Alcune considerazioni preliminari

di Alessandra Cenerini

L’assenza della politica

Prima di analizzare e commentare la proposta di riforma vogliamo esprimere una forte preoccupazione.

A nove mesi di distanza dalle elezioni, non vi è da parte del Governo un piano, nemmeno parziale, di investimenti per la scuola. La domanda preliminare, legittima e doverosa, è pertanto quali siano gli interventi nel campo dell’istruzione sui quali questo Governo intenda investire e non solo risparmiare.

Un paragone viene spontaneo, per contrasto, con un altro Governo europeo insediatosi nello stesso periodo, quello della Gran Bretagna. La lettura di quanto ha fatto il nuovo Ministro dell’istruzione Estelle Morris nell’ identico lasso di tempo (le elezioni nel Regno Unito si sono svolte nel giugno 2001), rende più eclatante il vuoto degli impegni del Governo italiano. I tre documenti elaborati fra luglio e novembre scorsi:  1. Education and Skills: A Strategy to 2006 (PDF); 2. White paper: schools achieving success(PDF); 3. Education Bill 2001(PDF), testimoniano una politica fatta di puntuali obiettivi di innalzamento dei livelli di istruzione e di precise quantificazioni di investimenti e relative scadenze. Valga per tutti un solo esempio: la politica verso la scuola dell’infanzia. In un paese che ha già l’obbligo di frequenza a cinque anni, il nuovo Ministro dell’Istruzione inglese, e insieme a lei il Governo, ha sancito che entro il 2004 sarà garantito un posto gratuito nella scuola dell’infanzia per tutti i bambini di 3 e 4 anni (53.000 nuovi posti già dal 2002), contemporaneamente sarà aumentato il tempo scuola e saranno assicurati ulteriori servizi di assistenza e cura per la prima infanzia sulla base delle necessità dei genitori. Se passiamo all’Italia, verifichiamo che nello stesso periodo l’unico intervento in materia è stato il tentativo di decurtare i finanziamenti alle scuole dell’infanzia comunali e private, che come noto suppliscono la mancanza di quelle statali.

Non è un caso, d’altra parte, che l’Inghilterra figuri ai primi posti nel rapporto OCSE-PISA, così che si può ben dire che il motto della prima campagna elettorale di Blair, "Education, Education, Education", non sia stato uno slogan pubblicitario, ma l’assunzione di una reale priorità nazionale, nella convinta consapevolezza che nel secolo in cui siamo entrati è la "conoscenza" diffusa e quindi l’"istruzione di tutti" il motore dello sviluppo sociale ed economico.

Non ci sono segnali in Italia di una simile consapevolezza, purtroppo.

Se poi lasciamo l’Europa per andare oltreoceano, vediamo che anche un governo conservatore come quello del repubblicano G.W Bush, esprime un’altissima considerazione dell’istruzione: l’8 gennaio 2002, a meno di un anno dal suo insediamento, ha varato, con l’accordo dell’opposizione democratica, la prima riforma complessiva dell’istruzione dal 1965, l’Education Act "No child left behind" ("Nessun bambino rimarrà indietro"), un insieme di misure a favore dell’istruzione pubblica che comportano un aumento degli investimenti di 26 miliardi di dollari.

Quanto intende investire il Governo italiano per la scuola, che non siano risparmi operati sul personale o sulla diminuzione della durata dei percorsi scolastici? Nulla, è la triste risposta.

C’è allora bisogno in Italia di un forte "movimento educativo" che superi sterili contrapposizioni ideologiche. C’è bisogno che gli insegnanti si aprano all’esterno, non si arrocchino nella difesa dello status quo, e contribuiscano alla costruzione di un ampio schieramento di forze che rivendichi l’innalzamento dell’istruzione di TUTTI i ragazzi , come priorità del nostro Paese.

 

I ritardi nell'elaborazione culturale

 

Nessun passo avanti è stato fatto sul versante dell’elaborazione culturale, anche se non era questo il compito del Gruppo di lavoro, né poteva trovare spazio nel progetto di revisione della legge sui cicli. Noi crediamo però che finché la riforma dell’organizzazione del sistema scolastico non procederà di pari passo con la ricerca e l’elaborazione dei curricoli e degli standard formativi e con il sostegno alle scuole autonome perché sperimentino nuove modalità di organizzazione degli apprendimenti, pochi passi saranno fatti nella direzione del miglioramento e dell’innovazione. La continua focalizzazione del dibattito sull’ingegneria istituzionale, non fa che alimentare antiche e sterili contrapposizioni, come quelle, cicliche, sul liceo classico, una scuola che è diventata del tutto minoritaria nel panorama complessivo della secondaria di secondo grado, e che continua a registrare una costante e progressiva diminuzione di iscritti e un fortissimo processo di femminilizzazione.
Difese simili, d’altra parte, si sono verificate anche altrove, ma sono state assunte per quello che sono, aspetti parziali, che non hanno influito sul processo complessivo di riforma. Vogliamo ricordare ad esempio, per continuare il paragone con l’Inghilterra dal quale siamo partiti, che anche là ci sono state e continuano ad esserci strenue difese del liceo classico, la loro nobile "grammar school". Esistono tuttora comitati che la sostengono con manifestazioni e volantini, come il recente "SOS", che non sta per l’originario " Save Our Souls" ( Salvate le nostre anime"), ma per il più terreno "Save Our Schools" ( Salvate le nostre scuole). Ma tutto questo è a margine di un processo di riforma che procede incessante da vent’anni, con continue revisioni e aggiustamenti.

Ugualmente va sottolineato che la proposta di terminare il percorso scolastico a 18 anni, con il raggiungimento della maggiore età, proposta che è di per sé giusta e importante, potrà essere assunta senza laceranti contrapposizioni, solo se si lavorerà preventivamente sui contenuti, gli obiettivi e gli standard delle varie tappe del percorso formativo, rendendo espliciti quali sono i "tagli" che si possono operare senza pregiudicare, anzi migliorare i livelli formativi.

 

Le proposte esaminate e la documentazione fornita

 

La nostra analisi e le nostre proposte si sviluppano in due parti con riferimento a:

  1. "Sintesi" del Gruppo di lavoro, perché è l'unico documento riconosciuto e firmato da tutto il Grl ( il primo rapporto a firma del solo presidente Bertagna non è stato condiviso dall'intero gruppo). E' inoltre un documento che anche in presenza del Progetto di legge, mantiene validità per l'insieme delle questioni affrontate che vanno oltre l'articolato del disegno di riforma e si ripresenteranno in sede di provvedimenti applicativi.

  2. Progetto di legge, presentato l'11-01-02 dal Ministro Moratti al Consiglio dei Ministri

La documentazione che forniamo consiste in:

  1. Sintesi a cura dell'ADi del "Documento di sintesi del Gruppo di lavoro"

  2. La comparazione fra il testo del Progetto di legge Moratti e la Legge di Riordino dei cicli (Legge 30/2000)