2. IMPARARE E' CAPIRE

Vediamo ora il secondo punto: imparare è capire.

Sicuramente non è possibile imparare senza comprensione, però le due cose non coincidono, e anche in questo caso bisogna fare attenzione.

Proviamo a leggere queste due frasi e a ricordarle:

•  IL GIOCATORE SI AVVICINO' AL DISCHETTO E CALCIO' IL PALLONE CHE COLPI' IL PALO ED ENTRO' IN RETE.

•  IL BATTITORE GIRÒ LA MAZZA E COLPI ' LA PALLA CHE SCAVALCO' L'INTERBASE E RIMBALZÒ DAVANTI ALL'ESTERNO SINISTRO.

La lunghezza delle due frasi è più o meno simile, la struttura sintattica è la stessa, però quasi tutti siamo in grado di ricordare abbastanza correttamente la prima e con più difficoltà la seconda. Il motivo è che le nostre competenze sul calcio sono in generale superiori rispetto a quelle sul baseball. E dunque, poter fare riferimento e usare conoscenze apprese sicuramente aiuta la comprensione e la memorizzazione.

Questo è stato dimostrato sperimentalmente in più occasioni.

L'esperimento di Chase e Simon (1973)

Questo esperimento è molto famoso. A due gruppi di partecipanti, giocatori esperti di scacchi e principianti, viene mostrata una scacchiera con i pezzi collocati nella disposizione a cui si arriva a un certo punto di una partita. Il tutto è mostrato per poco tempo, poi viene chiesto a ciascun gruppo di riprodurla esattamente. Quello che tipicamente si osserva è che gli esperti sono molto più abili nel ricostruire esattamente la disposizione dei pezzi sulla scacchiera. Qualcuno ha obiettato che questo succede perché i giocatori di scacchi hanno una memoria viso-spaziale superiore. Non è vero perché quando ai partecipanti si presenta una scacchiera con dei pezzi distribuiti a caso le differenze fra esperti e principianti scompaiono.

Vediamo.

Nella figura a sinistra vi sono pezzi di scacchi identificabili come gruppo, l'arrocco oppure l'alfiere che protegge il cavallo. Se sono un esperto non devo ricordare la posizione di tutti i pezzi, ma solo di gruppi di pezzi. Quindi il numero d'informazioni che devo memorizzare è di gran lunga inferiore rispetto a quello di chi non conosce il gioco degli scacchi

Ma quando i pezzi sono disposti casualmente, come nella figura a destra, in posizioni reciproche che non si verificano mai durante una partita, anche gli esperti sono costretti a memorizzare pezzo per pezzo, uno alla volta, e questo fa sì che la loro prestazione non risulti migliore di quella dei principianti.

Di fianco sono riportati i risultati:

1. a sinistra si vede la differenza fra esperti e principianti quando i pezzi sono collocati in una posizione riscontrabile in una partita;

2. a destra si registra l'assenza di differenza fra esperti e principianti quando i pezzi sono distribuiti casualmente.

Quindi conoscere, identificare, creare nessi aiuta moltissimo il processo di memoria.

Sarebbe però grave, anche in queso caso, operare in modo automatico la scelta pedagogica conseguente - fare cioè leva acriticamente sulle conoscenze di cui il bambino dispone già.

Questo per tre motivi almeno.

Primo motivo

Il primo motivo è che, se così si facesse, la scuola accentuerebbe le differenze fra i ragazzi, anziché favorirne la riduzione, perché se si fa leva su quanto gli alunni già sanno, si finisce per privilegiare chi è già avvantaggiato. E questo, io credo, non può essere accettato acriticamente.

Secondo motivo

Il secondo motivo si riferisce al fatto che l'esperto ricorda sicuramente di più, ma commette anche più errori. Infatti chi dispone di una conoscenza più ricca e articolata è più sensibile alle interferenze e quindi soggetto a più errori.

 

Nell'esperimento di Castel et al. (2007), svolto due anni fa negli Stati Uniti, i partecipanti sono stati divisi in due gruppi, costituiti rispettivamente di non esperti ed esperti (low knowledge e high knowledge) di football americano.
Il compito assegnato era quello di ricordare il nome degli animali presentati in una lista.

Va ricordato che in USA i nomi degli animali sono usati anche per designare le squadre di football, Tigers, Lions, Dolphins e così via. Ora, quello che si è visto è che gli esperti ricordano più nomi, ma commettano anche più errori, perché disponendo di maggiori conoscenze derivanti dal football americano, queste interferiscono con il ricordo e generano errori.

Questa situazione non si osserva invece nel caso in cui la domanda posta ai due stessi gruppi sia relativa alle parti del corpo perché, ovviamente, la competenza maggiore nel football americano non dà nessuna informazione in più rispetto a questo secondo quesito.

Perciò far riferimento alle conoscenze pregresse è importante, ma comporta dei rischi, può provocare errori, dovuti all'incapacità di distinguere fra ciò che si deve ricordare e le conoscenze che già si posseggono ma che non sono comprese negli stimoli.

Terzo motivo

 

Il terzo motivo riguarda l'esigenza di controllo della validità delle conoscenze già acquisite.

Immaginate di dover spiegare la Rivoluzione Francese a ragazzi che sono cresciuti guardando Lady Oscar.

E' evidente che in questo caso la conoscenza pregressa può costituire un ostacolo.

Quindi è giusto utilizzare ciò che i ragazzi sanno, ma le conoscenze pregresse devono essere controllate, perché possono produrre interferenze negative o generare gravi ostacoli a un corretto apprendimento.


Considerazioni sul 2° punto: capire e' importante ma non coincide con imparare

In conclusione capire è importante per imparare, ma non coincide con imparare, è un prerequisito. Per imparare bisogna memorizzare ciò che si è capito e distinguerlo da ciò che si sa già.

Dante lo dice chiaramente: non si fa scienza senza mantenere ciò che si è capito.


video (10/15) di un passaggio significativo (1 min 39 sec):



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