anno tutti giurano che non rinnovano
l’iscrizione; e mantengono la promessa fin quando l’ispettore non li
chiama ad uno ad uno. L’ispettore è segretario provinciale del
sindacato; e il sindacato é quello più vicino al governo. Siamo dei
miserabili, dicono i colleghi. Ci si sfoga dunque a parlare.
(Pagg.127-128). |
Settembrini Luigi |
Letterato
e scrittore (Napoli, 1813 - 1876). Nel 1835 ottenne per concorso la
cattedra di eloquenza (lettere) presso il liceo di Catanzaro, dove insegnò
per pochi anni a causa delle traversie e delle persecuzioni subite per le
sue idee politiche. Raccontò la sua vita nelle Ricordanze
(1879 post.): Io
mi misi ad insegnare con ardore e con amore a quei cari giovanetti, che,
essendo poco minori di me per l’età, m’intendevano e mi amavano
tanto. Poveri giovani! Ne ho riveduti parecchi nelle carceri e nelle
galere con la catena al piede, e sono venuti a visitarmi nell’ergastolo.
(pag.
65) |
Sharpe
Tom |
Scrittore
inglese (Londra, 1928 - ). Dopo un breve periodo di assistente sociale,
per alcuni anni si è dedicato all’insegnamento, prima in Sud Africa
(1951-56) e poi in Inghilterra. I suoi primi romanzi, caratterizzati dal
tipico umorismo della grande tradizione inglese, hanno per protagonista la
scuola (l’istituto tecnico di Fenland) e i suoi personaggi, in primo
luogo il povero Wilt, alle prese con tutti: con se stesso, con il preside,
con i colleghi e, non ultima, con una moglie alquanto stravagante (vedi Eva
colpisce ancora, 1984): Wilt
aveva continuato tetragonamente a sostenere che il Dipartimento di Cultura
Generale non aveva bisogno di videonastri, telecamere e compagnia
cantante, che stavano facendo imbizzarrire tutti i fessi del ministero, ma
piuttosto di una chiara delucidazione, da parte di qualche personalità
responsabile, circa gli scopi a cui dovevano tendere i Dipartimenti di
Cultura Generale negli Istituti Tecnici. Era stata una mossa imprudente.
Il professor Mayfield e il provveditorato avevano risposto rispettivamente
con un documento e una circolare, parimenti incomprensibili; si era tenuta
una dozzina di pallosissime riunioni in cui non si era riusciti a decidere
nient’altro che questo: telecamere e videonastri, quei nobili Ausili
Didattici, andavano adoperati, già che c’erano; e il nome della
materia, Cultura generale, andava assolutamente trasformato nella più
pimpante ed aggiornata dizione di Capacità Espressive e Comunicative.
Alla fine tutto era andato in vacca come al solito: i sussidi audiovisivi
si erano guastati, i tagli di spesa non consentivano di ripararli, e i
relativi addetti – altri laureati superflui dalle bizzarre
specializzazioni – non avevano potuto essere licenziati ed erano rimasti
sul gobbo a Wilt.
(Pag. 35). |
Starnone Domenico |
Scrittore
(Roma, 1943 - ). Quasi tutta la produzione narrativa e saggistica è
legata alla sua attività di insegnante di istituto tecnico, a Roma. Da
notare l’amaro bilancio contenuto in Solo
se interrogato (1995), con il quale Starnone ha dato l’addio
all’insegnamento: Mi
riesce difficile dire cosa mi aspettassi quando comincia a insegnare, alla
fine degli anni sessanta. Forse, per prima cosa, volevo uno stipendio, ne
avevo un gran bisogno. Mi ero sposato che ero ancora studente, mi ero
laureato nei ritagli di tempo che mi lasciavano le lezioni private (unica
fonte di sostentamento), mi era nato un figlio. Uno stipendio fisso era
decisamente urgente. Ma c’era dell’altro: sapevo confusamente che
insegnare mi piaceva e, anche se ignoravo qualsiasi cosa degli ingranaggi
scolastici, ero tuttavia abbastanza certo che, facendo le cose per bene,
sarei stato del tutto diverso dai miei insegnanti. Adesso mi rendo conto
che si trattava della solita superbia giovanile: «il perfetto professore»
è soltanto il risultato di una mediazione tra velleità di innovazione e
accettazione di prassi che sembrano le uniche possibili. Non sono convinto
che la scuola è fatta dagli insegnanti; non sono convinto che, secondo un
vecchio luogo comune, se sei un buon insegnante fai una buona scuola. E’
vero piuttosto che la scuola, accettandoti, si fa lentamente accettare e
che l’aspirante buon insegnante si piega alla sua logica, alle sue
ragioni, alle sue connivenze, celebrandone per amore o per forza i riti
collaudati”.
(pagg.75-76) |