Abstract della relazione di Cristina Bonaglia


Notizie sul relatore

Cristina Bonaglia, è dirigente scolastica dell'ITIS Fermi di Mantova, dove è stata nominata come vincitrice dell'ultimo concorso ordinario. Nella stessa scuola è stata in precedenza insegnante di fisica.

E' una convinta innovatrice e insieme a un team di docenti bravi e motivati ha introdotto molte innovazioni tecnologiche e didattico-organizzative nel proprio istituto, mantenendo costanti collegamenti a livello internazionale.

Da alcuni mesi è coordinatrice di ADiDirigenti

Rimettiamo in divisa lo studente?
Cosa dicono le ricerche internazionali

  Il dibattito sulle uniformi scolastiche ha avuto un revival in Italia con il ministro Gelmini e il suo invito a recuperare il grembiule come "elemento di ordine, uguaglianza e decoro".

La discussione però non si è riaperta solo in Italia ma è tuttora oggetto di interventi e indagini internazionali.

Nel 1996, il Department of Education degli Stati Uniti, scoprì che solo il 3% delle scuole pubbliche richiedeva di indossare uniformi scolastiche. A seguito di tale rilevazione e nella convinzione che le uniformi rendano la scuola più ordinata e disciplinata il presidente Clinton incoraggiò le scuole ad adottarle. Da quel momento c'è stato un considerevole aumento delle uniformi nelle scuole pubbliche americane. Nel 2005 era salito al 14% e oggi molti grandi distretti scolastici le impongono a tutte le scuole, mentre in altri la decisione è lasciata alle singole istituzioni scolastiche.

La questione dell'abbigliamento è spesso liquidata come assolutamente inconsistente, ma, a ben guardare, non è per nulla irrilevante. E' la cultura occidentale che ha tradizionalmente relegato le pratiche vestimentarie nel territorio del frivolo e del superficiale, e ha un rapporto con l'abbigliamento assolutamente casuale, casual, per l'appunto.

L'abbigliamento invece, in quanto sistema di segni, ha grande rilevanza nella comunicazione sociale. L'abito è un aspetto fondamentale nei processi di socializzazione di qualunque essere umano in qualsiasi cultura, al di là di quanto questo possa essere percepito in maniera conscia e nel suo spessore antropologico.

Esiste un legame molto forte e complesso tra pratiche vestimentarie e costruzione e affermazione dell'identità nelle sue più svariate dimensioni: sociale,culturale, di genere ecc… Ed è anche in virtù dei segni vestimentari, di come essi si relazionano al corpo, al mondo e agli altri, che si realizza quella condizione così specifica della comunicazione umana.

E nella scuola? La rinnovata attenzione all'abbigliamento, all'uniforme come simbolo identitario di un ruolo e di un'appartenenza è solo nostalgia di un passato improponibile nel nuovo universo giovanile, segnato dall'individualismo, o ha un senso riproporlo? E se sì, perché?

Alcune ricerche americane, l'ultima di due ricercatori del Department of Economics, Dressed for Success? The Effect of School Uniforms   on Student Achievement and Behavior, 2011, ha tentato di calcolare gli effetti che le uniformi scolastiche hanno sulla disciplina e sui risultati scolastici.

L'indagine afferma che le uniformi generano miglioramenti sia nella frequenza (diminuisce l'assenteismo) sia nei test. I risultati sono particolarmente rilevanti per le ragazze della scuola secondaria di 1° e 2° grado.

Vale la pena di aprire il dibattito.


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