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I tre fattori dell'interazione mediata
Dalla Teoria della Modificabilità Cognitiva Strutturale e dell’Esperienza Mediata possiamo vedere che nell’azione educativa interagiscono tre poli
Qual è il ruolo del mediatore? Per Feuerstein è ottimizzare il rapporto
tra l’individuo e il compito che rappresenta l’occasione per una esperienza di apprendimento.
Per ognuno di questi tre poli la Teoria dell’Apprendimento Mediato offre degli strumenti concettuali di analisi.
L’operato del mediatore si caratterizza attraverso i criteri della mediazione.
Nell’individuo, soggetto dell’azione educativa, vengono rilevate le funzioni cognitive carenti e che necessitano di ri-mediazione.
Il compito è analizzato mediante la carta cognitiva, che attraverso sette parametri ne evidenzia le caratteristiche.
Feuerstein
vuole sottolineare quali siano le caratteristiche dell’interazione mediata e ne fornisce i criteri che chiariremo fra poco.
«Mediatore» è chi agisce con queste caratteristiche. La figura del mediatore è, evidentemente, non ristretta all’ambito della educazione istituzionale, ma è un modo di rapportarsi che ha le sue prime e fondamentali applicazioni nell’ambito familiare e parentale.
L’interazione mediata, riflette, infatti, la spinta originata dal desiderio dell’uomo di perpetuarsi al di là della propria esistenza fisica e di proiettare nel futuro le modalità di pensiero e di azione che si sono rivelate essere le migliori.
E’ a questo desiderio che possiamo ricondurre tre aspetti fondamentali che connotano la qualità dell’interazione: l’intenzionalità e reciprocità, la trascendenza e il significato.
Questi tre fattori sono costitutivi dell’E.A.M. e si presentano come universali comparendo in ogni tempo e cultura.
Analizziamoli, perciò, più da vicino.
Intenzionalità e reciprocità: l’intenzionalità porta il mediatore a modificare i tre poli dell’interazione. Il mediatore, infatti, rende lo stimolo
funzionale a chi sta apprendendo, modifica se stesso per trovare le modalità migliori per entrare in relazione all’altro, coinvolge l’individuo che apprende nel processo. In quest’ultimo aspetto è riconoscibile
la reciprocità. Il dialogo che dapprima si realizza tra mediatore e mediato offre a chi sta
imparando un modello di apprendimento perché sollecita l’individuo a porsi in modo autonomo delle domande e attivare un processo di automediazione.
Trascendenza: questo criterio descrive la qualità della mediazione che va oltre gli obiettivi a breve termine del compito e dell’interazione per orientarsi verso principi generali ed obiettivi che trascendono il «qui ed ora».
Significato:
il terzo criterio, strettamente legato ai primi due è la mediazione del significato che riguarda l’aspetto motivazionale, il «perché e a che scopo?». Questo terzo criterio ha due fattori attivanti: il centrare il soggetto sull’esperienza, sulle relazione o i concetti importanti per l’apprendimento e dall’altra creare il bisogno di cercare un significato allargato o personale a ciò che si sta apprendendo.
Intenzionalità, trascendenza, significato sono fortemente correlati e non è, quindi, possibile definire una interazione in termini di E.A.M. quando uno di questi criteri sia assente.
Gli altri fattori che individuano l’E.A.M., non sono meno rilevanti e, incidendo in modo diverso nelle varie epoche e
società, sono alla base delle differenze culturali.
Anche se non abbiamo la possibilità in questa sede di approfondire tutti i criteri ci sembra utile riportarne l’elenco completo.
Criteri della mediazione:
Intenzionalità e reciprocità
Trascendenza
Mediazione del significato
Mediazione del sentimento di competenza
Mediazione della regolazione e del controllo del comportamento
Mediazione della condivisione
Mediazione dell’individualizzazione e della differenziazione
psicologica
Mediazione della scelta, ricerca e conseguimento di un obiettivo
Mediazione del comportamento di sfida, di ricerca della novità e della
complessità
Mediazione della consapevolezza della modificabilità dell’essere umano
Mediazione della scelta di una alternativa ottimistica
Mediazione del sentimento di appartenenza
Un particolare cenno merita, nel nostro contesto, la mediazione del sentimento di competenza. Competenza e sentimento di competenza non coincidono. La competenza ha a che fare con il saper fare qualche cosa mentre il sentimento di competenza
con la visione di se stessi come protagonisti del proprio fare.
La competenza può essere
originata anche dal solo addestramento: lo sviluppo del sentimento di competenza nasce, invece dalla riflessione ed è frutto, per Feuerstein, di una costruzione mediata.
In un intervento educativo ci sembra di particolare importanza sottolineare il ruolo che l’insegnante ha come mediatore del sentimento di competenza.
Troppe volte l’attenzione al risultato tende a sviluppare nell’allievo più la consapevolezza delle proprie carenze che l’attenzione al percorso attuato ed ai processi attivati.
A.1) FUNZIONI GENERALI
DEL
MEDIATORE IN UNA INTERAZIONE MEDIATA
Quali sono, in concreto, le azioni che il mediatore compie per rendere lo stimolo adeguato all’allievo? Possiamo così sintetizzarle:
filtrare e selezionare gli stimoli /le esperienze
organizzare ed inquadrare lo stimolo/l’esperienza nel tempo e nello spazio
regolare l’intensità, la frequenza e l’ordine di apparizione (la sequenza)
dei diversi stimoli
mettere in relazione i nuovi stimoli/ le nuove esperienze con eventi precedenti ed eventi che si verificheranno o potrebbero verificarsi in futuro
stabilire relazioni (causa - effetto, mezzo - scopo, identità, somiglianza, differenza, esclusività) tra gli stimoli percepiti
regolare ed adattare la risposta dell’individuo agli stimoli a cui è esposto
stimolare la rappresentazione e l’anticipazione in rapporto ai possibili
effetti di risposte diverse agli stimoli dati
interpretare ed attribuire significato e valore (affettivo,sociale,culturale) a stimoli/esperienze diverse
sollecitare motivazione, interesse e curiosità nel rapportarsi e nel
rispondere a stimoli diversi
(elaborazione David Sasson,
Materiale non pubblicato)
Le funzioni cognitive intervengono nell’interazione soggetto - mondo nel momento in cui questi cerca di dare significato agli stimoli che provengono dall’ambiente circostante. Sono delle abilità
che orientano il comportamento intellettuale dell’individuo,
dirigono i suoi processi di apprendimento e di decodifica dell’informazione e determinano la percezione e l’interpretazione del mondo. Feuerstein le definisce come «i prerequisiti del pensiero» .
Feuerstein fornisce un elenco delle funzioni cognitive carenti, suddiviso in Input-Elaborazione-Output, nato dall’osservazione, in contesto diagnostico, delle cause delle difficoltà più frequenti nella risoluzione di problemi. E’ attraverso un approccio analitico che il mediatore potrà impostare la propria azione per attivare e sviluppare le
funzioni inadeguate.
E’ importante sottolineare che gli aspetti emotivi-relazionali
del soggetto sono presi in carico dal mediatore consapevole che aspetti cognitivi ed affettivi sono, per usare un’espressione cara a Feuerstein, «le due facce della stessa moneta e si spendono insieme».
B.1) LISTA DELLE FUNZIONI COGNITIVE CARENTI
Input: le
Funzioni Cognitive
a questo livello comprendono le carenze quantitative e qualitative nella raccolta dei dati quando l’individuo si trova di fronte ad un oggetto, a un problema, a un’esperienza.
Percezione vaga e fluttuante.
Comportamento esplorativo non sistematico, impulsivo e non pianificato.
Mancanza o insufficienza di strumenti verbali ricettivi che influenzano la discriminazione (es: oggetti, avvenimenti, relazioni che non hanno etichette appropriate).
Mancanza o difetto di orientamento spaziale: mancanza di sistemi stabili che ostacolano la determinazione dell’organizzazione dello spazio in maniera topologica ed euclidea.
Mancanza o insufficienza di concetti di tempo.
Mancanza o insufficienza di permanenza delle costanti di fronte alla variazione di alcuni fattori (misura,forma,quantità,orientamento).
Mancanza di bisogno di precisione nella raccolta di dati.
Incapacità di considerare contemporaneamente due o più fonti di informazione.
Una difficoltà grave a livello dell’input può creare difficoltà anche nelle altre due fasi
Incapacità di percepire l’esistenza di un problema e di definirlo.
Incapacità di distinguere i dati rilevanti o irrilevanti al momento della definizione di un problema.
Mancanza di comportamento comparativo spontaneo o limitazione del suo esercizio a causa di un sistema di bisogni ridotto.
Ristrettezza del campo mentale.
Comprensione episodica della realtà.
Mancanza o insufficienza di bisogno di ragionamento logico.
Mancanza di interiorizzazione.
Mancanza di pensiero inferenziale e ipotetico.
Mancanza o insufficienza di strategie per verificare le ipotesi.
Mancanza o insufficienza di capacità di definire il quadro necessario alla soluzione di problemi.
Mancanza o insufficienza di comportamento di pianificazione.
Mancata elaborazione di categorie cognitive perchè le corrispondenti nozioni verbali non sono possedute dall’individuo a livello recettivo o espressivo.
Mancanza o insufficienza di comportamento sommativo.
Mancanza o insufficienza nello stabilire relazioni virtuali.
Output:
Funzioni cognitive inadeguate in questa fase possono condurre a fornire risposte inesatte anche se correttamente elaborate.
Modalità di comunicazione egocentrica.
Difficoltà di proiettare relazioni virtuali.
Blocco.
Risposta
per tentativi ed errori.
Mancanza o insufficienza di strumenti per comunicare risposte correttamente elaborate.
Mancanza o insufficienza di bisogno di precisione e di esattezza nella comunicazione delle risposte.
Trasposizione visiva insufficiente.
Comportamento impulsivo e di «passaggio all’atto»
La divisione in I - E - O ha una funzione operativa e vi è una interazione tra le tre fasi di estrema importanza per la comprensione del deficit e per l’impostazione dell’intervento di ri-mediazione
Ognuno di noi ha avuto esperienza di situazioni in cui si è trovato in difficoltà non tanto per il contenuto del problema quanto delle caratteristiche con cui veniva presentato.
La Carta Cognitiva costituisce uno schema concettuale per focalizzare il rapporto tra l’azione del soggetto e le caratteristiche del compito stesso e permette, quindi, di
localizzare aree problematiche specifiche ed apportare cambiamenti nella corrispondente dimensione.
La Carta Cognitiva analizza l’atto mentale attraverso sette parametri che ci permettono di descrivere ed interpretare l’esecuzione di un compito da parte
di un individuo. L’uso di questi parametri è fondamentale nell’interazione esaminatore - soggetto e nella formazione e convalida di ipotesi sulla localizzazione delle difficoltà del soggetto stesso.
Quali aspetti entrano in gioco nel momento in cui un individuo affronta un «compito» cioè una situazione problematica che deve essere risolta?
Insieme dei contenuti disponibili: le competenze
e le conoscenze individuali in qualsiasi campo specifico (lingua , matematica, scienze….) sono legate direttamente al retroterra educativo, personale e culturale. Contenuti che siano poco familiari all’individuo possono richiedere un tale sforzo per essere padroneggiati, da limitare la possibilità di cogliere precise indicazioni sulle funzioni ed operazioni cognitive implicate.
Modalità o linguaggio nell'espressione dell'atto mentale: le modalità
che possono essere verbali, figurative, numeriche, simboliche, grafiche .. o una combinazione di questi od altri codici, influenzano le prestazioni di ogni individuo. Il parametro della modalità è importante in quanto le capacità di elaborazione espresse da un soggetto riguardo ad un’unica modalità
possono non riflettere
la sua capacità rispetto ad un’altra modalità. Ad esempio , un soggetto può essere capace di risolvere un’operazione matematica con successo quando questa viene presentata in forma numerica e fallire rispetto allo stesso problema
formulato con modalità verbale.
Fasi delle Funzioni Cognitive richieste dall’atto mentale
: è
possibile ascrivere le difficoltà del soggetto alle singole fasi di Input - Elaborazione - Output. La quantità di intervento necessaria può essere valutata con maggiore esattezza attraverso una analisi dell’atto mentale all’interno delle tre fasi.
Operazioni cognitive richieste dall'atto mentale: l’atto mentale deve essere analizzato in relazione alle strategie e le regole mediante le quali l’informazione è organizzata, trasformata, manipolata e rappresentata per generare una nuova informazione. Delle operazioni possono essere relativamente semplici (identificazioni o confronto...), o complesse
(pensiero analogico, transitivo, moltiplicazione logica). Quando l’insegnante afferma di un allievo: «non è capace di cogliere relazioni» si riferisce a questo aspetto e …..si trova di fronte a una richiesta di «mediazione» inespressa.
Livello di complessità: il compito è analizzato attraverso il numero di unità di informazioni che contiene e il grado
di frequenza nell’ambito culturale . Il livello di complessità è dato dalla quantità e qualità delle informazioni implicate nell’atto mentale. Un esempio? Per noi leggere un romanzo
di seicento pagine
non è una gran fatica
ma un solo ideogramma cinese ci può mettere in difficoltà gravi. La complessità quindi non è solo un dato
quantitativo ma un rapporto tra quantità e qualità oggettiva/soggettiva del problema affrontato.
Livello di astrazione: questo parametro esprime la distanza tra l’atto mentale dato e l’oggetto o l’avvenimento sul quale esso opera. L’atto mentale che coglie la relazione fra oggetti è a livello di astrazione inferiore rispetto a quello
che si esplica nell’analizzare le relazioni tra relazioni.
Livello di efficienza dell'atto mentale: questo livello
può misurarsi attraverso un criterio oggettivo di rapidità e di precisione nell’esecuzione e attraverso un criterio soggettivo inerente la quantità di sforzo personale impiegato nella esecuzione del compito. La mancanza di efficienza può essere attribuita ad uno dei parametri esaminati o a più di uno, oppure ad una serie di fattori fisici, ambientali, affettivi e motivazionali che possono essere transitori o più insidiosi e persistenti. Il livello di efficienza riflette anche altri fattori, ad esempio,
il grado di consolidamento di un apprendimento e la sua più o meno recente acquisizione.
La Carta Cognitiva è un utile strumento per la valutazione dinamica dei processi cognitivi ed ha un ruolo fondamentale:
nella preparazione dei materiali didattici e nel loro uso nel processo di valutazione;
negli interventi di apprendimento mediato;
nell’interpretazione delle prestazioni del soggetto.