E’ noto
che la legge costituzionale n. 3/2001 ha riformato il Titolo
quinto della Costituzione, lasciando inalterata la prima parte (segnatamente l’articolo 33).
A
proposito di scuola, l’art. 33 (testo tuttora vigente) continua a
recitare :
“La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione
ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.”
Una
prima disarmonia normativa (i
tecnici del diritto la definirebbero
“antinomia”) si coglie raffrontando la disposizione
succitata con il nuovo articolo 114 della Costituzione, che recita
: “La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle
Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato.”
Mediante
semplice operazione materiale, se alla locuzione “Repubblica” presente
nell’art. 33 si
volesse sostituire la nuova articolazione delle componenti
di cui all’art. 114, si
potrebbe desumere che all’adozione di “norme generali” sull’istruzione
ed alla istituzione di “scuole
statali” devono ora provvedere “Comuni, Province, Città metropolitane,
Regioni e Stato.”
Non meno problematica ed incerta è la lettura dell’art. 117
nel testo riformato.
Posso
fare, in proposito ed in questa sede,
soltanto due succinti e rapidissimi esempi :
- §
la “salvaguardia” del principio di autonomia delle scuole
Nel
disciplinare la competenza legislativa
“concorrente” delle
Regioni (cioè la facoltà per le Regioni di emanare leggi su di una
materia, l’istruzione, nel
rispetto di principi
fondamentali fissati dalla legislazione statale) il nuovo art. 117
ha utilizzato l’espressione
“…salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche”.
Orbene
il vocabolo “…salva” può significare “rispettata in ogni caso”, ma potrebbe voler
dire “ad eccezione”.
E’
evidente la consistente diversità logico-giuridica tra le due opzioni
interpretative.
Nel
primo caso (osservanza dell’autonomia),
la legislazione concorrente delle Regioni dovrebbe appunto
rispettare il vincolo autonomistico.
Nel
secondo caso, invece, l’autonomia delle scuole,
in quanto collocata come eccezione
nell’ambito di un’elencazione di materie di cui al comma 3
dell’art. 117, rifluirebbe automaticamente tra le materie oggetto
di potestà legislativa esclusiva e residuale delle Regioni,
come sancita dal successivo comma 4 dello stesso articolo
- §
la distinzione tra “norme generali”, “principi
fondamentali”, “livelli essenziali delle prestazioni”
La
giurisprudenza costituzionale maturata a proposito di competenze legislative
regionali, sin dagli anni settanta,
ha fornito numerosissime indicazioni interpretative per
individuare le normazioni di tipo
“generale” (cioè quelle che non scendano in dettagli particolareggiati),
nonché i cosiddetti “principi
fondamentali” dell’ordinamento
giuridico. Si aggiungono
ora i cosiddetti “livelli
essenziali”, disegnando
un tessuto di elementi importantissimi, perché idonei ad assicurare
il mantenimento dell’unitarietà ordinamentale e di Sistema e, nel
contempo, a non interferire pesantemente nella sfera riservata alle
autonomie locali, che potrebbe restare compressa e compromessa.
La legge n. 3/2001 non reca alcun elemento chiarificatore in
proposito.
A
questo punto credo si possa senz’altro dire
- a voler essere
indulgenti -
che il testo di riforma del Titolo V della Costituzione (noto
come riforma “Bassanini”, confluita
nella legge costituzionale n. 3/2001) appare redatto in maniera tecnicamente
superficiale, imprecisa, non senza ambiguità lessicali.
Esso
presenta varie asimmetrie e qualche disordine tecnico-redazionale;
ed è notorio che tali incertezze, se non risolte preventivamente
in sede politica (attraverso
una sorta di interpretazione
condivisa o concertata
tra Stato e singole Regioni), potranno condurre, come in
buona misura sta già avvenendo,
a conflitti colmabili solo per via interpretativa, innanzi
la Corte costituzionale.
Prima di proseguire oltre e passare
ad esaminare la nuova ipotesi riformatrice (disegno di legge n. 1187, noto come disegno “Bossi” sulla
devoluzione) devo fare due precisazioni :
-
non sono un “politico” e non sono
perciò in grado di cogliere le ragioni,
come è stato detto in Parlamento, che fanno individuare l’esistenza,
sull’intero territorio nazionale, dalla Sicilia a Venezia,
di una specie
di “propensione
nazionale diffusa” ad
ulteriori e più intensi sviluppi federalisti
- da tecnico del diritto devo,
invece, convenire sul
fatto che talvolta le “debolezze lessicali” dei testi normativi, specie quelli costituzionali,
rappresentano contemporaneamente
“una forza”, perché permettono di adeguare dinamicamente
le norme alle evoluzioni della società.
Le norme costituzionali, quando utilizzano formule lessicali
rigide e di significato non estensibile,
cristallizzano regole che,
per poter essere adattate all’evoluzione delle società,
necessitano di modifiche successive, di continui rimaneggiamenti.
Questo duplice risvolto, positivo
e negativo, può dunque valere per alcune
imprecisioni presenti sia
nell’attuale, sia nel
futuro ed ipotizzabile testo dell’art. 117 della Costituzione. Occorre però, in tutti i casi, fare i conti
con le genericità e le indeterminatezze definitorie,
almeno per capirne la portata.
Dell’attuale
testo (legge n. 3/2001) e delle sue ambiguità lessicali e definitorie
ho già fatto cenno.
Quanto
al nuovo (disegno di
legge n. 1187), credo sia utile osservare che :
- §
aggiunge
un nuovo comma al testo attuale dell’art. 117, ponendo perciò inevitabilmente
problemi di coerenza complessiva all’interno di un unico, medesimo
articolo della Costituzione
- §
utilizza
ulteriori locuzioni lessicali, anch’esse di incerto significato
giuridico
Ancora
una volta, gli esempi
praticabili in questa sede sono necessariamente sommari e rapidi.
Mi
limito ad elencare, di seguito, talune espressioni sottolineate, riportando
tra parentesi gli interrogativi che esse possono alimentare.
Premesso
che il disegno di legge 1187 attribuisce alle Regioni competenza legislativa
esclusiva riferita ad alcune materie, le espressioni lessicali da
esaminare sono :
attivano
(vuole dire esercitano ? ed in quale rapporto l’esercizio di
potestà legislativa esclusiva si porrà con il precedente art. 116,
che già ha previsto un regionalismo differenziato nella materia della
“istruzione”, sebbene
con procedura rinforzata ?)
competenza
esclusiva
(l’aggettivo “esclusivo” è utilizzato in senso proprio, oppure nel senso di competenza
“residuale” rispetto a quella statale ?)
materie
(gli
argomenti indicati - organizzazione,
gestione, programmi – sono materie distinte rispetto alla cd.
“istruzione”, oppure
sono soltanto sub-articolazioni
della stessa materia? Ed
in quale rapporto si pongono con i cd. livelli essenziali di fruizione
del diritto allo studio, da garantire?)
organizzazione
(l’espressione è usata in senso tecnico, quindi è riferibile
ad “organi” che operano
nel mondo della scuola, oppure concerne la sola struttura organizzativa
nell’erogazione del servizio ?)
gestione
degli istituti (il vocabolo
“gestione” è utilizzato in senso tecnico
– quindi comprensivo delle cosiddette
“risorse personali” e dello stato giuridico del personale
- o si riferisce
unicamente alla gestione delle “risorse reali”, quali finanziamenti
e patrimonio?)
parte
dei programmi di interesse specifico delle Regioni
(l’interesse
specifico regionale è una dimensione avente valenza
contenutistica
– dunque astrattamente
illimitata – oppure
si muove entro limiti quantitativi da definire previamente ? )
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