Il segmento 14-21 anni nel “nuovo” corso
A. Cenerini: E' noto che il solo segmento dell'istruzione che, da Gentile ai giorni nostri, non ha mai avuto una riforma organica è quello dell'istruzione secondaria superiore, di cui l'istruzione tecnica e professionale rappresenta la parte più rilevante.
E' su questo segmento che si intrecciano alcune questioni cruciali, dai nuovi poteri regionali all'obbligo scolastico fino all'istruzione terziaria non universitaria.
Il Ministro Fioroni pare voler confermare lo status quo, anche se per ora il dlgs 226/05 è solo prorogato.
Si ripropone, pur con molte ambiguità, l'obbligo scolastico ai 16 anni, si dichiara di valorizzare l'istruzione tecnica e professionale, ma semplicemente consolidando l'esistente (gli istituti professionali quinquennali nell'alveo statale e con sbocco all'università), mentre la formazione professionale mantiene, separata dall'istruzione professionale,il suo carattere addestrativo. Infine l'istruzione tecnico-professionale postsecondaria (o terziaria come è internazionalmente definita) non universitaria pare non andare oltre gli attuali IFTS. L'ADi criticò profondamente la riforma Moratti del 2° ciclo, ma certo non per mantenere lo status quo. Vorrei allora chiedere in primo luogo a Norberto Bottani che di questi problemi si è a lungo occupato e continua ad occuparsene a livello internazionale, cosa pensa in proposito.
N. Bottani: innanzitutto una considerazione di carattere generale. Le politiche scolastiche in Italia non sono mai pilotate sulla base di dati, ma di principi general-generici che il più delle volte sono clamorosamente contraddetti dalla realtà. Non ci sono elaborazioni rigorose sulle transizioni orizzontali e verticali nei sistemi formativi e, ancor più importanti, sulla transizione al mondo del lavoro. Se non si collega il diritto allo studio al diritto al lavoro e non si pilotano insieme queste due politiche, non si possono fare operazioni autenticamente democratiche. I dati per l'Italia sono assolutamente allarmanti, come ci indicano una serie di elaborazioni statistiche prodotte da ISTAT, ISFOL, da specifici lavori del ministero del lavoro e da enti privati . Ma di questo non ci si preoccupa. E si rimane attaccati al principio che un'istruzione democratica deve offrire percorsi scolastici uniformi il più a lungo possibile, impostati su una cultura di tipo liceale, considerata la sola “cultura” degna di questo nome, e tutti rigorosamente sfocianti nell'oceano universitario. Non importa se tutto questo produce una vera e propria ecatombe. I principi sono salvi.
A. Cenerini: Rientra in questa filosofia anche l'obbligo scolastico a 16 anni?
N. Bottani: La faccenda dell'obbligo scolastico è in Italia un inciampo che condiziona pesantemente il dibattito politico con il richiamo a posizioni di principio di valore simbolico ma ormai prive di significato, superate come sono dalle scelte e dai comportamenti delle famiglie e dei giovani. Il fatto eclatante è che non ci si concentra su cosa sia importante e indispensabile che tutti i ragazzi apprendano e su come riuscire a farlo apprendere, ma sull'istituzione che impartisce l'istruzione: gli istituti scolastici e i centri di formazione professionale. Va detto allora con grande chiarezza che questo conflitto non ha nulla a che vedere con questioni educative, pedagogiche o formative, è solo una faccenda corporativa, di soldi, di interessi divergenti, di monopoli. Così come la perdurante gravissima assenza in Italia di un'alta formazione tecnico-professionale non universitaria è dovuta al monopolio accademico che ne ha ostacolato e impedito la diffusione. Fin quando non si chiarirà questo punto non si verrà mai a capo di contrasti puramente interpretativi e cavillosi.
C. Marzuoli: Vorrei aggiungere una considerazione sulla decisione assunta di mantenere gli istituti professionali in capo allo stato. Su questa scelta ha pesato senza dubbio la resistenza degli insegnanti al passaggio a una gestione regionale, considerata marginalizzante rispetto a quella di tutti gli altri docenti. Si può allora affermare che finchè la gestione di tutti gli insegnanti non diventerà regionale, il dilemma dell'istruzione tecnica e professionale non verrà sciolto. La prospettiva si porrà allora solo in termini di mantenimento dello status quo o di licealizzazione anche degli istituti professionali come è avvenuto per gli istituti tecnici.
A. Cenerini: Una considerazione, per concludere, sull'alta formazione tecnico-professionale terziaria non universitaria.
N. Bottani: E' noto che il Presidente del Consiglio, Romano Prodi, è stato il primo in Italia a parlarne con cognizione di causa fin dall'inizio degli anni Novanta, e l'ha ripetuto con convinzione in questa campagna elettorale. A Viale Trastevere, però, si continua a non avere percezione dell'importanza strategica di questo segmento alto dell'istruzione, che è presente da oltre trent'anni negli altri Paesi. Si continua a pensare che l'alta formazione tecnico professionale terziaria non universitaria coincida con gli IFTS,e che sia sufficiente intervenire (non si sa come) su questi corsi. Ma non è assolutamente così, gli IFTS sono un aborto, che nulla hanno a che fare con percorsi strutturati e stabili di alta specializzazione, collegati alla ricerca applicata.