Il decennale della scomparsa di Pierre Bourdieu
Desidero cominciare con un omaggio al grande sociologo francese Pierre Bourdieu, di cui si celebra quest'anno il decennale della scomparsa. E' morto a settantun anni il 24 gennaio del 2002. La sua eredità è feconda e molto discussa. La sua opera continua ad offrire ineguagliabili strumenti concettuali di comprensione del presente e di critica allo status quo. Fondamentale è la sua analisi del dominio, del modo con cui i dominanti si impongono sui dominati. Da dove deriva la loro forza e legittimazione? Cosa impedisce di mettere in discussione l'arbitrarietà del loro dominio ? Che cosa impone di accettarlo e di riconoscerlo? Queste domande si riferiscono anche alla scuola, di cui Bourdieu si è molto occupato. Il processo di legittimazione di un dominio, dice Bourdieu, consiste nel fatto che la violenza simbolica «dissimulando i rapporti di forza su cui si basa la sua forza, aggiunge ad essi forza simbolica» (La reproduction). Nella violenza simbolica c'è dunque sempre un atto di dissimulazione. In La reproduction, Bourdieu sviluppa un'analisi estremamente critica del sistema scolastico che, attraverso la dissimulazione, esprime la propria violenza simbolica. La scuola infatti "riproduce" la struttura sociale esistente, mentre il suo fine dichiarato è la mobilità sociale. |
Lo Stato in Pierre Bourdieu
Il testo fondamentale sullo Stato è la pubblicazione del corso da lui tenuto al “Collège de France” negli anni 1989-1992, che ha per l'appunto come titolo Sur l' État. Dice Bourdieu: “Lo Stato è il nome che si dà ai principi nascosti, invisibili, dell'ordine sociale e nello stesso tempo del dominio sia fisico che simbolico e della violenza fisica e simbolica” E ancora: “Tutti abbiamo in testa, volenti o nolenti, il pensiero di Stato”. Tutti ci lasciamo sedurre dal pensiero di Stato. Nello Stato ciò che genera il dominio non sono tanto gli aspetti palesi del potere, come la coercizione o i ruoli e le funzioni attraverso cui viene esercitato, bensì i suoi aspetti più sottili, occulti e occultati messi in atto con la complicità non riconosciuta di chi vi è sottoposto. Il concetto cardine nell'analisi del potere è quello, già menzionato, di violenza simbolica. Una forma di violenza sottile, invisibile che viene esercitata attraverso pratiche simboliche che spesso avvengono con l'inconsapevole complicità dei dominati. Potremmo dire che la sottomissione si manifesta come una sorta di sindrome di Stoccolma: i dominati assumono il punto di vista dei dominanti, contribuendo essi stessi a riprodurre il proprio e l'altrui stato di subordinazione. In questo modo il potere dei dominanti riesce a essere imposto e riprodotto con «sorprendente facilità», tale da non richiedere l'uso della coercizione e della forza fisica. Vediamo come si manifesta nella scuola. |
La “violenza simbolica” nella scuola
La scuola opera sulla base del principio di eguaglianza, delle così dette pari opportunità, chiunque vi entri è trattato in maniera eguale. Tuttavia, i soggetti provengono da posizioni sociali differenti a cui corrispondono capitali culturali diversi. E allora la scuola, apparentemente fondata sul principio di eguaglianza, è in realtà molto iniqua, poiché promuove solo chi è in grado culturalmente e socialmente di adattarsi ai suoi valori, ai suoi principi, alle sue norme, ai suoi programmi. L 'ideologia su cui si fonda è però assunta come valida e legittimata anche da chi ne è vittima. In questo modo la scuola partecipa attivamente alla riproduzione dei rapporti tra le classi, ma al tempo stesso, misconoscendo questa sua funzione, la rafforza. |
Quali conseguenze trarre
Ho scelto di trattare questa parte del pensiero di Bourdieu perché è particolarmente importante per l'Italia, dove lo statalismo è dominante nella scuola, ed è voluto e sostenuto dai “dominati”. Non ho visto mai nessuno affetto così profondamente dalla sindrome di Stoccolma come gli insegnanti italiani: più lo Stato li maltratta più rimangono intimamente statalisti, fautori determinati della scuola statale e del loro essere impiegati dello Stato. Oggi, di fronte ai problemi posti dalle giovani generazioni e dalle grandi opportunità offerte dalla rivoluzione tecnologica occorre più che mai liberarsi dal pensiero di Stato, dal virus del potere dello Stato. Non è più lo Stato che può risolvere i problemi della scuola. Inutile continuare a sbattere la testa contro il muro, il muro dello Stato!
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