Gli effetti del potere sindacale sulla Pubblica amministrazione
Quali sono gli effetti di tutto questo sistema di potere dei sindacati sulla pubblica amministrazione, sulle decisioni amministrative?
Gli effetti positivi storicamente determinatisi
Storicamente ci sono stati degli importanti effetti positivi.
Soprattutto quando i sindacati sono stati in grado di rappresentare una quota significativa dell'intera popolazione e il loro coinvolgimento ha colmato il deficit di rappresentanza dei cittadini nonché il deficit di consenso dei partiti politici.
Gli effetti negativi di un potere sempre più invadente
Oggi, questi effetti positivi sono sempre meno evidenti, e il potere sindacale appare sempre più invadente nei confronti delle amministrazioni. Il Memorandum sulla riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni ne è un esempio. Si tratta di una delega continua ai sindacati. Prima la concertazione si faceva dando concessioni finanziarie alle parti sociali. Ora, che lo Stato non può dare più soldi, cede potere pubblico ai sindacati. Non v'è decisione che non venga presa d'accordo con i sindacati e questo vale in particolare, come si è già avuto modo di rilevare, per il Ministero della Pubblica Istruzione.
Quali sono gli effetti negativi di questo stato di cose? In primo luogo il fatto che vengono sacrificati interessi generali importanti, quali quelli definiti da alcuni principi costituzionali come:
il principio di uguaglianza, che non ha nulla a che vedere con l'egualitarismo, ma che richiederebbe di trattare in modo diverso situazioni diverse;
il principio del merito, in base al quale si dovrebbe accedere agli impieghi pubblici per concorso e la progressione di carriera dovrebbe essere fatta sulla base del merito, ossia secondo precise valutazioni, che invece sono sistematicamente aggirate o inapplicate.
Le reazioni esasperate al nostro disegno di legge
Le resistenze che in Italia esistono all'applicazione dei principi sopra esposti l'abbiamo ancora una volta verificata nei confronti del disegno di legge, Norme in materia di valutazione dell'efficienza e del rendimento delle strutture e dei dipendenti pubblici, di cui io sono con Pietro Ichino in qualche modo il coestensore. Tale disegno di legge è stato presentato e pubblicizzato dai sindacati, e quindi dai giornali, in modo del tutto fuorviante. In realtà l'idea era soltanto quella di potenziare e perfezionare il sistema dei controlli amministrativi interni alle amministrazioni pubbliche, per il quale esiste già una buona disciplina, che ha però il difetto di non essere applicata. Si proponeva di istituire un'Autorità che fornisse strumenti efficaci per operare le valutazioni e non, come è stato scritto, che avesse il compito di valutare il personale, licenziarlo ecc..
Non c'è nessun mestiere i cui risultati non possano essere valutati, a cominciare da quello dei professori universitari che spesso sono molto refrattari alla valutazione, si offendono quando gli studenti danno loro i voti e quando questi voti vengono pubblicati. Invece anche l'insegnamento e la ricerca possono e debbono essere valutati.
Occorre definire degli standard, occorre perfezionare i parametri di riferimento, ma non è impossibile valutare. Basta vedere quello che si fa all' estero, dove la valutazione è cosa costante ed accettata. Molti paesi, soprattutto nel Nord Europa, sono di gran lunga più avanzati di noi su questo terreno.
La nostra idea era pertanto quella di costituire un progetto prestigioso, composto da persone autorevoli, che avesse soprattutto funzioni di studio, che andasse a vedere cosa succede all' estero e desse alle varie amministrazioni, ai vari soggetti di controllo interno ed esterno, gli standard e gli strumenti per svolgere la valutazione.
Che cosa è successo? Questo processo naturalmente si è arenato in Parlamento, ma prima di arenarsi è stato pubblicamente distorto: quella che doveva essere una gestione indipendente era diventata una commissione costituita nell' ambito del CNEL, che è chiaramente un'istituzione che non c'entra nulla con il principio del merito e con la valutazione, essendo una sede di rappresentanza di interessi. La valutazione è invece una tipica materia che dovrebbe essere sottratta alla rappresentanza di interessi, perché si basa sul principio del merito.
In questa situazione è facile che il pessimismo prevalga, e io sono abbastanza pessimista. Credo in ogni caso che per cominciare a risolvere questi problemi basterebbe applicare la Costituzione.
E' vero che la Costituzione recepisce il modello della rappresentanza degli interessi, il Consiglio Nazionale dell' Economia e del Lavoro , ma nel Consiglio Nazionale dell 'Economia e del Lavoro non sono rappresentati solo i datori di lavoro e i lavoratori dipendenti, ma tutte le categorie produttive. La concertazione dovrebbe pertanto essere aperta a tutti, e soprattutto dovrebbe avere un ambito limitato ed essere distinta da altre materie in cui dovrebbe, invece, applicarsi il principio del merito oltre a quello della trasparenza: trasparenza di chi decide, ma anche trasparenza dei finanziamenti pubblici ai soggetti privati, come i sindacati.
Grazie.