I ) L'eguaglianza delle opportunità (o dei punti di partenza)
L'educazione, secondo la concezione dell'eguaglianza delle opportunità - e.d.o. - è come una gara che si gioca su basi di parità, vale a dire tutti allineati sullo stesso nastro di partenza, e giudicati sulla base degli stessi appropriati criteri di merito. Gli esiti di questa gara condizionano l'accesso e la riuscita ad una successiva gara: quella per lo status occupazionale.
La teoria dell' eguaglianza delle opportunità, ha per lungo tempo egemonizzato sia gli studi sociologici sia quelli pedagogici, sia la stessa “retorica” sottostante alle politiche pubbliche dell'istruzione.
A due sociologi americani K. Davis, W.E. Moore, si deve la più compiuta teorizzazione di questo principio come sintesi di eguaglianza ed efficienza. Essi sostengono che più importanti sono i ruoli lavorativi ai fini dell'efficienza di un sistema sociale, più prolungato è il percorso scolastico e formativo che tali ruoli richiedono. Ne deriva che gli individui più dotati non avrebbero interesse ad assumere questi ruoli strategici se non fossero incentivati a farlo da compensi sociali particolari in termini di reddito e di altri tipi di beneficio. Di qui una giustificazione universalistica delle disuguaglianze basate sul merito: contribuendo alla crescita della produttività e della ricchezza nazionale, le disuguaglianze basate sul merito comportano vantaggi non solo per i favoriti ma anche per gli sfavoriti, poichè operano nell'interesse generale.
Come ha osservato Young, uno dei più noti sociologi inglesi, autore di un polemico ed irridente libretto contro questa teoria, siamo di fronte ad una sorta di socialismo o egualitarismo «meritocratico» .
L'obiezione di Rawls all'eguaglianza delle opportunità non corretta in termini di equità è radicale: nessuno merita di essere socialmente penalizzato per l'inferiorità delle sue dotazioni naturali (di intelligenza, motivazione, quindi capacità di apprendimento) più di quanto meriti di esserlo per l'inferiorità del suo ambiente di nascita. Al di là delle dispute tra genetisti e ambientalisti, resta il fatto che sia le dotazioni naturali sia lo status sociale di origine sono eticamente configurabili come «fortuna» non come «meriti pertinenti». Cade perciò, in forza di questo argomento, la legittimità di una selezione scolastica e sociale effettuata sulla base del solo criterio del merito degli individui. E si palesano allo stesso modo insufficienti, rispetto al principio dell'uguaglianza-equità, le politiche educative e sociali volte ad annullare o ad arginare i fenomeni di trasmissione ereditaria degli status, cioè quelle politiche (per esempio di educazione «compensatoria») che il principio di eguaglianza delle opportunità ha storicamente suggerito.
Una seconda obiezione formulabile al principio in questione è meno radicale ma non senza rilievo teorico e pratico. Ammesso pure che si debba accogliere come giusto un sistema di assegnazione di status basato su una gara di merito, occorre chiedersi secondo quali criteri si deve determinare il numero dei vincitori possibili, cioè quante sono le opportunità in gioco. Come stabilire, ad esempio, il numero dei titoli di studio e dei ruoli lavorativi più ambiti per la quantità differenziale di prestigio, potere, ricchezza, che vi è normalmente connessa? A nessuno può sfuggire che la maggiore o minore ampiezza di tali categorie di posizioni modifica l'assetto distributivo in modi che possono essere socialmente assai rilevanti.
In conclusione la teoria dell'uguaglianza delle opportunità ha goduto e gode in tutti i Paesi di ampie adesioni in sede politica, perché presenta l'indubbio pregio di cercare una conciliazione fra le ragioni dell'uguaglianza-equità e quelle della efficienza.
Tuttavia i limiti sopra esposti, e altri motivi di ordine fattuale, hanno portato all'emergere di diverse teorie , che ne correggono, se non ne elidono, alcuni dei postulati. Già negli anni '70 all'uguaglianza dei punti di partenza si è contrapposta la più radicale idea dell' uguaglianza dei punti di arrivo o dei risultati (J. Karabel, A.M. Halsey ).
In sintesi l'eguaglianza delle opportunità:
Tenta di conciliare :
- Eguaglianza e merito (eguali risultati a meriti eguali)
- Aiuto sociale e responsabilità individuale
- Equità ed efficacia/efficienza
Problemi aperti sul piano teorico:
- Che significa basi di partenza eguali? Le disuguaglianze pregresse vanno compensate ed entro quali limiti? O la parità iniziale è solo di tipo formale?
- Che significa criteri appropriati di merito ? Per merito si intendono il talento e lo sforzo, solo lo sforzo, o quella parte del talento e dello sforzo che dipendano dalle doti naturali degli allievi e non da fattori di condizionamento sociale?
- Difficoltà di rendere operativi concetti così complessi
Alcune implicazioni pratiche
- Per realizzare l'eguaglianza dei punti di partenza:
- Interventi sul piano economico (con le cosiddette politiche del diritto allo studio )
- Interventi sul piano pedagogico-didattico per colmare i deficit culturali derivanti dal background socio-economico-culturale di provenienza ( con la generalizzazione della scuola dell'infanzia, l'anticipazione dell'età scolare, l' innalzamento dell'età dell'obbligo, i programmi di istruzione compensativa per le aree marginali, per la parità educativa fra i sessi, ecc.)
- Per affermare il merito:
- accertamento rigoroso dei talenti e delle conoscenze/abilità degli allievi come base per l'orientamento e la selezione
- p assaggi di livello e accesso degli studenti alle diverse filiere unicamente in base ai loro meriti scolastici accertati
Punti critici dell'eguaglianza delle opportunità:
- E' troppo radicale e quindi inattuabile
- Appare eticamente insufficiente e per certi aspetti crudele. “Vinca il migliore” ma anche “Guai ai vinti” è il compendio di un approccio di questo tipo.
- Richiede un direttore di gara imparziale . Ma la scuola lo è?
- Favorisce la competizione piuttosto che la cooperazione tra gli allievi e può sfociare in una ossessione valutativa;
- Infine, obiezione più radicale, i meriti sono realmente meritati?
Di qui la necessità di integrare la e.d.o. con altre concezioni.
Le due seguenti sono esplicitamente presenti nello schema del gruppo europeo sull'equità.