Conclusione

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L'esercizio di districare ora – proseguendo nell'ipocrisia dell' armonizzazione - il nodo in cui si è aggrovigliato il vero e proprio litigio tra i due schieramenti politici impegnerebbe inutilmente un'azione di governo che deve cercare prima di tutto su altri piani il rilancio della scuola, la cui necessità è improrogabile.

La vera scommessa che costituisce il compito del nuovo ministero – una vera e propria missione - è ora di ricreare con la scuola reale un rapporto di riconosciuta credibilità e autorevolezza. Sulla base di una generale forte fiducia nell'esecutivo, anche nuove indicazioni potranno in futuro essere un elemento importante.

Questo monitoraggio rimane in ogni caso un'occasione importante.

Sarebbe un buon servizio alla scuola italiana se, tra l'altro, se ne ricavassero elementi e si formulassero valutazioni proprio sul tema cruciale della continuità tra scuola primaria e primo grado della secondaria dal momento che quest'ultima continua ad essere l'anello debole del sistema. Anche il recente Rapporto della Fondazione Agnelli, dedicato appunto alla secondaria di primo grado, mette il dito su questa piaga della nostra scuola, rilevando l'enorme difficoltà che si registra al passaggio tra i due gradi.

La diffusione degli istituti comprensivi non ha prodotto avanzamenti, se non forse del tutto sporadicamente (è quel che dovrebbe emergere in qualche modo dall'indagine), nella direzione di un maggiore raccordo. Tra i due gradi è posta una differenza che si può definire addirittura sostanziale quanto a struttura contestuale ­ – o ambiente di apprendimento, concetto che definisce la condizione di base per qualunque discorso pedagogico e didattico -. È su questo piano, prima di tutto, che si pone il problema. A sostegno di ciò, un recente studio americano rileva come, nel panorama dei sistemi formativi, il passaggio tra primaria e media sia meno traumatico là dove la scuola di base è impostata come ciclo unitario di 8 anni.

Il forte orientamento delle Indicazioni Fioroni alla continuità e alla logica dell'apprendimento per competenze nota1 in un curricolo verticale non può da solo bastare, ma può costituire una base significativa per una formazione comune dei docenti dei due gradi di scuola precisamente sul tema cruciale della costruzione di un curricolo unitario verticale che sia imperniato su una comune didattica per competenze.

Sulla tematica delle competenze il ministero ha avviato, soprattutto a livello del biennio del secondo grado della secondaria, un lavoro di raccordo con le elaborazioni delle istituzioni europee, sicché una dimensione di maggiore respiro e di cambiamento comincia a farsi un po' di strada in settori significativi di quel contesto. Se qualcosa si stia muovendo anche nel primo grado, almeno qualche indizio di un orientamento in questa direzione, viene indagato nella parte generale del questionario (se negli istituti comprensivi si curi, genericamente, la continuità verticale – “si” o “no”; se la valutazione degli apprendimenti - scelta dei criteri, modalità di somministrazione - tenga conto degli standard europei… Ci vorrebbe altro, naturalmente).

Questa direzione di lavoro è una delle esigenze centrali di questa fase di profondi – e rapidi! – mutamenti a livello di tutto l'occidente. Oltre ai tanti altri problemi della scuola italiana, anche su questo attendiamo – con una iniziale fiducia di incoraggiamento – l'azione del nuovo ministro.

Pagina avanti^nota1 Anche le Indicazioni Nazionali del 2004 fornivano elenchi di competenze, nella forma, ancora in via di maturazione, di una tendenziale corrispondenza uno a uno tra formulazione in forma di obiettivo e formulazione in forma di competenza. Nel Indicazioni per il curricolo (2007) le competenze sono traguardi cui sono finalizzati una serie di obiettivi che ne sono i componenti.
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