Quanto contano le risorse?

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Ricchezza del Paese e maggiori risorse non garantiscono di per sé migliori risultati.

In premessa si afferma che la ricchezza dei paesi e l'impiego di notevoli risorse nei sistemi educativi non garantiscono di per sé migliori apprendimenti. Le analisi sembrano dimostrare che il livello del PIL pro capite spiega solo il 6% dei successi scolastici, mentre il restante 94% sarebbe attribuibile alle potenzialità delle politiche pubbliche.

L'incredibile successo di Shanghai- Cina, che è in cima a tutte le classifiche con un notevole margine, dimostra quanto si possa fare con modeste risorse economiche e in un contesto sociale molto diversificato. In matematica più di un quarto dei quindicenni di Shanghai sono capaci di concettualizzare, di generalizzare e utilizzare in modo creativo le informazioni sulla base delle loro ricerche nonché di modellizzare problemi complessi. Possiedono una grande capacità di comprensione e sono in grado di ideare nuovi approcci e strategie per abbordare situazioni che non hanno mai incontrato. Nei Paesi dell'Ocse solo il 3% dei quindicenni raggiunge un tale livello di competenza, contro il 25% dei giovani di Shanghai.

Se la ricchezza non è dunque di per sé un predittore di migliori apprendimenti, è vero invece il contrario: una popolazione di studenti con buoni risultati scolastici è un sicuro predittore di crescita economica.

Questo conferma le tesi dell'economista americano Eric Hanushek secondo cui ottime competenze cognitive sembrano avere uno straordinario impatto sul futuro benessere economico di un Paese.

Secondo gli analisti di PISA la tradizionale immagine del mondo diviso fra Paesi ricchi e istruiti e Paesi poveri e incolti è superata.

Questa affermazione rappresenta sia un monito sia un'opportunità.

E' un monito per i Paesi economicamente avanzati che non possono più dare per acquisito che avranno sempre un “capitale umano” superiore a quello delle altre parti del mondo. In una fase di intensificata competizione globale, dovranno impegnarsi sempre di più perché i giovani abbiano una base di conoscenze e competenze che sia all'altezza di domande in continua evoluzione. Gli analisti di PISA sottolineano in particolare il bisogno di molti Paesi avanzati di sconfiggere gli insuccessi scolastici e di mettere in grado la propria forza lavoro di padroneggiare almeno le competenze di base per poter partecipare allo sviluppo socio-economico. Se ciò non avverrà, il costo dei fallimenti educativi in Paesi economicamente avanzati sarà un'insostenibile freno allo sviluppo economico.

Non è vero che minori risorse economiche nazionali generino necessariamente minori competenze. Questa è un'affermazione importante per quei Paesi che devono raggiungere più alti risultati educativi con meno risorse economiche.

Allo stesso tempo l'indagine dimostra che non c'è ragione di disperarsi. Paesi con diversissimi punti di partenza hanno mostrato di avere le potenzialità per migliorare di molto la loro situazione. Per esempio nel 2000 i risultati medi della Corea erano già alti, ma i politici erano preoccupati del fatto che solo una ristretta élite raggiungeva l'eccellenza in lettura. In meno di 10 anni, la Corea è stata capace di raddoppiare la percentuale di studenti che hanno raggiunto l'eccellenza. Un enorme balzo in avanti è stato compiuto dalla Polonia, e anche la Germania ha notevolmente migliorato sotto l'aspetto sia dell'equità sia dell'innalzamento dei risultati.

Alcune considerazioni

Una questione importante evidenziata nella premessa è che PISA non definisce rapporti di causa ed effetto fra i vari elementi delle politiche adottate e i risultati dell'istruzione. Le relazioni fra politiche e risultati sono estremamente complesse e i vari elementi sono così intrecciati tra loro che è difficile isolare l'efficacia di ciascuno.

Infine vorrei aggiungere che, per quanto il rapporto sottolinei che “l'analisi approfondita dei migliori sistemi d'istruzione mostra che essi hanno caratteristiche comuni che trascendono le differenze storiche, culturali ed economiche”, è difficile pensare che fattori storico culturali, se non addirittura ambientali non abbiano influenza sull'istruzione.

L'indagine PISA di necessità non prende in considerazione fattori storici, ambientali e culturali, però non è difficile constatare che in cima alle classifiche vi sono sempre Paesi del Nord Europa e dell'Asia dell'Est. Così, invece che all'egemonia del pensiero globalizzante anglosassone, si potrebbe pensare all'effetto di alfabetizzazioni secolari dovute alla lettura diretta della Bibbia nei paesi protestanti oppure all'effetto di strutture sociali, quali quelle dei Paesi asiatici, ancora rispettose di un apparato di regole profondamente introiettate.

In definitiva, potrebbe essere che in alcuni casi livello degli apprendimenti e strutture dei sistemi scolastici siano effetti paralleli di fattori storico – culturali, se non addirittura ambientali, e che non vi sia pertanto fra di loro nessun diretto ed immediato rapporto di causa ed effetto.

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