Qual è la relazione tra l’allocazione delle risorse e le performance degli studenti?

Cosa dice il Focus n. 44

Una delle costanti dei risultati di PISA è la debole relazione che intercorrerebbe tra risorse impiegate in educazione come quelle  finanziarie, materiali e umane, con le performance degli studenti.

 Per paesi con una spesa cumulativa inferiore a 50000 dollari USA per studente di età fra 6 e 15 anni, la relazione tra risorse economiche e performance è significativa. Ma per Paesi con alti redditi e conseguente spesa superiore in istruzione, altre sono le variabili che predicono meglio il successo scolastico in termini di punteggi nei test PISA. La conclusione è che, oltre un minimo livello di spesa per studente, un sistema scolastico necessita di più che dei soli finanziamenti.

L’equità nell’allocazione delle risorse è importante sia per l’equità nelle opportunità educative sia per la relazione che ha con le performance del sistema educativo complessivo. I Paesi e le economie con le migliori performance allocano le risorse in modo più equo tra le scuole, senza riguardo al loro profilo socio-economico. Ad esempio in Paesi come Estonia, Finlandia, Germania, Corea e Slovenia, che hanno punteggi in matematica superiori alla media OCSE, i dirigenti scolastici di scuole svantaggiate dichiarano di avere risorse per l’educazione adeguate, più di quanto non lo dichiarino i dirigenti di scuole avvantaggiate.

Ma purtroppo, in molti sistemi scolastici, le risorse non sono allocate in modo da favorire l’equità. In media infatti  nei paesi OCSE le scuole svantaggiate hanno sì classi meno numerose, ma per altro verso carenza di insegnanti e sussidi didattici e materiali e infrastrutture inadeguati rispetto alle scuole che sono invece avvantaggiate dal punto di vista dello status socio-economico degli studenti.

Questo è evidente negli USA, il secondo paese con il più basso grado di equità dopo il Messico, dove il 25% di studenti svantaggiati frequenta scuole i cui dirigenti dichiarano che la carenza di risorse educative ostacola in modo determinante la possibilità di fornire una istruzione adeguata. Queste scuole sono frequentate solo dal 15% di studenti in vantaggio socio-economico. Situazioni simili si hanno ad esempio in Nuova Zelanda o Lussemburgo, dove un maggior numero di studenti in svantaggio socio-economico rispetto a quelli avvantaggiati frequenta scuole con risorse carenti. Tali differenze aumentano nei Paesi dell’America Latina, compresi i paesi OCSE Cile e Messico.

Queste differenze di equità tra stati OCSE possono giustificare in parte le differenze di performance PISA.  Tenuto conto del PIL pro capite, il 19% della variazione delle performance in matematica tra tutti i Paesi ed economie che hanno partecipato a PISA 2012 può essere spiegato dalle risposte dei dirigenti scolastici sull’adeguatezza: dei laboratori scientifici, dei computer, della connettività a internet, delle biblioteche, dei software dedicati alla didattica, dei libri di testo. Almeno il 30% della variazione nei punteggi in matematica tra i Paesi OCSE può essere spiegata dal modo in cui sono equamente o meno distribuite le risorse per l’educazione.
Tra i Paesi e le economie in cui i dirigenti scolastici hanno riferito che una carenza di risorse educative ostacola l’apprendimento degli studenti meno di quanto ci si aspetti, in media, tra i paesi OCSE, l’equità nell’allocazione delle risorse non è necessariamente legata all’adeguatezza, o alla migliore qualità percepita delle stesse; e l’adeguatezza delle risorse non è neanche in relazione con la performance media del sistema scolastico. Tra i Paesi come Australia, Singapore e Qatar, del gruppo in cui maggiore è il numero di studenti di scuole i cui dirigenti affermano che le risorse sono adeguate, sono presenti livelli molto differenti di equità nell’allocazione delle risorse: da alta (Singapore), a moderata (Qatar), a bassa (Australia).

In conclusione:
i sistemi scolastici con migliori performance allocano le risorse in modo più equo tra studenti socio-economicamente svantaggiati e avvantaggiati. Supportare scuole svantaggiate non vuol necessariamente dire dare più risorse economiche, ma piuttosto risorse umane e materiali di elevata qualità.

COMMENTO

In questo, come in altri casi, è opportuno osservare i risultati con molta cautela, perché si basano sul “percepito” cioè sulle opinioni dei capi di istituto, senza che vi siano (come a volte può avvenire) punti di riferimento oggettivi provenienti da dati di altra fonte. Mentre l’adeguatezza (in questo contesto intesa come quantità) di risorse può contare su dati provenienti da statistiche OCSE, la equità no.
Infatti. Se si  osservano i diagrammi riportati, si vede come, ad esempio, i dirigenti scolastici italiani siano complessivamente più soddisfatti dei canadesi o di quelli di Shangai … e sappiamo le performance di questi due Paesi quali sono. Molto soddisfatti  risultano anche i dirigenti scolastici del Portogallo. Evidentemente le aspettative e pertanto le ragioni di certe risposte ai questionari variano da Paese a Paese in modo sostanziale.

 Due elementi possono influire.
Il primo elemento è la tendenza degli intervistati a dare risposte socialmente accettabili, ma che non corrispondono necessariamente alla realtà. Un esempio curioso è stato riportato in una analisi secondaria concernente le risposte ai questionari somministrati al campione di scuole partecipanti alla somministrazione Invalsi del maggio 2014. Nelle loro risposte. I dirigenti scolastici del Sud avrebbero garantito della formazione equieteronoma delle loro classi, mentre l’analisi dello status degli allievi, operato attraverso le risposte degli allievi ai questionari di accompagnamento delle stesse prove, avrebbe fatto ipotizzare una notevole segregazione sociale.
La seconda ragione è che la percezione del singolo è sempre relativa al suo contesto. Frequentemente i quindicenni dei Paesi meno performanti si dichiarano in PISA più interessati e/o più convinti del proprio valore di quelli che dimostrano nelle prove di sapere di più. Non è malafede, è mancanza di punti di riferimento diversi dai propri. Un tema che andrebbe indagato a fondo anche in Italia. Perché non si può migliorare se non si è convinti che c’è ragione di farlo.
Ma quando si dice risorse cosa si intende precisamente?
Nel 2012 si parla della matematica. Le occasioni più numerose, e nonostante tutto possiamo ancora dire nel complesso migliori, per imparare la matematica gli studenti le incontrano a scuola. Trattandosi di un codice non linguistico c’è una minore determinazione sociale e spesso gli studenti meno avvantaggiati, ma di pronta intelligenza, trovano in queste aree di competenza la via di uno sviluppo intellettuale e sociale. Sono cruciali dunque insegnanti preparati. In fondo per fare matematica i materiali necessari e più importanti restano sempre lavagna e gesso, senza con questo nulla togliere all’efficacia degli altri sussidi didattici. Quindi è probabilmente per questo che anche risorse umane di migliore qualità e distribuite più equamente in questo settore possono dare risultati scolastici migliori. In questo senso i migliori docenti di matematica potrebbero essere intesi come risorsa per equilibrare il sistema, ovviamente in modo almeno parziale. Tenuto conto della penuria che comincia a esserci in questo campo  bisognerebbe cercare di valorizzarla come si fa in altri paesi, anche in Italia.

Una distribuzione di risorse senza tener conto delle differenze socio-economiche tra scuole è quindi in contrasto con quanto ben messo in evidenza nel Focus, dove la retta che meglio approssima i punti del grafico della relazione tra performance matematiche ed equità di allocazione delle risorse, mostra la consistente relazione presente. Ancora una volta è opportuno sottolineare che queste tesi PISA vanno comunque manipolate con molta cautela. Pensare che due Paesi abbiano sistemi scolastici simili e confrontabili facilmente perché hanno punteggi nelle performance matematiche simili e quasi lo stesso indice di equità nell’allocazione delle risorse lascia perplessi, come dimostra la situazione apparentemente sovrapponibile di Norvegia e Kazakshtan mentre è ragionevole pensare che qualche differenza nei sistemi scolastici ce l’abbiano!

Un limite della impostazione PISA, più volte sottolineata, è la scarsa collocazione storica ed antropologica delle analisi che può fare ipotizzare risultati miracolistici semplicemente trasportando “migliori pratiche” da un Paese all’altro. Nella ricerca a livello internazionale del campo pedagogico soprattutto europea sembra avanzare una graduale accettazione della utilità di tale indagini internazionali dopo le contrarietà o le indifferenze iniziali, mentre si sottolineano – probabilmente giustamente – le riserve di cui sopra. Esemplare in questo senso la produzione  della rivista Research in Comparative and International Education (n.3 2013)

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