IL SALUTO

del Direttore generale Ufficio Scolastico Regionale per l'Emilia-Romagna

Marcello Limina

Ringrazio la professoressa Cenerini e la sua associazione per questo invito che mi permette di aprire un convegno dalla tematica quanto mai attuale.

Mi fa anche piacere ritrovare qui amici tra cui Norberto Bottani con il quale ho lavorato tanti anni fa.

Interrogarmi sul senso della scuola, della sua proposta di apprendimento, sul “non lasciare nessuno indietro” è per me che dirigo l'ufficio del ministero sul territorio, più che un tema, un dovere professionale.

Per questo il saluto e la partecipazione non è solo un atto dovuto, ma risponde più concretamente alla nostra vocazione di scuola che vive ed agisce nelle trame più profonde del tessuto locale.

Non E.T. ma fragili nella “modernità liquida”

Quella dei ragazzi che entrano nelle nostre classi non è una dimensione da extraterrestri, come sotteso dalla locandina del convegno. E', piuttosto, specchio della realtà con cui ci confrontiamo quotidianamente come comunità educante.

Ed oggi più che mai è il paradigma della complessità a farla da padrone nell'ambito delle attese dei nostri adolescenti e delle risposte che dà la scuola.

Se un tempo la complessità era dominante all'interno dell'esperienza di vita dei ragazzi che si avvicinavano all'età adulta - una connotazione interiore rispetto ad una sostanziale solidità di riferimenti del mondo al quale si affacciavano - oggi l'instabilità coinvolge l'intera prospettiva di vita. Con il risultato che il quindicenne attuale deve confrontarsi con una doppia fragilità: la propria e quella della “modernità liquida” (secondo la connotazione data dal sociologo Baumann) che lo circonda.

La pluralità delle dimensioni di vita

Il carattere di pluralità delle dimensioni in cui vive l'adolescente indica, in qualche modo, il coinvolgimento di una pluralità di attori, famiglie, scuole, ministero, enti locali, associazioni. Ognuno nel suo campo e con le sue competenze, ma tutti con un obiettivo comune e difficile: aiutare i nostri ragazzi non solo ad apprendere meglio e con miglior applicazione, ma anche a crescere.

Negli anni Settanta andava di gran moda la pedagogia degli “ambienti di vita”; vale a dire, l'idea per cui gli educatori non potevano procedere nella loro azione a compartimenti stagni, ma dovessero far interagire i contesti in cui il preadolescente e l'adolescente costruiscono la loro rete di affetti e relazioni.

Ma anche gli ambienti più protetti sono soggetti ad inquinamento, a degrado. E ciò accade se non si tiene conto della globalità in cui quell'ambiente è immerso, se non si rispettano gli equilibri, se non si mira alla conservazione attraverso la tutela dei più deboli.

La centralità dei più deboli nel processo di insegnamento/apprendimento

Spesso, però, in un clima di amplificazione – anche mediatica, vedi alla voce “Bullismo e dintorni” - delle difficoltà che si vivono nelle aule, si dimentica con sempre maggiore frequenza che i più deboli sono coloro che danno significato all'esistenza stessa dell'istituzione scuola: i nostri ragazzi.

Una scuola che non riconosce questa centralità è una scuola che rischia di sopportare come una presenza pericolosa, fastidiosa, quasi corrotta, quella fetta di umanità adolescenziale che richiede maggiormente il nostro aiuto. Una scuola che riconoscesse soltanto questa centralità perdendo di vista la sua missione che è l'insegnamento/apprendimento – renderebbe la sua azione inane, dando spazio a sterili sociologismi.

Ma l'attenzione all'apprendimento non può crescere in un clima di separatezza della scuola rispetto al mondo circostante e ai mondi dei singoli ragazzi che si trova di fronte. In questa direzione va l'attenzione e lo spazio che il Ministero – e, conseguentemente l'Ufficio Scolastico Regionale per l'Emilia-Romagna nella propria originale declinazione regionale - sta riservando a temi centrali come il miglioramento degli apprendimenti, l'innovazione e la qualità dell'offerta formativa.

Alcune suggestioni prima del commiato

Mi permetto, infine, di avanzare più che delle proposte, quelle che considero delle suggestioni; che, però, sono anche all'origine di molte delle scelte che come direzione generale stiamo portando avanti, e non da ieri.

I nuovi media

 

Credo, in prima istanza, che, come in molti altri campi della vita scolastica, quello che oggi appare limite deve diventare risorsa, opportunità.

Pensiamo, per esempio, al rapporto degli adolescenti con i nuovi media, al loro essere totalmente immersi in queste realtà comunicative, al loro gestire con eccezionale padronanza la molteplicità di stimoli cui sono sottoposti.

La scuola, a mio parere, non può negare l'esistenza di questa presenza ingombrante dei nuovi media.

Per dare una chance di crescita coerente alla propria missione deve porsi in un'ottica di educazione anche all'espressione.

Offerte formative che diano senso all'apprendere

In seconda istanza, va valorizzato il patrimonio di saperi, le competenze scolastiche e, conseguentemente, il sostegno alle scelte di studio che si compiono proprio in adolescenza. Si guardi a tutte le innovazioni della riforma in corso che mirano ad offrire ai nostri studenti panorami di offerta formativa e competenze spendibili, dando maggior senso e peso alle ore passate tra i banchi di scuola e alla realizzazione personale.

Superare l'autoreferenzialità

In ultima istanza, vanno potenziate le sinergie tra tutti coloro che si occupano di ragazzi. In assenza di questo interesse molteplice, il limite è di amplificare la separatezza e l'autoreferenzialità della scuola, di dar spazio alla “progressiva anestesia” che l'interiorità dell'adolescente realizza “nei confronti degli stimoli provenienti dal mondo scolastico”. Parole di Gustavo Pietropolli Charmet, che ha studiato a fondo il mondo adolescenziale. E che conclude: “ciò che succede a scuola rischia di rimanere periferico e affettivamente marginale”. Di fronte ai rischi della marginalità affettiva non c'è ricetta salvifica che tenga; ma c'è l'attenzione ai segnali e la sincerità del nostro essere adulti: mettiamole in gioco.

video dell'intervento (8 min e 33 sec):

 

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