A proposito di anticipi….
Mentre da noi infuriava la polemica contro la sperimentazione Moratti, e i sindacati si schieravano compatti contro l’anticipo delle iscrizioni alla scuola dell’infanzia dei bambini che compivano 3 anni entro il 28 febbraio, in Francia i sindacati degli insegnanti proclamavano per il 6 settembre
uno sciopero contro la decisione del nuovo Governo di
diminuire le ammissioni alla scuola dell’infanzia dei bambini di 2 anni, considerate un lusso, non più
un’esigenza.
In Francia
Attualmente in Francia il 35% dei bambini di 2 anni frequenta la scuola dell’infanzia, rispetto al 99% di quelli fra i 3 e i 6 anni. Questa frequenza precoce si è sviluppata
in modo non omogeneo nelle varie situazioni territoriali fra il 1990 e il 2.000 in presenza di un calo della scolarità nelle elementari e materne di circa 250.000 allievi. E’ stato allora che gli ispettori hanno cominciato a consentire l’ammissione a scuola di bambini sempre più piccoli, per evitare la chiusura di numerose classi e relative proteste di insegnanti e genitori. Un altro motivo di
tale anticipo va ricercato nell’accresciuta concorrenza tra privato e pubblico. In alcuni comuni bretoni, ad esempio, per arginare spostamenti verso il privato, la scuola pubblica ha invitato i genitori
a preiscrivere i figli addirittura a partire dall'età di 18 mesi.
Le tendenze in atto
Non vi è dubbio comunque che, al di là delle specifiche contingenze, ci si trovi in
presenza di due tendenze convergenti che premono per accessi precoci, da un lato la crescente richiesta sociale di servizi per la primissima infanzia, che se inseriti nel sistema scolastico diventano gratuiti,
dall’altro l’abbandono di qualsiasi tratto assistenziale nei nidi da 0 a 3 anni a favore di spiccate caratteristiche educative. Si sta insomma ripercorrendo per i servizi riservati a questa fascia di età la stessa strada che portò in Italia gli antichi asili a diventare prima scuole materne poi scuole dell’infanzia. Passaggi non nominalistici ma di contenuto, che
negli anni ’70 furono sostenuti dalla gloriosa parola d’ordine “Il diritto allo studio comincia a tre anni”.
Spagna: dal precedente governo socialista una legge esemplare
A livello europeo una legge particolarmente avanzata sotto questo profilo è la LOGSE (Ley Orgánica de Ordenación General del Sistema Educativo) ossia la legge di riforma della scuola spagnola varata dal socialista Gonzales nel 1990. In essa tutta l’educazione prescolare, l’Educación infantil, da 0 a 6 anni è diventata parte integrante del sistema dell’istruzione, ed è suddivisa in 2 cicli,
0-3 e 3-6. Nel primo ciclo il rapporto insegnante/bambini è di 1/8 nelle sezioni con iscritti al di sotto dell’anno, di 1/13
da 1 a 2 anni, di 1/20
da 2 a 3 anni, mentre nel secondo ciclo di 1/25 in tutte le sezioni da 3 a 6 anni.
Un solo ciclo fra asili nido e scuole dell’infanzia: una prospettiva da perseguire
In Italia l’unificazione fra asili nido e scuole dell’infanzia
all’interno del sistema dell’istruzione
è ancora
molto lontana. Basti pensare che in Emilia Romagna dove pur ci sono esperienze d’avanguardia nel campo degli asili nido,
la separazione persiste persino nelle deleghe degli assessori, suddivise fra istruzione e servizi sociali. Nonostante ciò l’avvicinamento fra le due istituzioni ha fatto enormi passi in avanti e ormai motivi unicamente economici impediscono unificazioni istituzionali. Ciò a cui si assiste
sono timidi tentativi di parziali aggregazioni di fatto. Ad esempio la delibera applicativa della Legge regionale n.1/2000 dell’Emilia Romagna, prevede le così dette “sezioni primavera”, denominazione con la quale vengono indicate le sezioni di nido
che accolgono bambini in età 2-3 anni aggregate a scuole dell’infanzia. Tali sezioni trovano nella direttiva un riferimento specifico per quanto riguarda i rapporti numerici tra educatori e bambini: non superiore a 1/10.
Noi crediamo che perché possano svilupparsi processi
di inclusione di tutta l’educazione prescolare (0-6) nel sistema dell’istruzione occorrano non solo enormi investimenti, che devono essere pianificati e previsti con gradualità, ma in primo luogo un governo unitario della scuola dell’infanzia e degli asili nido. Quest’ultimo obiettivo sarà possibile solo se le Regioni assumeranno il governo di tutto il sistema educativo del proprio territorio, portando coraggiosamente a compimento il processo, ancora contraddittorio e parziale, di devoluzione dell'istruzione.
Tutto questo però non basta. Occorre anche la capacità e la volontà delle forze sociali e politiche di superare gli steccati esistenti, le attuali sterili contrapposizioni per guardare con lungimiranza a soluzioni come quella varata dal governo progressista spagnolo nel 1990.