TESTO INTEGRALE DEL PARERE DEL CNPI

       All’On.le Ministro

S E D E

      Oggetto:Parere su “Disegno di legge-delega recante  norme generali sull’istruzione e sui livelli essenziali delle prestazioni in  materia di  istruzione e di formazione professionale”

Adunanza dell’11 aprile 2002

IL CONSIGLIO NAZIONALE DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE

Vista la nota prot. n.1399/UL B9 del 25 febbraio 2002, con la quale l’Ufficio Legislativo ha chiesto il parere del C.N.P.I. in merito all’argomento in oggetto;

Visti gli artt. 24 e 25 del D. L.vo n. 297 del 16.4.1994;

Vista la relazione della Commissione consiliare, appositamente costituita per l’esame istruttorio, ed incaricata di riferire al Consiglio in ordine all’argomento in oggetto specificato;

dopo ampio ed approfondito dibattito,

ESPRIME QUANTO SEGUE :

Premessa: le ragioni di una scelta

La richiesta di parere sul Disegno di Legge di Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale, è stata formalizzata solo in data 25 febbraio 2002 quando, il CNPI , ritenendo non più sostenibile il silenzio su una vicenda assolutamente decisiva per il sistema educativo di istruzione e formazione del Paese, si era già attivato per una pronuncia di propria iniziativa. Pur apprezzando il proposito dell’Amministrazione, il CNPI non può esimersi dal sottolineare la tardività di un coinvolgimento che giunge al termine di una lunga fase istruttoria, conclusasi con la predisposizione ed il varo da parte del Governo di una specifica iniziativa legislativa, che comporta il naturale trasferimento sia del dibattito tecnico-professionale sia di quello politico-istituzionale esclusivamente nella sede parlamentare, affidandone la responsabilità degli esiti al confronto tra le forze politiche, che appare già chiaramente delineato e sedimentato, anche per effetto delle articolate valutazioni e delle intese maturate nel confronto tra Governo e Conferenza unificata Stato-Regioni.

Il CNPI, inoltre, facendo propri gli orientamenti, le considerazioni e i rilievi emersi dai Comitati Orizzontali chiamati a contribuire alla predisposizione del presente parere, ritiene di non poter sottacere l’avvenuta riproposizione da parte dell’Amministrazione di un percorso istruttorio che non ha saputo prevedere adeguate forme e modalità di coinvolgimento e partecipazione delle scuole e dei suoi operatori, la cui stragrande maggioranza - totalmente esclusa dai circuiti delle “consultazioni” - lamenta e denuncia un deficit informativo, quale fonte non trascurabile delle diffuse tensioni e preoccupazioni che si agitano nella scuola stessa, da tempo oramai scossa da annunci riformistici che – fatta eccezione per i provvedimenti attuativi dell’Autonomia e dell’elevamento dell’obbligo di istruzione – non riescono a superare lo stadio dell’intenzionalità, anche perché non sufficientemente sostenuti nella fase di realizzazione.

Per le ragioni suddette, il CNPI esprime l’avviso che destinatari del parere, oltre che l’Amministrazione richiedente, debbano essere il Parlamento e le scuole. Da ciò consegue la scelta redazionale di un parere caratterizzato da profili di essenzialità e condivisione, escludendo una conclusione standardizzata in termini di “favorevole” o “contrario”, inevitabilmente divaricante e facilmente strumentalizzabile. Essenzialità in quanto, rinunciando al metodo emendativo utilizzato in altre occasioni, nell’analisi del testo del DDL di Delega si è proceduto all’evidenziazione dei “nodi” ritenuti maggiormente problematici. Condivisione, giacché, pur avendo i singoli Consiglieri e le varie Delegazioni rappresentate nel Consiglio ovviamente maturato propri convincimenti e specifiche valutazioni di merito sull’intero provvedimento, si è optato per la registrazione dei punti di totale convergenza, al fine di valorizzare il parere stesso, quale possibile contributo propositivo al dibattito parlamentare e strumento di comunicazione orientativa utilizzabile per la discussione nelle scuole.

Questioni fondamentali: aspetti di metodo

Il CNPI. condivide la necessità di una iniziativa parlamentare finalizzata alla riconsiderazione complessiva del sistema di istruzione e formazione tenendo conto del ridisegno delle competenze dello Stato e delle Regioni operato dalla recente legge di modifica del Titolo V della parte seconda della Costituzione.

Il CNPI ritiene però che la Legge Delega non sia lo strumento adeguato per affrontare tale riforma.

Una riforma di tale rilevanza dalla quale dipende il futuro culturale, sociale ed economico del paese deve essere il frutto del confronto più ampio possibile con il coinvolgimento del mondo della cultura, delle forze sociali ed economiche, delle organizzazioni ed associazioni professionali, della scuola e soprattutto del Parlamento, sede della sovranità popolare dove pluralismo politico, culturale, religioso e specificità territoriali trovano compiuta sintesi.

La Legge Delega, infatti, attribuisce al solo Governo, previo parere delle competenti Commissioni Parlamentari e sentita la Conferenza Unificata Stato Regioni, la facoltà di emanare uno o più Decreti Legislativi che riguardano, tra l’altro:

·        le norme sulla valutazione degli apprendimenti e della qualità del sistema educativo di istruzione e formazione;

·        l’individuazione del nucleo essenziale dei piani nazionali di studio relativamente agli obiettivi specifici di apprendimento, alle discipline e alle attività obbligatorie e ai limiti di flessibilità interni all’organizzazione scolastica;

·        la determinazione delle modalità di valutazione dei crediti scolastici.

L’iter legislativo previsto vanifica, dunque, il diritto delle rappresentanze della scuola ad esprimere le proprie indicazioni in materia di riforma degli ordinamenti e non riconosce al CNPI la potestà di formulare il parere in ordine ai piani di studio, agli standard di apprendimento, alla valutazione dei risultati, al quadro orario degli insegnamenti obbligatori, ed a quant’altro la normativa vigente contempla. Ne consegue il rischio di vedere la scuola costretta a subire una riforma che dovrebbe invece ottenere quel consenso indispensabile in vista di una sua piena realizzazione e del suo radicamento nel tessuto sociale.

Tutte le volte che il CNPI ha espresso pareri o si è pronunciato su provvedimenti di innovazione metodologico-didattica o su iniziative di riforma ordinamentale in materia scolastica, ha costantemente evidenziato il ruolo decisivo e ineludibile delle scuole e dei suoi operatori. Il CNPI è profondamente convinto che obiettivo prioritario e irrinunciabile di qualsiasi processo riformatore debba consistere nell’effettivo e verificabile innalzamento della qualità dell’offerta formativa per rendere generalizzato e concretamente esigibile il diritto costituzionalmente garantito all’istruzione ed alla formazione. II perseguimento di questi obiettivi è sicuramente legato alla predisposizione di tutte le necessarie condizioni di fattibilità, ma è altrettanto subordinato al livello di coinvolgimento, corresponsabilizzazione e condivisione di tutte le componenti che danno vita alla comunità scolastica, a partire dal personale docente. Protagonisti veri di qualsiasi riforma sono sostanzialmente coloro che hanno il compito di realizzarla.

A tal proposito è il caso di ricordare che, proprio i docenti e le scuole, in più di una circostanza, hanno anticipato e promosso processi innovativi, successivamente generalizzati e ricondotti ad ordinamento per tutto il territorio nazionale.

La storia e l’esperienza pregressa ci insegnano, infatti, che le riforme più autentiche e durature sono state proprio quelle partite dalle scuole o che nelle scuole hanno trovato sostegno e validazione.  Eludere o sottovalutare questo passaggio, come sta avvenendo nel caso in esame, rischia quindi di delegittimare qualsiasi percorso riformatore esponendolo, quanto meno, a serie probabilità di insuccesso.

Il CNPI ribadisce, pertanto, la richiesta al governo e al Parlamento di recuperare un fattivo coinvolgimento delle scuole.

L’ordinamento tuttora vigente, anche per effetto della recente proroga legislativamente disposta, affida al CNPI - tra l’altro – l’importante e delicata funzione di esprimere “… anche di propria iniziativa, pareri su proposte o disegni di legge e in genere in materia legislativa e normativa attinente alla pubblica istruzione” (D.L.vo 297/94, art. 25, comma 1, lett. c). Addirittura, “nei casi di questioni generali in materia di programmazione dello sviluppo della scuola e di contenuti culturali e didattici, nonché di riforma di struttura di uno degli ordini scolastici, il parere è obbligatorio” (ibidem, comma 2).

Tale prerogativa, in particolare, è stata anche esplicitamente richiamata dall’art. 8 del D.P.R.  275/99, allorché declinando le competenze del Ministro in materia di definizione dei curricoli, ne ha subordinato l’esercizio al previo parere delle competenti commissioni parlamentari, “sentito il CNPI…”.

Il CNPI in tutta la sua storia ha costantemente esercitato questa funzione – e talvolta ha dovuto rivendicarla – non soltanto nella sua veste di organo di consulenza tecnico-scientifica del Ministro/Presidente, ma anche e soprattutto come massimo organo collegiale democratico di rappresentanza del personale della scuola.

Il CNPI esprime, quindi, preoccupazione e dissenso per l’assoluta mancanza, nell’articolato e nella Relazione illustrativa del DDL di delega, di richiami al ruolo del CNPI nella procedura di definizione dei Decreti Legislativi di attuazione e gestione della Delega da parte del Governo; omissione ritenuta gravissima e inaccettabile - in particolare – in relazione ai previsti Regolamenti sulle materie elencate alle lettere a), b) e c) dell’art. 7, comma 1, la cui procedura attuativa chiama in causa esclusivamente le Commissioni parlamentari e la Conferenza unificata Stato-Regioni.

Accanto alla denuncia della suddetta omissione, il CNPI rivendica il diritto - dovere ad esprimere il proprio contributo tecnico- professionale, nella definizione dei provvedimenti attuativi della riforma, una volta licenziata dal Parlamento.

Questioni fondamentali: aspetti di merito

Lo Stato, a norma del dettato di cui all’art. 3, lett. n, della L. 3/2001, ha legislazione esclusiva in materia di “norme generali sull’istruzione”. A parere del CNPI ne consegue che spettano allo Stato: la definizione degli obiettivi e degli standard formativi; la valutazione della qualità dell’offerta formativa; la regolamentazione dell’autonomia scolastica; la disciplina dello stato giuridico dei docenti; la tutela della libertà di insegnamento e di apprendimento e dei diritti degli studenti e delle famiglie. Sempre a parere del CNPI spettano, invece, alle Regioni, alle Province ed ai Comuni, a norma del Decreto l.vo 112/98 e della L. 3/2001 competenze in materia di programmazione dell’offerta formativa sul territorio. E’ legittimo, pertanto, ritenere che ogni sovrapposizione di compiti e di potestà non risponde allo spirito ed al dettato del nuovo Testo costituzionale, che tiene ferma la distinzione sussistente tra la funzione istituzionale della scuola, affidata allo Stato e le nuove competenze delle Regioni e degli Enti territoriali e locali in materia di istruzione e formazione professionale.

La scuola è servizio alla persona e come tale va garantita nell’esercizio della sua funzione istituzionale, ovvero nell’azione volta ad assicurare a tutti gli studenti, al cittadino, pari opportunità formative; in tal senso, trova piena legittimazione la unitarietà del sistema formativo, e trova significato e senso l’obbligo fatto allo Stato di garantire i livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale. Ogni altra interpretazione, volta a consentire la devoluzione alle Regioni di poteri e compiti spettanti allo Stato, è in netto contrasto peraltro con quanto previsto dal riformulato art. 117, commi 3 e 6 della nostra Costituzione, e non tiene in giusta considerazione la complementarità tra gli insegnamenti impartiti ed il valore legale del titolo di studio e la sua spendibilità in ambito comunitario.

Il CNPI non condivide la previsione di riservare alle Regioni una quota orario dei piani di studio in quanto ciò comprometterebbe l’autonomia didattica ed organizzativa delle istituzioni scolastiche, da garantire a norma dell’art. 21 della L. 59/97 e del DPR 275/99. Questo anche a sottolineare la necessità di dover assicurare l’unitarietà dell’offerta formativa su scala nazionale, ferma restante l’esigenza di fornire modalità di integrazione tra scuola e territorio, nella prospettiva della piena realizzazione della persona, in quanto cittadino e lavoratore.

Il DDL di delega contiene l’affermazione che i decreti legislativi di attuazione della riforma debbono risultare coerenti con il “principio” di autonomia delle istituzioni scolastiche, le cui competenze vanno rispettate unitamente a quelle conferite ai diversi soggetti istituzionali.

Il CNPI condivide la necessità di questo riferimento, ma lo considera insufficiente, giacché il principio dell’autonomia è stato già assunto nel nostro ordinamento, riconosciuto a rango costituzionale dalla legge 3/2001 ed attuato nelle scuole dove, sulla base delle specifiche responsabilità dei docenti, ha dato vita a nuovi modelli organizzativi e funzionali incentrati sulla progettazione curricolare, alla quale vanno forniti ulteriori supporti in linea di continuità con il generalizzato e condiviso processo riformatore.

Sempre il linea di continuità con i processi in atto, il CNPI esprime l’avviso che debbano essere assicurate maggiori opportunità per l’esercizio generalizzato del diritto alla formazione lungo tutto l’arco della vita favorendo lo sviluppo dell’educazione permanente.

Il CNPI ritiene che la valutazione del sistema dell’istruzione e della formazione non possa essere affidata esclusivamente al sistema nazionale di valutazione e riconosce alla scuola dell’autonomia, sulla scorta di positive esperienze già validate nell’ambito di iniziative nazionali, la prerogativa dell’autovalutazione, anche perché elemento costitutivo dell’attività progettuale. Ne consegue che il monitoraggio dei risultati e dei processi e la loro valutazione su scala nazionale debbano trovare una giusta loro collocazione all’interno della progettualità mirata al miglioramento della qualità dell’offerta formativa.

Il CNPI non condivide la scelta, a regime, dell’anticipo a due anni e mezzo per la frequenza della scuola dell’infanzia e a cinque anni e mezzo per la frequenza della scuola elementare sia perché la scelta adottata nell’articolato non tiene conto della storia, della cultura e dell’esperienza della scuola dai tre ai sei anni, sia perché lascia trasparire un’idea di scuola come servizio, in cui prevale il carattere assistenziale su quello educativo. Il CNPI sottolinea, inoltre, la significativa rilevanza che assume la previsione dell’anticipo della frequenza scolastica e, conseguentemente dell’obbligo, su tutte le istituzioni ricomprese nell’intero sistema pubblico di istruzione e formazione. Se si considera, infine, che la possibilità d’ingresso anticipato nel sistema scolastico, oltre che all’opzione delle famiglie viene subordinata anche ai “limiti posti alla finanza comunale dal patto di stabilità” (art. 7, comma 4 del DDL di Delega) - limiti che notoriamente risultano diversificati nelle varie aree del Paese e, talvolta, all’interno delle stesse, ne consegue un ulteriore elemento di discriminazione e di casualità che, a giudizio del CNPI, incide sull’attendibilità istituzionale e sociale dell’obiettivo che si intenderebbe perseguire (l’uscita anticipata dal sistema).

Sul piano dei principi, il CNPI ritiene che l’obbligo scolastico di cui alla Legge 9/99 e l’obbligo formativo di cui all’articolo 68 della Legge 144/99 rappresentino norme complementari finalizzate a garantire pari opportunità formative a tutti gli studenti. Il CNPI ritiene, infatti, che secondo le leggi vigenti sopra citate, non c’è contrapposizione tra obbligo scolastico e obbligo formativo che si configurano come momenti in successione ed interagenti all’interno di un percorso di istruzione e formazione unitario, anche rispetto agli sbocchi successivi nel sistema d’istruzione superiore, sia quello integrato non universitario (IFTS), sia quello universitario.

Sul piano del metodo, il CNPI rileva come la nuova disciplina di questa materia proposta dal d.d.l.  di delega susciti profonde perplessità. Al riguardo rileva che, a fronte dell’ammissione esplicita di una necessaria “gradualità” nell’attuazione delle nuove disposizioni sull’obbligo scolastico e formativo, connessa alle disponibilità finanziarie, non vi è alcun riferimento alla disciplina transitoria.  Infatti, in vista dell’attuazione a regime del nuovo ordinamento, sarebbe necessario prevederne sia i termini di attuazione, sia la decorrenza degli effetti abrogativi delle norme sopra richiamate, attualmente in vigore, di cui verrebbe sancito il “superamento”.

Sul piano del merito, il CNPI esprime l’avviso che l’affermazione condivisibile, ma estremamente generica, della “pari dignità” dei vari percorsi di fruizione del suddetto diritto-dovere per almeno 12 anni o, comunque, fino al conseguimento di una qualifica, ancorché dichiarato quale “ dovere legislativamente sanzionato”, non fornisce adeguate garanzie circa l’effettiva uguaglianza delle opportunità formative che i diversi percorsi dovrebbero, invece, assicurare.

Infatti , né nell’articolato né nella relazione illustrativa appare esplicitata la necessità di una preliminare definizione delle conoscenze e delle competenze, in grado di garantire indistintamente a tutti i giovani quei “diritti di cittadinanza” necessari ed indispensabili per affrontare positivamente o la prosecuzione degli studi o l’inserimento nel mondo del lavoro. Ciò è motivo di grave preoccupazione.

Il CNPI è convinto, infatti, che in assenza di tali garanzie la possibile diversificazione delle scelte di percorso, ancor più se precocemente consentite o indotte dall’ordinamento, anche e non solo per effetto degli anticipi richiamati, comporti la precostituzione di una irreversibile condizione di selezione, una selezione socialmente intollerabile.

Conclusivamente, il CNPI ritiene che l’obbligo fatto allo Stato - a norma dell’art. 34 della Costituzione - di garantire tutte le condizioni indispensabili perché la scuola promuova e favorisca il riscatto sociale di quanti si trovano in situazione di povertà culturale ed economica e, nel contempo, assicuri percorsi di eccellenza a coloro che hanno capacità e competenze per compierli, deve, quindi, trovare fondamento nell’innalzamento generalizzato e unitario dei livelli di istruzione.

Per quanto riguarda la formazione dei docenti, prevista dell’art. 5, del d.d.l. di delega, il CNPI condivide il principio di una formazione iniziale universitaria, di pari dignità e durata per tutti i gradi dell’istruzione, ma ritiene che detta formazione sia anche affidata ad istituzioni di grado universitario.  Valuta, invece, negativamente l’affidamento esclusivo all’Università della formazione in servizio rispetto a figure di docenti (ibidem, lettera g), peraltro prive di una precisa configurazione giuridica e di un ben definito status professionale.

Pur ritenendo necessaria la presenza di funzioni di supporto all’attività didattico-organizzativa nella scuola dell’autonomia, mal si comprende come la formazione di queste competenze possa essere affidata esclusivamente all’Università prescindendo dai possibili apporti che possono derivare dalle qualificate esperienze maturate all’interno delle istituzioni scolastiche, dell’associazionismo professionale, di enti di ricerca e formazione e degli IRRE.

Data la fondamentale importanza riconosciuta alla formazione - iniziale e in servizio - il CNPI segnala di aver già avviato - nell’ambito di una commissione appositamente costituita - una più approfondita riflessione sulla materia, che si riserva di formalizzare quanto prima in una pronuncia di propria iniziativa.

Il d.d.l. di delega: questioni specifiche.

Scuola dell’infanzia

Il CNPI, mentre evidenzia con soddisfazione il riconoscimento del ruolo d’istituzione scolastica a pieno titolo esercitato dalla scuola dell’infanzia, esprime contrarietà alla flessibilità proposta, a regime, in materia di anticipo della frequenza ai due anni e mezzo di età dei bambini.

Va, in primo luogo, precisato che, rivolgersi a tale fascia d’età, presuppone la necessità di adeguate strutture e assetti organizzativi , a partire da un rapporto numerico insegnante/bambino ricalcato sui parametri dell’istituzione specifica per bambini di quest’età.

La previsione di anticipo non trova riscontro in esperienze attuate e consolidate nella scuola dell’infanzia del nostro Paese, anzi stravolge un modello educativo tra i più apprezzati all’estero, e rende difficilmente perseguibili finalità ed obiettivi degli Orientamenti del 1991, imponendo faticose e non positive dissociazioni tra le professionalità educative che sarebbero ulteriormente appesantite dall’introduzione di nuove figure per il lavoro di cura dei bambini e il conseguente adeguamento della professionalità docente.

Sempre per quanto riguarda la proposta di anticipare ai cinque anni e mezzo del bambino l’apprendimento di insegnamenti formali nella scuola elementare, essa non trova il necessario sostegno né nella nostra apprezzata letteratura psicopedagogica né in esperienze didattiche attuali e pregresse, che hanno anzi dimostrato i limiti delle forzature in materia di prestazioni troppo precoci.

In conclusione, il CNPI ritiene che la possibilità riservata alle famiglie per l’iscrizione anticipata dei figli, ricalca una concezione non condivisibile dell’educazione, che non appare rispettosa dei peculiari ritmi di sviluppo dei bambini di tale delicata fascia d’età.

Scuola elementare

Il CNPI esprime contrarietà ad una rigidità di articolazione del percorso della scuola elementare; di conseguenza l’articolazione prevista all’art. 2, lettera f) del d.d.l. di delega, deve essere intesa come indicativa, lasciando alle istituzioni scolastiche, nell’ambito dell’autonomia didattica e organizzativa, la possibilità di soluzioni diverse.

Si rileva che, a fronte del ripristino della distinzione ordinamentale tra scuola elementare e scuola media, non viene previsto alcun raccordo strutturale e curricolare di continuità tra i due ordini di scuola, comprese le istituzioni scolastiche comprensive.

Inoltre, nella definizione dei compiti e degli obiettivi della scuola elementare, emerge un progetto educativo estremamente limitato sul piano pedagogico e didattico, nel quale la scuola elementare sembra costretta ad operare solo nell’ambito delle strumentalità di base e nel campo pre-disciplinare. Si determina così un arretramento rispetto ai Programmi del 1985 per la scuola primaria e alle indicazioni della riforma degli ordinamenti introdotta dalla legge n. 148/90.

Il CNPI esprime netta contrarietà alla previsione di un ingresso anticipato alla scuola elementare.

Nel quadro del disegno di legge-delega, infatti, dopo un percorso formativo nella scuola dell’infanzia, modificato rispetto a quanto indicato negli Orientamenti del 1991, l’anticipazione non trova alcuna motivazione sul piano educativo e determina gravi alterazioni nel percorso formativo della scuola elementare, con notevoli difficoltà per uno sviluppo equilibrato dei tempi di apprendimento e di sviluppo delle autonomie dei bambini.

Si confermano così le preoccupazioni circa il rischio di un abbassamento della qualità dell’offerta formativa nella scuola primaria, tale da incidere negativamente anche sul percorso successivo.

Scuola media

La scelta prevista nell’articolato di due ordinamenti distinti di cinque e tre anni rispettivamente per elementari e medie si accompagna, in ogni caso, alla necessità di un impianto curricolare unitario e progressivo che rivaluti il concetto di continuità fra scuola elementare e media e di raccordo con la scuola dell’infanzia e il biennio della scuola secondaria superiore, nel rispetto delle tappe evolutive e del principio della centralità del soggetto che apprende, anche in continuità con l’esperienza innovativa degli Istituti Comprensivi.

Il CNPI ritiene più funzionale la scansione organizzativa in periodi didattici biennali per permettere una maggiore flessibilità organizzativa e didattica e valorizzare il ruolo progettuale della scuola dell’autonomia. Il CNPI condivide, altresì, le preoccupazioni di quanti rilevano i possibili effetti negativi sullo sviluppo formativo degli alunni, qualora non dovessero essere mantenute nel primo ciclo di istruzione all’interno del curricolo obbligatorio tutte le discipline, compresa l’educazione artistica, l’educazione musicale, l’educazione tecnologica e quella fisico-motoria.

Scuola superiore

Il sistema dei licei e quello della istruzione e della formazione professionale, per la loro diversa articolazione e durata, potrebbero vanificare il diritto alle pari opportunità formative degli studenti.  L’asimmetria conseguente ad una configurazione dei sistemi su base duale potrebbe disattendere, infatti, non solo la previsione dei “passaggi” dall’istruzione professionale ai licei, e viceversa, ma rendere i percorsi formativi tra loro alternativi. Il che sarebbe di grave danno, anche a causa della precocità della scelta tra i due sistemi conseguente all’anticipo dell’obbligo scolastico. Inoltre, nella scuola superiore toccata da tagli d’organico, come altri ordini e gradi , e dall’obbligo di completamento dell’orario cattedra in attività di insegnamento frontali, sarà impossibile realizzare percorsi formativi individualizzati e apposite iniziative didattiche.

Le distinte modalità di accesso ai corsi d’istruzione e formazione tecnica superiore, ed all’Università, come previsto dall’art. 2, lettere h) ed i) del d.d.l. di delega, sembrano destinate ad accentuare il carattere duale del cosiddetto “secondo ciclo”, ed evidenziano come l’auspicata integrazione tra l’assetto teorico dell’insegnamento ed i suoi campi di applicazione non trovi modo per essere del tutto realizzata.

L’organizzazione, la gestione e la progettazione delle attività didattiche previste per l’accesso all’Università da parte di quanti provengono dal canale della formazione professionale vanno affidate alle scuole, anche a garanzia della continuità dell’azione formativa.

L’accesso alla Formazione Tecnica Superiore va regolamentato facendo esplicito riferimento ai prerequisiti formativi e non certo al percorso temporale degli studi effettuati; la previsione di cui all’art. 2, comma 1, lett. h) del d.d.l. di delega, d’altronde, è in contraddizione con la dichiarata pari dignità dei due sistemi formativi del secondo ciclo dell’istruzione e della formazione professionale.

In relazione alla possibilità di assicurare la realizzazione di corsi del secondo ciclo in alternanza scuola-lavoro, non si possono non prevedere le difficoltà di organizzazione sul territorio di stage di massa in aziende pubbliche o private – là dove queste siano presenti – e non registrare situazioni sperequative tra un’area e l’altra del Paese, con il rischio di vanificare, nei fatti, lo strumento degli stage e dei tirocini, che, invece, dovrebbero essere accessibili a tutti gli studenti, a prescindere dall’indirizzo degli studi e dall’area territoriale di appartenenza.

CONDIZIONI DI FATTIBILITA’

I tempi di attuazione della delega appaiono, da una parte, eccessivamente dilatati rispetto alla necessità di fornire un quadro certo a tutti i soggetti interessati; dall’altra, invece, si stabiliscono scadenze immediate di avvio ancor prima di creare gli opportuni contesti funzionali.

Rispetto alla prima preoccupazione, la previsione di emanare decreti legislativi in attuazione della legge delega nei 24 mesi successivi alla sua approvazione, non tiene nella giusta considerazione lo stato di incertezza e di confusione che si registrerebbe nella scuola in assenza di un quadro legislativo certo ed inequivocabile.

Rispetto alla seconda, mal si comprende come, essendo già aprile inoltrato, possa essere ipotizzato l’avvio della riforma dal 1° settembre 2002, sia pure per la scuola dell’infanzia e per la scuola primaria, senza aver creato le adeguate condizioni di fattibilità.

Infatti, l’attuazione dell’anticipo dell’inserimento nella scuola dell’infanzia richiede tempi non brevi, anche in relazione alle indispensabili intese e ai necessari raccordi con il sistema delle Autonomie Locali, e fondi ad hoc per:

·        l’aumento di organico necessario alle esigenze dell’età della nuova utenza;

·        la rielaborazione del progetto educativo, in relazione alle caratteristiche dello sviluppo psicofisiologico dei bambini più piccoli;

·        la definizione del profilo professionale dei docenti;

·        la formazione del personale docente e non docente;

·        la progettazione e la trasformazione ambientale degli spazi;

·        la predisposizione di un piano per l’adeguamento delle infrastrutture;

·        lo studio, la sperimentazione e l’attuazione di un diverso modello organizzativo.

Tali condizioni, peraltro, con particolare riferimento al progetto di riqualificazione del personale, ai nuovi criteri per la formazione degli organici d’istituto, (non solo a garanzia della stabilità del personale, ma della possibilità stessa di sviluppo e realizzazione del progetto di riforma), se urgenti per la fase di avvio, diventano ancor più cogenti per la piena messa a regime della riforma stessa.

CONCLUSIONE

Il CNPI, sostiene che nessuna riforma, e tanto meno quella della Scuola, possa essere realizzata “a costo zero” ed è convinta che le spese previste dal Bilancio dello Stato per l’istruzione e la formazione vanno considerate un investimento per il Paese e capitolo strategico di supporto alle politiche attive di sviluppo.

Per queste ragioni esprime fortissime perplessità rispetto alla scelta di subordinare il piano programmatico di interventi finanziari per la realizzazione degli obiettivi della riforma (art. 1, comma 3, del d.d.l. di delega) alle compatibilità e ai vincoli di finanza pubblica e, quindi, alle disposizioni delle annuali leggi finanziarie (ibidem art.7, comma 6) rendendo così aleatorio, ove non addirittura improbabile, il perseguimento degli obiettivi stessi.

Come già sottolineato, occorre garantire, fin dalla fase di transizione, condizioni di fattibilità e, quindi, intervenire sul piano del potenziamento e dell’adeguamento delle strutture, sul piano dell’organizzazione dei servizi e su quello giuridico anche al fine di raccordare l’attività di formazione con l’auspicato protagonismo professionale del personale della scuola dell’autonomia.

Importa, altresì, a parere del CNPI, assicurare tutte le condizioni perché, pur in presenza di un nuovo sistema di responsabilità diffuse tra i vari soggetti istituzionali da cui, in base al riformulato art.  114 della Costituzione “è costituita” la Repubblica, l’autonomia scolastica possa rispondere alle finalità di cui all’art. 21 della legge 59/97 e, quindi, proporsi attivamente quale elemento di raccordo tra il territorio e gli indirizzi generali di politica scolastica.

Conclusivamente, il CNPI auspica che i suggerimenti di cui si è fatta carico attraverso il presente pronunciamento, che può essere assunto anche come sintesi del dibattito in corso nelle istituzioni scolastiche, siano utili per le decisioni che, ai vari livelli , dovranno essere assunte per la definizione di una Legge che intende riformare organicamente il sistema scolastico e formativo, con l’obiettivo - sicuramente condivisibile - di una più qualificata formazione dei giovani, quale investimento certo sul futuro del nostro Paese.

IL SEGRETARIO

(M.R. Cocca)

IL VICE PRESIDENTE

(M. Guglietti)