Multiculturalità, interculturalità e multiculturalismo:
una distinzione necessaria
Va precisato, in via preliminare, la differenza che esiste fra multiculturalità, interculturalità e multiculturalismo, termini che a volte non sono usati con rigore.
Il termine multiculturalismo è sorto in Canada alla fine degli anni Sessanta del Novecento, quando i franco-canadesi, che sono minoranza nel Paese ma la maggioranza nella regione del Quebec, iniziarono quella che fu definita una "rivoluzione silenziosa". Uno degli obiettivi fondamentali fu la richiesta del bilinguismo nelle istituzioni statali e il biculturalismo nell'insegnamento scolastico, ossia un curriculum autonomo e diverso rispetto a quello degli anglo-canadesi. Nel caso del Canada siamo in presenza di una richiesta da parte dei francofoni di una radicale autonomia fra le due comunità, ossia di una rinegoziazione delle condizioni di convivenza in cui la minoranza francofona coesiste con quella inglese in una condizione, di fatto, di separatezza. (Va sottolineato il fatto che siano stati proprio i francofoni a sollevare per primi il problema; essi hanno mantenuto un forte legame con la tradizione culturale della Francia che oggi è all'avanguardia, in Europa, nella difesa del laicismo e della laicità della scuola pubblica).
Nel 1971, per la prima volta, il governo Trudeau ha adottato ufficialmente una politica multiculturalista, legittimando le richieste avanzate dai gruppi minoritari interni allo Stato-nazione che chiedevano una integrale autonomia. In conclusione, in Canada la lotta tra francofoni è riuscita a modificare profondamente la struttura stessa di quella società imponendo il multiculturalismo. Non più, dunque, solo un dialogo fra due culture diverse di cui una è dominante all'interno dello stesso Stato, ma l'autonomia completa delle due culture, considerate sì componenti essenziali, ma con proprie specificità e identità espresse dalla loro diversa storia.
In altri casi, come in Australia e in Svezia, il multiculturalismo ha ispirato una linea politica tendente ad assicurare la coesione sociale senza la pretesa di una omologazione culturale fra i diversi gruppi culturali ed etnici, ma riconoscendo e difendendo le pratiche culturali delle minoranze, superando così varie forme pre-esistenti di discriminazione.