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INDIVIDUARE E TRATTARE LO SVANTAGGIO NELLA SCUOLA DI BASE

Proponiamo all'attenzione dei colleghi questo interessante progetto realizzato in un istituto comprensivo della provincia di Modena. Riteniamo che in questo progetto, elaborato da Giovanni Campana, tutti i docenti possano trovare molte indicazioni utili e percorribili.

PROTOCOLLI PEDAGOGICO-DIDATTICI

PER LA RIDUZIONE DELL’INSUCCESSO SCOLASTICO

di Giovanni Campana

Il presente progetto, scandito  in fasi pluriennali, prevede l’adozione di un approccio unitario alle  situazioni di difficoltà scolastiche da parte di un intero istituto comprensivo di scuola elementare e media, dapprima con iniziative indipendenti da parte della sezione di scuola elementare e della sezione di scuola media, poi in forma raccordata fra le due.

Esso consta di due momenti fondamentali:

  1. Classificazione delle situazioni di difficoltà nell’apprendimento secondo tipologie sulla base di un modello unitario di classificazione.

  2. Adozione di una serie di protocolli pedagogico-didattici in relazione alle situazioni rilevate.

OBIETTIVI  E  RISULTATI ATTESI

Obiettivo riferito all’utenza

L’obiettivo, a lungo termine, è la realizzazione di un trattamento delle situazioni di difficoltà di apprendimento che comporti la riduzione sia del numero degli alunni che arrivano alla scuola media con gravi difficoltà di apprendimento sia di quelli che da questa escono in situazione di insuccesso scolastico.

L’obiettivo viene concretamente declinato nei seguenti termini:

  1. evitare il verificarsi di storie personali di aggravamento delle situazioni di difficoltà (con compromissione del rapporto dell’alunno con la scuola);

  2. creare situazioni soggettive di adeguatezza negli alunni con difficoltà (che non possono al momento essere significativamente ridotte), adottando obiettivi e interventi didattici calibrati sulla loro situazione personale;

  3. migliorare effettivamente le situazioni di apprendimento, riducendo significativamente le difficoltà  dell’alunno, anche fino ad annullare la distanza dalla media della classe.

Obiettivi di sistema

L’obiettivo primario sopra enunciato comprende sia risultati di formazione riferiti agli alunni, sia risultati di crescita riferiti al sistema scuola stesso. Dall’insieme delle azioni previste dal progetto ci si aspetta pertanto di raggiungere anche  i seguenti obiettivi di sistema:

  1. aumentare il grado generale di attenzione qualificata alle difficoltà scolastiche, riducendo gli eventuali casi di situazioni non sufficientemente o non tempestivamente comprese e trattate o non rinviate tempestivamente al Servizio A.S.L.;

  2. aumentare, grazie alle maggiori occasioni di approfondimento e di analisi strutturata delle difficoltà secondo un modello dato, il grado di conoscenza e di comprensione delle situazioni e dunque anche la concreta capacità di lettura dei diversi tipi di specifici impedimenti all’apprendimento;

  3. creare un clima di maggiore dinamismo e di maggiore tensione verso la soluzione dei problemi relativi alle situazioni di difficoltà scolastiche, tale da portare di anno in anno ad escogitare e adottare soluzioni didattiche e organizzative più avanzate per il loro trattamento e per la riduzione e la prevenzione degli esiti di insuccesso scolastico (l’adozione di tecniche specifiche di trattamento delle singole difficoltà di apprendimento o di forme particolari di misurazione delle prestazioni  rimane un obiettivo da perseguire di anno in anno, ma non è parte del progetto).

SVILUPPO DELLE AZIONI -  FASE 1

primo anno di realizzazione (a.s.1999/2000)

A. Classificazione delle situazioni di difficoltà nell’apprendimento secondo tipologie sulla base di un modello unitario di classificazione (Allegato).

Azione 1: l’insegnante incaricata (funzione-obiettivo), insieme all’altra collega incaricata, che la affianca, intervista le maestre e maestri dei team di ogni classe sulla base del modello classificando tutte le situazioni di difficoltà nell’apprendimento (le annotazioni vengono conservate dall’insegnante per le azioni successive). Le situazioni vengono classificate evitando qualunque sconfinamento in ambito clinico ponendosi sul piano della constatazione e non della interpretazione (si parla, ad esempio di “lentezza nella progressione dell’apprendimento” e non di “ritardo nell’apprendimento” che potrebbe evocare un’espressione diagnostica di tipo clinico);

Azione 2: il nucleo incaricato del progetto (insegnante con F.O., altra insegnante incaricata, dirigente scolastico) effettua una essenziale tabulazione ed eventuali approfondimenti, volti in particolare a fare il punto sui casi che meritano la valutazione degli operatori del Servizio A.S.L.;

Azione 3: sull’intera operazione si chiede la supervisione degli operatori del Servizio A.S.L. (neuropsichiatra, logopedista, psicologo). Si tratta di riferire sui criteri adottati e di chiedere suggerimenti  per migliorare le modalità di classificazione, i protocolli e le strategie (la valutazione delle singole situazioni che richiedano l’interessamento del Servizio verrà invece effettuata, come di norma, dopo la richiesta dei genitori su suggerimento delle insegnanti).

B. Adozione di protocolli pedgogico-didattici in relazione alle situazioni rilevate

Azione 4: i docenti concordano in sede di programmazione di team e di area l’adozione dei protocolli (e di strategie non prestabilite che si ritengano appropriate), avvalendosi anche della collaborazione  dell’insegnante incaricata della F.O. e/o degli altri membri del nucleo;

Azione 5: si informano i genitori dei protocolli adottati

  1. in occasione del normale ricevimento;

  2. convocando appositamente i genitori prima del ricevimento previsto, nel caso che le decisioni assunte configurino scelte pedagogico-didattiche vistosamente differenziate rispetto al grosso della classe; 

  3. nei casi che lo richiedano, i genitori sono invitati a rivolgersi agli operatori del Servizio A.S.L., che, previa autorizzazione dei genitori stessi, sono preventivamente messi a conoscenza delle situazioni dalle insegnanti;

Azione 6: limitatamente ai casi di ipotesi di disgrafia e di particolari difficoltà di uso dello spazio grafico, gli elaborati degli alunni vengono mostrati alla logopedista per una sommaria valutazione e per indicazioni e suggerimenti. Quando il sospetto di disgrafia-disortografia è piuttosto netto, i genitori sono direttamente invitati a rivolgersi al Servizio.

CONTROLLO DEI PROCESSI

Azione 7: dopo il giro di avvio in tutti i team per l’assunzione dei protocolli, il nucleo compie una tabulazione di tutti i singoli protocolli adottati: a) criteri e atteggiamenti; b) strategie; c) casi rinviati al Servizio A.S.L.; d) casi in cui l’impostazione già in atto è stata confermata (in quanto coincidente con i protocolli previsti);

Azione 8: dopo un mese le insegnanti incaricate compiono un giro di monitoraggio in sede di incontri di team per

  1. prendere nota di: a) casi in cui l’adozione di protocolli ha migliorato la situazione; b) situazione in cui l’adozione di protocolli è stata mantenuta ; c) casi in cui l’adozione di protocolli è stata abbandonata; d) difficoltà che hanno resa non efficace l’adozione dei protocolli

  2. raccogliere osservazioni degli insegnanti;

  3. discutere aggiustamenti dei protocolli.

Azione 9: si effettua un secondo giro dopo tre mesi;

Azioni 10 e 11: giro finale, tabulazione dei dati  e relazione di verifica in collegio.

FORMAZIONE DEI DOCENTI

  1. la docente con la F.O., l’altra docente incaricata e alcune altre docenti seguono un corso di aggiornamento particolarmente qualificato sulla dislessia;

  2. sono previsti due incontri di aggiornamento per tutti gli insegnanti con una docente esterna esperta di dislessia (membro dell’Associazione per la lotta ala dislessia e collaboratrice del Dr. Stella);

  3. è previsto un incontro con un neuropsichiatra del Servizio N.P.I. di Carpi sul problema della “resistenza all’apprendimento scolastico”.

VALUTAZIONE DEI RISULTATI

La valutazione finale dei risultati si articola in due momenti: 

  1. compilazione di un questionario volto a verificare il grado di apprezzamento dell’esperienza e la motivazione a proseguirla (facendo riferimento soprattutto ai risultati attesi 1.a, 1.b, 1.c);

  2. 1) discussioni separate nel collegio di sezione elementare e  in quello di sezione di scuola media, 2) valutazione e decisioni finali nel collegio unitario di istituto.

SVILUPPO DELLE AZIONI -  FASE 2

anni successivi di realizzazione

La FASE 2 mira all’obiettivo generale di 2° livello costituito dall’adozione di modalità validate per

  1. l’uso di indicatori nella classificazione iniziale delle difficoltà e di individuazione specifica delle situazioni di disturbo da inviare alla valutazione dell’A.S.L.

  2. l’uso, nell’azione didattica, di tecniche appropriate di tipo correttivo.

Collegamento in rete con altre scuole in collaborazione con il Nucleo per la lotta alla dislessia del Servizio di Neuropsichiatria Infantile di Carpi.

SVILUPPO DELLE AZIONI -  FASE 3

anni successivi di realizzazione

La terza fase mira all’obiettivo di 3° livello costituito dalla generalizzazione e dal coordinamento a livello dell’intero istituto comprensivo delle tecniche diagnostiche e di intervento acquisite, con tabulazione fine dei dati di partenza e di arrivo e la misurazione del miglioramento generale per ogni tipologia e sottotipologia soggette a intervento tecnico specifico.

Collegamento in rete con altre scuole in collaborazione con il Nucleo per la lotta alla dislessia del Servizio di Neuropsichiatria Infantile di Carpi.

ALLEGATO: MODELLO UNITARIO DI CLASSIFICAZIONE

TIPOLOGIE DI DIFFICOLTÀ SCOLASTICHE

Le difficoltà scolastiche possono essere ricondotte alle seguenti quattro tipologie:

  1. alunni che presentano lentezza nella progressione dell’apprendimento scolastico per difficoltà generali che sembrano centrate essenzialmente sulla comprensione;

  2. alunni che manifestano problemi funzionali nelle operazioni relative alle varie abilità di apprendimento;

  3. alunni che manifestano difficoltà dovute a carenze culturali del contesto socioambientale

  4. alunni che manifestano resistenze all’apprendimento scolastico a causa della particolare situazione psicologica.

Bisogna considerare, inoltre che,

  1. il medesimo alunno può presentare difficoltà appartenenti alle diverse tipologie (un alunno con gravi carenze linguistiche riferibili al contesto socioambientale di provenienza può anche manifestare lentezza nell’apprendimento, ecc.); ciò comporta evidentemente un effetto moltiplicativo;

  2. ognuna delle tipologie, nelle sue forme più gravi, può arrivare ad interessare l’area dell’handicap.

Tipologia 1

Alunni che presentano lentezza nella progressione dell’apprendimento scolastico per difficoltà generali che sembrano centrate essenzialmente sulla comprensione.

Protocollo Pedagogico-Didattico proposto

Rinvio al Servizio: Se i problemi di comprensione dell’alunno sembrano comportare non solo una progressione un po’ più lenta negli apprendimenti, ma sono piuttosto vistosi, tali da escluderlo anche nei tempi lunghi dall’affrontare gli stessi apprendimenti della classe, è necessario convocare la famiglia per orientarla al Servizio A.S.L. .

Protocolli

  1. Si assume come criterio prioritario il consolidamento di quanto appreso (rispetto all’esigenza di estendere comunque l’apprendimento ad abilità e conoscenze più complesse)

  2. Se necessario, abilità e conoscenze più complesse devono per il momento essere rinviate: saranno proposte a mano a mano che si riveleranno accessibili all’alunno.

  3. Si adottano perciò obiettivi differenziati.

  4. In rapporto alle potenzialità che l’alunno manifesterà, si deve stabilire se il consolidamento va operato puntando: a) ad un livello di sufficiente sicurezza; b) al livello della padronanza; c) al livello di automatismo o di semiautomatismo (per gli apprendimenti che lo richiedano).

  5. Attività individualizzate in piccolo gruppo di alunni con analoghe difficoltà.

  6. Verificare se sono in atto processi di resistenza  all’impegno scolastico. In tal caso si punta a creare situazioni soggettive di adeguatezza per evitare un  vissuto di insuccesso scolastico e il verificarsi di situazioni di aggravamento e di esclusione.

Tipologia 2

Alunni che manifestano problemi funzionali nelle operazioni relative alle varie abilità di apprendimento (indipendentemente dalla comprensione, che può essere ottima):

  1. Difficoltà nella lettura e nella scrittura

  2. Difficoltà di attenzione

  3. Difficoltà nella memorizzazione

  4. Difficoltà nella “memoria di lavoro”

  5. Difficoltà di organizzazione dello spazio grafico

  6. Difficoltà di organizzazione delle sequenze operative (non dovuta a mancanza di comprensione)

  7. Accelerazione generale nelle operazioni relative alle diverse abilità, con esiti di forte confusione ed errori.

Protocollo Pedagogico-Didattico proposto

Rinvio al Servizio: In attesa dell’adozione – sotto la guida di esperti - di indicatori specifici per l’individuazione di disturbi nelle diverse abilità (in primo luogo per la disgrafia), ci si limita ad adottare il seguente criterio generale: se i problemi funzionali sembrano comportare non solo una lieve complicazione nelle operazioni relative alle diverse abilità, ma sembrano costituire un preciso impedimento all’adeguato esercizio delle abilità considerate, convocare la famiglia per orientarla al Servizio A.S.L..

Protocollo

  1. Il primo criterio è attenersi alla piena consapevolezza che si tratta di impedimenti di natura complessa che non vanno imputati semplicisticamente all’impegno dell’alunno.

  2. Si adottano interventi correttivi specifici, se conosciuti, oppure si compiono interventi correttivi consistenti in generale nell’indicare all’alunno tecniche di automonitoraggio e autocontrollo: focalizzazione dell’attenzione, rallentamento, verbalizzazione delle operazioni, ricorso ad espedienti specifici.

  3. Gli interventi correttivi devono essere dosati in modo da non costituire in alcun caso una forma di ”accanimento didattico” (che può accentuare il problema o ingenerare processi di fuga dalle attività disfunzionali e di resistenza generale all’impegno scolastico).

  4. Accanto agli interventi correttivi bisogna puntare, in alcuni casi in modo preminente, a valorizzare le funzioni di comprensione  e di produzione centrate sui significati e sugli aspetti sostanziali ( e non di buon funzionamento), per non deprimere le potenzialità dell’alunno e per alleggerire il peso degli aspetti disfunzionali.

  5. Verificare se sono in atto processi di fuga o di resistenza all’impegno motivati dal problema in questione. In tal caso si punta a creare situazioni soggettive di adeguatezza per evitare un  vissuto di insuccesso scolastico e il verificarsi di situazioni di aggravamento e di esclusione.

  6. Attività individualizzate in piccolo gruppo di alunni con analoghe difficoltà.

Tipologia 3

Alunni che manifestano difficoltà dovute a carenze culturali del contesto socioambientale.

Protocollo Pedagogico-Didattico proposto

Protocolli

  1. Attività individualizzate secondo un criterio compensativo, anche in piccolo gruppo.

  2. Incontri con i genitori per una buona conoscenza e comprensione della situazione.

  3. Eventuali contatti con il Servizio Sociale.

Tipologia 4

Alunni che manifestano resistenze all’apprendimento scolastico a causa della particolare situazione psicologica.

Possono esserci alcune situazioni psicologiche alla base di tale resistenza all’apprendimento scolastico, come ad esempio:

  • Abbandono del paese d’origine, a volte accompagnato dall’inizio di un impegno di lavoro della madre, prima totalmente a disposizione del bambino in quanto casalinga (il bambino può rifiutare il nuovo ambiente ritirandosi da ogni coinvolgimento, per timore o per una specie di ribellione);

  • Reazioni di rifiuto dell’attività di apprendimento      conseguenti a esperienze di insuccesso;

  • Tutti gli eventi che possono generare situazioni di gelosia (la nascita di un fratellino, ecc.);

  • Aspettative alte e rigide relative al successo scolastico in famiglia (fratelli e sorelle molto bravi, che il bambino teme di non riuscire a  raggiungere);

  • Problemi nella sfera affettiva, che inducono complesse reazioni nel comportamento verso l’attività scolastica;

  • ecc..

A volte la miscela di componenti psicologiche che portano ai comportamenti di ritiro e di rifiuto riceve l’innesco proprio dalle pressioni del docente, che crede in tal modo di “scuotere” l’alunno.

Protocollo Pedagogico-Didattico proposto

Rinvio al Servizio: si propone ai genitori l’invio al Servizio qualora i comportamenti di rifiuto siano accompagnati da vistosi segni di difficoltà relazionali e di sofferenza personale.

Protocolli

  1. Si cerca di approfondire il problema con i genitori per raggiungere una buona comprensione della situazione ed eventualmente  per individuare, possibilmente, l’origine della reazione di rifiuto.

  2. Mantenere a tutti i costi un buon rapporto con la famiglia curando con estrema attenzione la buona  comunicazione facendo sentire che ci si pone con essa in un rapporto di solidarietà  (non imputare mai colpe o responsabilità alla famiglia facendole capire che la si considera all’origine del problema).

  3. Evitare irrigidimenti nei confronti dell’alunno, pur richiamandolo al proprio dovere per non avvallare il disimpegno e la scarsa autostima. L’irrigidimento nei rapporti con l’alunno che presenta una vera e propria reazione di rifiuto va evitato anche a costo di creare, a volte, situazioni lievemente ambigue che permettano di non evidenziare le inadempienze con eccessiva frequenza, ecc.

  4. Favorire l’autostima valorizzando i successi e creando appositamente situazioni di sicuro successo, ove possibile.

  5. Valorizzare l’alunno con l’attribuzione di responsabilità all’interno della classe.  

  6. Eventuale attività individualizzata in piccolo gruppo.