Proposta conclusiva di Wolk: una doppia strategia
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A. Cenerini
E passiamo alla conclusione. Al termine del suo articolo Wolk suggerisce che per smuovere le acque occorre perseguire una duplice strategia: continuare a fare ogni sforzo per migliorare le scuole pubbliche esistenti, e simultaneamente creare scuole innovative indipendenti, dando loro l'autonomia e le risorse per esplorare nuove idee. A questo proposito cita il sostegno dato dall'attuale ministro dell'istruzione Arne Duncan alle charter schools quando era assessore all'istruzione a Chicago (per avere un'idea di cosa sono le charter schools rimando a un passaggio della tua relazione al seminario internazionale dell'ADi 2005 L'equità nella tormenta delle riforme scolastiche).
So che tu sostieni da tempo che l'esperienza delle charter schools va seguita con attenzione, sei stato per altro il primo a parlarne in Italia, ma più che un commento alle conclusioni di Wolk, ti chiederei una tua personale conclusione: "Che fare nella situazione attuale?", avendo un occhio particolare all'Italia.
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N. Bottani
Visto che mi provochi, ti risponderò in modo provocatorio, utilizzando una frase di Francis Scott Fitzgerald: “Si dovrebbe riuscire a capire che le cose sono senza speranza ed essere nondimeno decisi a cambiarle”
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Questa frase si adatta particolarmente bene, e mi perdonerai, al vostro Paese, ma può essere estesa, con le opportune differenze a livello internazionale.
In questo nuovo secolo tutti i paesi industrializzati sono stati travolti da un' ondata di riforme senza precedenti (l'Italia solo sulla carta). Un filo rosso le ha collegate tutte, quantomeno nelle dichiarazioni ufficiali:
- Fare riuscire tutti, non perdere per strada nessuno, ridurre il numero dei dropout
- Portare tutti a una soglia minima di conoscenze e competenze, garantire a tutti uno “zoccolo di base”
- Non sprecare il capitale umano
- ecc…
Per averne la riprova basterebbe leggere la parte introduttiva di ciascuna legge o semplicemente ricordare i titoli dei vari rapporti e atti varati, ad esempio in Fancia, Inghilterra, Spagna, USA:
- Pour la réussite de tous les élèves
- Success for all
- Una educacíon de calidad para todos y entre todos
- No Child Left Behind
A dispetto delle pregevoli intenzioni le indagini internazionali comparate ci dicono che si è ancora molto lontani dall'aver raggiunto quegli obiettivi.
Eppure si è provato a migliorare quasi ogni aspetto del sistema: nuovi curricoli, più accountability, più valutazioni esterne e interne, più sviluppo professionale degli insegnanti, ecc…
Allora perchè questi interventi hanno fallito, rispetto all'obiettivo dell'universalità dell'istruzione?
E' mia convinzione che i sistemi scolastici abbiano una notevolissima capacità di resistenza; sono autorefenziali, evolvono senza cambiare; sono insomma degli apparati istituzionali con inesauribili strategie di conservazione.
Non tutti sono pessimisti come me. Come ho detto nella mia relazione al seminario dell'ADi esiste da parte di alcuni, non ultimo del mio amico Mike Smith, attuale consigliere del nuovo ministro dell'istruzione USA, la convinzione che mai come oggi le soluzioni siano vicine grazie alle trasformazioni indotte dalle nuove tecnologie cibernetiche e dalle ricerche delle scienze cognitive.
Personalmente sono convinto che i nuovi strumenti e i nuovi modi di apprendere dei nativi digitali porteranno in tempi molto più rapidi di quanto si possa oggi immaginare ad uno sconvilgemento della secolare organizzazione scolastica, ma nutro forti dubbi che tutto questo possa risolversi in una maggiore democratizzazione dell'istruzione.
E tuttavia, proprio perchè l'impresa appare impossibile, va combattuta con il massimo della tenacia, e possibilmente della lungimiranza.
Il problema mondiale oggi è quello della ridefinizione degli obiettivi del servizio statale d'istruzione. Che cosa si vuole conseguire con questi colossali apparati che gestiscono una grande parte della vita di bambini e di giovani e regolano l'organizzazione delle famiglie con le loro modalità di funzionamento? Nessuno lo sa oggi con esattezza e questo è il vero problema. Non a caso l'amministrazione del nuovo presidente Obama tentenna in materia e fin qui ha operato scelte piuttosto conservatrici che mirano a riprodurre il sistema scolastico, a conservarlo così com'è, servendosi del ventaglio di strumenti che in questi ultimi anni sono stati messi a punto per fare in modo che la ”nazione non sia più a rischio”.
Nel suo articolo Wolk afferma, ma molto più autorevolmente di lui lo fa Arne Duncan il nuovo ministro dell'istruzione USA, che di fronte all'incapacità del sistema scolastico tradizionale di rinnovarsi, occorre contestualmente sostenere l'iniziativa di istituzioni alternative, libere da vincoli burocratici, molto più autonome, come per l'appunto le charter schools. Va bene, ma senza troppe illusioni, visto che finora le indagini hanno fornito su questa esperienza indicazioni tutt'altro che univoche.
Vorrei concludere con un pensiero all'Italia
Dopo aver visto le immagini del terremoto in Abruzzo, con la mente che andava ai bambini morti sotto le macerie della scuola a San Giuliano di Puglia pochi anni prima, affermo con assoluta convinzione che l'operazione più «rivoluzionaria» che il ministro Gelmini possa oggi pilotare è che nel corso del suo mandato tutte le scuole siano messe a norma e vengano dismesse quelle indecenti, che in numero ancora troppo elevato fungono da luoghi di educazione in giro per l'Italia. E chiami a raccolta pool di esperti a progettare e costruire le scuole nuove, con nella mente un futuro molto prossimo, quello in cui le tecnologie digitali spazzeranno definitivamente via quell'edilizia scolastica modellata sulla «fabbrica», che è tuttora dominante.
Possibile, mi chiedo, che in Italia studenti, genitori, insegnanti, dirigenti scolatici non si ribellino a questo stato di cose ? Non si rifiutino di entrare in scuole senza agibilità? Si fanno scioperi, manifestazioni, occupazioni, dai contenuti ritualistici e corporativi e non si chiede di vivere in ambienti decenti, attrezzati, puliti.
Concludo esprimendo la convinzione, che è diventata per me quasi un dogma, che la più grande riforma scolastica che in questi tempi si possa fare è creare ambienti fisici e relazionali in cui i bambini e i giovani possano sentirsi bene. Perchè ciò avvenga occorre che attorno alla scuola si crei e si sviluppi un grande «capitale sociale»
Sarebbe questa le riforma che più di ogni altra influirebbe positivamente sui risultati.