Il livello contrattuale
Il terzo livello attraverso il quale i sindacati partecipano a funzioni amministrative è la contrattazione collettiva sia nel settore pubblico sia in quello privato.
Nella contrattazione collettiva nel settore privato il sindacato esercita funzioni spesso riservate ai poteri pubblicistici: poteri di disciplina e poteri di gestione di risorse .
Alcuni esempi. In materia di riduzione di personale e di mobilità ci sono decisioni che il datore di lavoro può prendere solo se si è messo d'accordo con i sindacati. E ancora, la Legge Finanziaria 2007 ha previsto una sorta di sanatoria per quanto riguarda i contributi previdenziali non pagati dai datori di lavoro ( il lavoro in nero). Sulla base di quella noma il datore di lavoro può accedere a questa sanatoria solo se prima ha concluso un accordo collettivo con i sindacati. Pietro Ichino ha parlato di "sindacato confessore": io datore di lavoro mi rivolgo al sindacato, gli confesso il mio peccato, dopo di che posso andare a regolarizzare la mia posizione, pagando la quota dei contributi che non avevo versato. Il sindacato svolge dunque una funzione pubblica di controllo sull'applicazione delle norme.
Nella contrattazione collettiva nel settore pubblico la partecipazione dei sindacati all'adozione di decisioni pubbliche è molto più evidente per due ragioni:
- la contrattazione collettiva è molto diversa da quella privata,
- attraverso i contratti collettivi i sindacati esercitano il controllo sull'organizzazione amministrativa, un potere che, normalmente, appartiene al datore di lavoro.
Le ragioni della diversità della contrattazione pubblica rispetto a quella privata
La contrattazione collettiva pubblica è molto diversa da quella del settore privato per diverse ragioni.
La contrattazione collettiva pubblica è obbligatoria in quanto fondata sulla legge, la contrattazione privata no.
La contrattazione collettiva pubblica ha un ambito diverso da quella privata. Nel settore privato la contrattazione può coprire qualunque materia. Nel settore pubblico ci sono invece dei limiti: alcune cose sono negoziabili, altre no. Non è negoziabile, per esempio, l'accesso al pubblico impiego, perché è materia definita dalla Costituzione, che ha stabilito il principio del concorso (nota3), anche se tale principio viene continuamente violato o aggirato (come sta succedendo anche in questi giorni con le norme sulla stabilizzazione dei precari). C'è un diffuso atteggiamento critico, soprattutto nel settore privato, verso i concorsi. In realtà questa è una critica giusta nei confronti di certi modi di fare i concorsi , svolti con prove del tutto inadatte rispetto a ciò per cui si è reclutati, oppure fatti con commissioni interne, oppure resi riservati. Occorre aggiungere però che questo tipo di concorsi (interni, riservati ecc..) non sono veri concorsi.
La contrattazione collettiva pubblica è in realtà una contrattazione falsa. Nella contrattazione collettiva tra i datori di lavoro privati ed i sindacati dei lavoratori privati, ognuno gioca a carte coperte, una parte non sa quanto l'altra è disposta a spendere. Nella contrattazione collettiva pubblica non è così. A monte c'è la determinazione della spesa. Quindi, una parte contraente sa preventivamente quanto può spendere l'altra: non è vera contrattazione. Ma non solo la componente sindacale ha anche contribuito a determinare l'atteggiamento dell'altra. Questa, io ritengo, è la cosa più abnorme che si trova scritta nel Memorandum sull'organizzazione amministrativa e sul lavoro pubblico firmato da governo e dai sindacati nel febbraio 2007. In tale accordo è sancito che anche le direttive che vengono date dalle amministrazioni all'ARAN, cioè dal datore di lavoro al suo rappresentante, vengono negoziate con i sindacati. Quindi, una delle due parti dice all'altra come si deve comportare quando contratta con lei. Tutto questo vale in generale , ma ha particolare valenza per il sistema scolastico, dove vige un sistema di contrattazione collettiva veramente pleonastico, con troppi livelli di contrattazione, troppo complicato e troppo accentrato. Il centralismo è un difetto tipico perpetrato dall'influenza dei sindacati, i quali sono storicamente, intrinsecamente direi, nazionali e, quindi, tutto ciò che viene sindacalizzato viene anche accentrato. Il nuovo Titolo V consentirebbe anche notevoli decentralizzazioni nella disciplina del lavoro, ma i sindacati sono il principale fattore di resistenza .
Poi c'è il problema della potestà organizzativa su cui vado rapidamente. Attraverso la contrattatazione collettiva nel settore pubblico i sindacati riescono a intervenire sugli organici. Come diceva prima Alessandra Cenerini, il fatto che non si possono cambiare gli insegnamenti, perché ciò comporta una modificazione degli organici, dimostra l'effetto perverso dell'influenza dei sindacati, al punto che l'aspetto strumentale prevale su quello finale. L'organizzazione dovrebbe basarsi sulle esigenze funzionali, sulle esigenze dell'istruzione, invece, le esigenze del personale diventano prevalenti e pregiudiziali. A partire dalla privatizzazione del rapporto di lavoro pubblico, ossia dal '93 in poi, c'è stata la progressiva invadenza della contrattazione collettiva sull'esercizio della potestà organizzativa delle amministrazioni, costituzionalmente sancita (v. nota 3). In tal senso il Ministero della Pubblica Istruzione è veramente un caso emblematico: non si prenda nessuna decisione se non c'è partecipazione dei sindacati. Una consultazione che diventa contrattazione, e che diventa, di fatto, una decisione delegata ai sindacati. Questo vale per la mobilità, per le supplenze, per tutte le decisioni che, in qualche modo, riguardano il personale, che hanno, notoriamente, diretta influenza sul servizio.