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Benessere Materiale

Analisi del benessere materiale dei bambini nei paesi dell’OCSE

Per rappresentare il benessere materiale dei bambini sono stati scelti tre aspetti (vedi il riquadro sotto). La figura 1.0 presenta per ogni paese la media del punteggio ottenuto per i tre aspetti e ordina i 21 paesi esaminati in una scala che ne mostra la distanza dalla media (fissata a 100) verso l’alto oppure verso il basso.

Figura 1.0 Analisi del benessere materiale dei bambini nei paesi dell’OCSE

Nota: I paesi sono ordinati su di una scala determinata dal punteggio medio dell’intero gruppo. L’unità utilizzata è la deviazione standard. Per facilità di lettura, i risultati sono presentati su di una scala con media di 100 e deviazione standard di 10.

Il benessere materiale dei bambini

Il presente quadro del benessere dei bambini prende innanzitutto in esame la dimensione materiale del benessere.A questo riguardo, sono stati considerati tre diversi aspetti: la povertà relativa del reddito, i bambini in famiglie prive di un adulto che lavora, e misure dirette della privazione. La figura 1.0 riunisce questi tre aspetti in una graduatoria generale del benessere materiale dei bambini.

Punti principali

I minori tassi di povertà relativa del reddito (sotto al 5 per cento) si registrano nei quattro paesi nordici.
Nove paesi in totale, tutti in Europa settentrionale, hanno portato i tassi di povertà infantile al di sotto del 10 per cento.
La povertà infantile rimane sopra al 15 per cento nei tre paesi dell’Europa meridionale (Portogallo, Spagna, Italia) e in tre paesi di lingua inglese (Stati Uniti, Regno Unito e Irlanda).Nella classifica, la Repubblica ceca supera diversi dei paesi più ricchi del mondo, tra cui la Germania, l’Italia, il Giappone, gli Stati Uniti ed il Regno Unito. L’Irlanda, nonostante la forte crescita economica degli anni novanta e una costante lotta contro la povertà, si piazza al 22esimo posto sul totale di 25 paesi.

Povertà del reddito

Due precedenti numeri della serie Report Card si sono occupati della povertà del reddito dei bambini nei paesi dell’OCSE (vedi il riquadro "Dalle precedenti Repost Cards"). Per molti paesi i dati mostrano costantemente che i bambini che crescono in povertà sono più vulnerabili: in particolare, hanno maggiori probabilità di avere cattiva salute, difficoltà di apprendimento e comportamentali, peggiore rendimento scolastico, gravidanze in età precoce, inferiori capacità e aspirazioni, retribuzioni più basse, di essere disoccupati e dipendere dall’assistenza pubblica. Questo catalogo di svantaggi della povertà rischia di non tenere conto del fatto che molti bambini di famiglie a basso reddito non rientrano in nessuna di queste categorie. Ma ciò non modifica il fatto che, in media, i bambini che crescono nella povertà sono soggetti alla probabilità di soffrire uno svantaggio netto e dimostrabile.

Idealmente, la povertà dei bambini dovrebbe essere misurata mettendo insieme i dati relativi ad una varietà di aspetti della povertà, come la povertà relativa, la privazione assoluta e il grado di povertà (che indica non solo quanti si trovano sotto alla soglia della povertà, ma anche di quanto e per quanto tempo). Ciò nonostante, la “misura della povertà” usata qui rappresenta una visione della povertà infantile più completa rispetto a quelle disponibili in precedenza.

Povertà relativa del reddito

La povertà infantile può essere misurata in senso assoluto, come mancanza di un determinato paniere minimo di beni e servizi, oppure può essere misurato in senso relativo come distanza superiore ad un certo livello dal tenore medio di vita della società in cui si vive. Nel 1984 l’Unione europea ha stabilito la propria defi nizione di povertà: “sono poveri coloro che hanno risorse (materiali, culturali e sociali) talmente limitate da escluderli dal tenore di vita minimo accettabile dello Stato membro in cui vivono”. Per i fini pratici e statistici, questo in genere ha signifi cato fissare le soglie nazionali della povertà ad una certa percentuale del reddito nazionale mediano. La fi gura 1.1 mostra, per 24 paesi dell’OCSE, la percentuale di bambini che crescono in povertà relativa, definita come appartenenza ad una famiglia che ha un reddito equivalente inferiore al 50 per cento della mediana nazionale.

I critici di questo approccio sostengono che la povertà relativa non è una “vera” povertà, facendo notare che molti di coloro che sono al di sotto della soglia di povertà relativa godono di un tenore di vita superiore a qualunque altro momento del passato o a quello della maggior parte dei bambini del mondo di oggi. Questo punto di vista, tuttavia, trascura il fatto che oggi nei paesi dell’OCSE il significato della povertà è il contrasto, percepito quotidianamente, tra la vita condotta dai poveri e quella di coloro che li circondano. Ciò nonostante, una comparazione internazionale basata su una soglia della povertà fissata al 50 per cento del reddito nazionale mediano presenta solamente una parte della realtà poiché non permette di cogliere le differenze sul piano della ricchezza nazionale.

 

Per esempio, mostra che il tasso di povertà infantile negli Stati Uniti è maggiore di quello dell’Ungheria, ma nasconde il fatto che il 50 per cento del reddito mediano (per una coppia con due figli) è di circa 7.000 USD in Ungheria mentre è di 24.000 USD negli Stati Uniti. Il fatto che una minore percentuale di bambini cresca in povertà nella Repubblica ceca rispetto alla Francia, oppure in Polonia rispetto all’Italia, non signifi ca che nella Repubblica ceca oppure in Polonia i bambini siano più benestanti, ma che i loro paesi hanno una distribuzione del reddito più equilibrata. In altre parole, la figura 1.1 ci dice molto sulla disuguaglianza e sull’esclusione, ma assai poco sulla privazione materiale assoluta.

Anche all’interno di singoli paesi, la povertà relativa del reddito non rivela di quanto le famiglie si trovino al di sotto della soglia della povertà, o per quanto tempo vi rimangano. Inoltre, tutte queste misurazioni della povertà infantile si basano sul reddito della famiglia e presuppongono l’esistenza di un ambiente familiare funzionale nel quale le risorse disponibili sono ripartite con ragionevole equità, e dove le necessità hanno la precedenza rispetto ai consumi voluttuari. Ma, per esempio, un bambino in condizioni di grave privazione a causa della dipendenza da alcool o stupefacenti da parte di un genitore non è registrato come povero se il reddito della famiglia è superiore al 50 per cento della mediana nazionale. La povertà relativa è quindi un indicatore necessario ma non sufficiente del benessere materiale dei bambini che deve essere integrato da una qualche misura della privazione.

Disoccupazione

Vari studi hanno rilevato che crescere in una famiglia priva di un adulto che abbia un lavoro è strettamente associato con la privazione, soprattutto se la condizione di disoccupazione si protrae nel tempo. La proporzione di bambini che crescono in famiglie prive di un adulto che lavora è stata quindi scelta come secondo aspetto per costruire un’immagine più completa della povertà materiale dei bambini. La figura 1.2 misura chiaramente un diverso aspetto della povertà. Gli Stati Uniti, per esempio, salgono dal fondo della classifi ca, dove si trovavano nella figura 1.1, al quinto posto nella figura 1.2; mentre la Norvegia passa dalla terza alla quattordicesima posizione. Questi cambiamenti potrebbero essere il riflesso di bassi livelli di retribuzione degli adulti occupati in alcuni paesi e dell’esistenza di generosi sussidi di disoccupazione in altri. In ogni caso, questo dato rende più completo il quadro della povertà infantile. Continua comunque a mancare una misura più diretta della privazione materiale dei bambini.

Privazione

Purtroppo, non ci sono misure della privazione materiale comparabili a livello internazionale oppure definizioni accettate di quello che significhi “il diritto ad un adeguato tenore di vita”. Perciò non è possibile comparare la proporzione di bambini che in ogni paese subiscono privazioni materiali, cioè che non sono in grado di soddisfare esigenze di base come un’adeguata alimentazione, l’abbigliamento, e l’alloggio.Anche in questo caso, i singoli governi possono avere degli indicatori che registrano questo tipo di privazioni a livello nazionale, ma in assenza di defi nizioni e dati validi per più paesi, sono stati scelti tre indicatori che, considerati insieme, possono offrire ragionevoli indicazioni (figure 1.3a, 1.3b, e 1.3c).

La figura 1.3a si fonda sulla Scala della ricchezza delle famiglie, utilizzata nel contesto dell’indagine dell’OMS sul Comportamento salutare dei bambini in età scolare (vedi il riquadro PISA e HBSC). L’indagine interpellava campioni rappresentativi di bambini di età 11, 13 e 15 anni in 35 paesi sulle seguenti quattro domande:

Ai risultati era attribuito un punteggio creando una scala della ricchezza nella quale il massimo era 8, mentre la “bassa condizione economica” era defi nita con il punteggio da 0 a 3. La fi gura 1.3a mostra la percentuale di bambini che in ogni paese affermava di appartenere ad una famiglia con limitate ricchezze, secondo questa definizione.

 

La Scala della ricchezza delle famiglie presenta alcuni punti deboli. Per esempio, le variazioni nel numero di veicoli posseduto dalla famiglia possono indicare livelli diversi di urbanizzazione oppure di qualità del servizio di trasporti pubblici. Il numero di vacanze può dipendere da tradizioni come l’abitudine di fare regolarmente le vacanze con i parenti.Anche il fatto di non condividere una camera può essere dovuto alla diversità di tradizioni culturali, alla dimensione media della famiglia o anche a differenze rurali/ urbane.

Forse il principale problema della fi gura 1.3a rispetto ai fini di quest’analisi è che non ci dice molto sulle forme più gravi di privazione. Ciò nondimeno, la Scala della ricchezza delle famiglie presenta il vantaggio di essere fondata su definizioni tangibili che corrispondono a concezioni ampiamente diffuse del benessere materiale.

 

Per i fini di quest’analisi, la fi gura 1.3a fornisce anche un’istantanea che è chiaramente diversa dal quadro della povertà relativa rappresentato nella figura 1.1. Si può vedere immediatamente, per esempio, che l’Ungheria, la Repubblica ceca e la Polonia, tutte e tre situate nella zona intermedia della classifi ca se misurate in base alla povertà del reddito relativa, precipitano in fondo alla graduatoria quando sono classificate secondo la Scala della ricchezza delle famiglie. Al contrario, gli Stati Uniti ed il Regno Unito passano dal fondo della classifi ca ai primi dieci posti.

Risorse culturali e per l’istruzione

Un altro modo di valutare il benessere materiale dei bambini consiste nel chiedersi se, con le parole della Convenzione sui diritti dell’infanzia, le circostanze in cui essi vivono siano tali da consentire “lo sviluppo della personalità del fanciullo, nonché lo sviluppo delle sue facoltà e delle sue attitudini mentali e fisiche, in tutta la loro potenzialità”.

 

Da questo punto di vista, molti commentatori hanno sostenuto che la mancanza di risorse culturali e per l’istruzione dovrebbe essere presa in considerazione accanto alla carenza di reddito, e che le risorse per l’istruzione a casa, in particolare, svolgono un ruolo fondamentale nello sviluppo educativo del bambino.

 

 

 

 

La difficoltà di misurare la “privazione culturale e dell’istruzione” è evidente, ma le tabelle 1.3b e 1.3c offrono alcuni spunti riguardo a questo aspetto della povertà infantile. Entrambe le tabelle sono fondate su dati del Programma di valutazione internazionale degli studenti (vedi il riquadro a pagina 17) che, insieme a molte altre domande, chiedeva a gruppi rappresentativi di quindicenni in 41 paesi se a casa disponevano delle seguenti otto risorse per l’istruzione:

La figura 1.3b mostra la percentuale che afferma di possedere meno di sei di queste risorse.

Utilizzando la stessa fonte, la fi gura 3.1c mostra la percentuale di bambini che riferisce di avere meno di 10 libri in casa: un indicatore proposto per misurare la privazione di risorse culturali.

Combinati come nella fi gura 1.3, questi tre indicatori mostrano che in alcuni dei paesi più economicamente sviluppati del mondo i bambini risultano essere notevolmente privi di risorse educative e culturali.

 

Conclusioni

I dati disponibili non consentono di registrare tutte le complessità della povertà infantile perché non riescono, per esempio, a fare luce su importanti questioni come il grado e la durata della povertà infantile, oppure la portata delle forme più gravi di privazione. Chiaramente, sussiste l’esigenza di una migliore comprensione delle relazioni esistenti tra la povertà del reddito e la privazione materiale. In particolare, c’è la necessità di capire meglio il nesso tra la povertà del reddito, la privazione ed il tipo di esclusione sociale che inibisce lo sviluppo delle potenzialità ed aumenta il rischio di tramandare la povertà da una generazione all’altra.

Nonostante queste necessarie riserve, si può affermare che gli indicatori elaborati e combinati nella tabella di sintesi di questo capitolo (fi gura 1.0) rappresentano un signifi cativo miglioramento rispetto alle misure fondate sulla sola povertà del reddito, e che offrono la migliore analisi comparativa attualmente disponibile del benessere materiale dei bambini nelle economie sviluppate del mondo.

Per questa analisi sono stati messi insieme ed elaborati i risultati comparabili di indagini provenienti da una vasta gamma di fonti, riferiti al massimo numero possibile di paesi OCSE. Una descrizione dettagliata delle fonti dei dati e delle metodologie (comprese le analisi di sensibilità) è disponibile nel documento preparatorio
� Tutti i dati grezzi utilizzati nella presente analisi sono presentati alle pagine da 42 a 45. In ogni caso, le serie di dati utilizzate sono le più recenti disponibili ed in generale si applicano al periodo 2000-2003.
� Purtroppo non sono disponibili dati comparabili per diversi paesi dell’OCSE, come Turchia e Messico.
� Alcuni paesi non OCSE sono stati inclusi in alcune delle tabelle di questa Report Card, come elenco separato. Questi paesi sono stati scelti in base alla disponibilità di dati (e nella speranza che possano dimostrare la potenziale utilità di questo approccio a molti paesi a medio reddito attualmente non membri dell’OCSE).
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