Senza sciogliere questi nodi non vi sarà innovazione

L'intreccio di tutte queste cose riduce la possibilità vera di trasformare un sistema, se non si ha la pazienza di entrarci dentro, di dipanare gli intrecci e sciogliere i nodi. E' questo che blocca tutto. Io ho sofferto molto, negli anni '71\'72, la regionalizzazione della stessa formazione professionale proprio perché capivo che si chiudeva la possibilità di discutere in un sistema unitario il problema del rapporto scuola lavoro, formazione, professione.

Oggi, noi dobbiamo ricostruire un'arena pubblica in cui ragionare insieme su tutte queste cose. Se non ci sono queste connessioni noi potremo fare la legge sul liceo tecnologico, sublime intuizione di genericismo, e poi riportarla indietro e fare altro, e magari proporre un percorso, non un istituto, di formazione superiore. Ma il rapporto con le famiglie e i singoli chi lo tiene? La scuola italiana è stata per anni legata alle decisioni familiari e personali. Ci vorrebbe un radar grande come una casa per capire perché le famiglie dei quindicenni hanno abbandonato la scuola. Quella è una questione grossa, così come lo è il rapporto della formazione professionale e tecnica con le imprese. Non basta fare la ricerchina su quanti quadri Y o su quanti informatici ha bisogno quell'impresa. Non sta lì il problema. Sta nel dialogo con l'impresa che sta cambiando radicalmente e che non è più quella del '55 o del '76. Bisogna dialogare nel quotidiano con le imprese. Così come bisogna che il rapporto stato-regioni non sia distante. Da anni, dal '72 certamente, abbiamo registrato questa distanza progressiva che non aiuta.

Vedete come quest'intreccio di connessioni abbia creato conflitti. L'unico modo per non creare ulteriore confusione è aprire un ciclo, stavo per dire un tavolo ma mi sono morso la lingua, in cui questi temi che ho indicato vengano lentamente dipanati, bisogna pensare a cosa succede alle famiglie e ai singoli, bisogna pensare alle imprese, bisogna pensare al rapporto con le regioni, bisogna pensare al rapporto con la cultura vecchia che va abbandonata e che non è più tecnica.

La professionalità intermedia resta sempre un valore fortissimo. Noi parliamo di energie innovative e pensiamo a cose alte a cose di cui non conosciamo nemmeno il significato. La maggior parte dell'innovazione delle imprese è innovazione intermedia, perciò negli anni passati, ragionieri, periti industriali e geometri hanno fatto l'Italia. Non fuggiamo in alto quando parliamo d'innovazione, verso cose impossibili, straordinarie, che sono di pochi. Noi abbiamo un sistema fatto di milioni di imprese, un sistema che richiede a milioni di giovani impegni professionali e formativi.

Noi abbiamo un sistema di massa e nella massa gli unici che possono fare di più sono i quadri intermedi, la tecnologia intermedia, l'organizzazione intermedia. Fuggire verso l'alto significa andare verso un livello in cui il rapporto con il territorio e con le famiglie diventa astratto. Dobbiamo restare saldi sulla nostra radice che ha dato all'Italia il migliore modo di crescere e il migliore tipo di quadri. Non abbiamo avuto le centinaia di migliaia di ingegneri che sfornano la Cina e l'India ogni anno, ma abbiamo avuto un sistema che ha funzionato. Siccome sono convinto che è la radice che porta l'albero, gli istituti tecnici così come sono stati e la cui identità,secondo me, deve essere conservata, sono la radice che porta il coraggio e la forza di innovare.

Grazie


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