PRESENTAZIONE
di Alessandra Cenerini
Siamo
particolarmente felici di pubblicare sul nostro sito questo importante saggio
di Carlo Marzuoli, ordinario di diritto amministrativo alla Facoltà di Giurisprudenza
dell’ Università di Firenze, frutto della rielaborazione della relazione da
lui tenuta al Convegno nazionale dell’ADi il 23 febbraio 2002.
Saggio importante, oggi più che mai necessario, perché propone una lettura della
“funzione docente” in tutta la sua complessità, scegliendo come chiave interpretativa
la “libertà d’insegnamento”. Una libertà finalmente analizzata e chiarita nel
suo significato più alto e costituzionalmente corretto di “libertà della “funzione
docente”, che è cosa diversa dalla libertà di chi la esercita:
“Ebbene, conviene allora chiarire che, in materia, è la disciplina della funzione, sulla base delle caratteristiche sue proprie , a condizionare la regolamentazione concernente chi la esercita, cioè il personale addetto, e non il contrario. Ad esempio, se la funzione docente deve essere libera, il rapporto di lavoro del docente deve essere disciplinato in modo compatibile con detta caratteristica di libertà. Tutto questo innanzitutto a tutela non di un interesse (legittimo, ma individuale) dell'insegnante, bensì di un inderogabile interesse pubblico (determinato dalla Costituzione) : un insegnamento in condizione di libertà.”
Sulla base di queste premesse è affrontato il tema della ”istruzione pubblica”:
“Nel nostro sistema costituzionale l’istruzione pubblica deve essere esercitata in condizioni di neutralità ideologica. L’unico pluralismo possibile è quello contestuale , perché mette a confronto e dunque materializza e ricorda l’esistenza del diverso (quanto al pensiero, ai costumi, ecc.). Il punto è fuori discussione: la legge, ad esempio, n. 176/1991 (di esecuzione della convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti dell’Infanzia, New York 1989) è chiarissima, anche se un po' semplicistica: “gli Stati parti convengono che l’educazione del fanciullo deve avere come finalità: (...) b) di inculcare al fanciullo il rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dei principi consacrati nella Carta delle Nazioni Unite”. Il pluralismo si può avere solo se ogni insegnante può operare in condizione di libertà (di insegnamento). Da questo punto di vista possiamo dire che la libertà di insegnamento è strumento per il servizio di istruzione pubblica.”
In questa chiave la questione delle scuole paritarie e del loro finanziamento, potrà essere risolta se sarà rispettata una condizione inderogabile: l’istruzione pubblica deve essere impartita in condizione di pluralismo contestuale. Una posizione, che condividiamo pienamente, e che è stata ufficialmente assunta nelle deliberazioni del primo Congresso dell’ADi. Ma, Carlo Marzuoli si spinge oltre e, poiché sostiene con convinzione che a queste condizioni sia giusto finanziare le scuole paritarie, esige con altrettanta convinzione che tali condizioni siano davvero rispettate. Sotto questo aspetto considera la legge sulla parità varata dal centro-sinistra (L. 62/2000) incostituzionale perché in essa sono ricomprese anche scuole di “tendenza”, nel senso di ideologiche:
“Quando, in materia, si parla di tendenza, occorre distinguere fra tendenza di tipo "ideologico" e autonomia tecnico-scientifica e culturale. Per quanto possa in concreto essere difficile, la separazione deve essere comunque fatta (...) é ovvio che la tendenza e l'autonomia tecnico-scientifica-culturale sono indispensabili: si tratta proprio di ciò che si vuole sviluppare attraverso la libertà di insegnamento, e dunque è benvenuta. Il problema si pone per la tendenza ideologica: questa è incompatibile con la libertà di insegnamento e dunque contrasta con l'essenza del servizio di istruzione pubblica. (...) eliminiamo pure una barriera (l'assoluta generalizzata necessarietà della " statualità ") e largo a chi ha interesse. Ma senza barare; carte eguali per tutti, altrimenti, non di libertà si tratterebbe, bensì di privilegio; e, oggi, le carte eguali per tutti, con la legge n. 62/2000, non vi sono.”
La parte centrale
del saggio argomenta la necessità che la funzione docente sia assunta in tutta
la sua complessità, intervenendo su una pluralità di piani.
Si tratta
innanzitutto di stabilire per legge le caratteristiche fondamentali della docenza:
“una legge, che sia l’immagine della funzione dell'insegnante, del suo ruolo, del suo stato giuridico fondamentale, dei tratti essenziali che lo identificano come addetto ed espressione di una particolarissima professione: l’insegnamento come funzione pubblica. (...) I tratti essenziali della funzione docente non possono essere oggetto di contrattazione, come non lo sono i tratti della funzione giurisdizionale (della funzione del giudice). Non si vuol dire, ovviamente, che in materia di organizzazione dell'istruzione e di rapporto di lavoro non vi debba essere contrattazione sindacale, si vuol solo ricordare che la contrattazione sindacale, come da tutti riconosciuto, in termini astratti e generali, non può disciplinare ogni aspetto.”
Si tratta poi di creare un organismo autonomo della docenza, anche se con caratteristiche diverse dagli ordini professionali, ritenuti non adeguati allo scopo:
“un organismo di autoidentificazione , di tutela della professione docente, di partecipazione alla determinazione delle componenti tecnico-scientifiche del servizio (...) un organismo, espressione della categoria, con il compito, in particolare: di consentire l'autoidentificazione della categoria e il suo continuo progredire tecnico-scientifico; di contribuire alla formazione degli insegnanti e a determinare le componenti tecnico-scientifiche dell'istruzione pubblica, sia ai fini della programmazione e dell'indirizzo sia ai fini del controllo; di definire principi e criteri di carattere deontologico”
Un altro elemento importante su cui intervenire è l’articolazione della carriera docente, sulla quale siamo, ancora una volta, assolutamente d’accordo:
“(...) occorre differenziare, identificare e formalizzare un nucleo che esprima le capacità massime della categoria, affinché possa costruirne e diffonderne l'immagine nei confronti della società e perché possa altresì costituire un oggettivo elemento di spinta verso l'alto per tutti.”
Ci preme infine sottolineare una questione non secondaria, trattata nel saggio, che l’ADi ha affrontato e proposto negli stessi termini in occasione del recente dibattito sugli organi collegiali della scuola: la partecipazione.
“Nell’ambito dell’istruzione abbiamo dunque tanti attori, insegnanti, studenti, genitori. La loro ineliminabile compresenza non può però tramutarsi in commistione di ruoli e di responsabilità. E ciò non contro, ma a garanzia dell’identità di ciascuno degli attori e dei suoi diritti, doveri, responsabilità. (...) L’esclusione di forme di cogestione non significa sottovalutazione di esigenze partecipative, vuol essere invece motivo per forme di partecipazione coerenti con l’irriducibile diversità dei ruoli dei vari attori, perciò più efficaci e meno esposte al rischio di ossificarsi in forme giuridiche burocratiche fino al punto da divenire l’esatto contrario di ciò che dovrebbero essere (e l’esperienza di questo quarto di secolo di organi collegiali parrebbe…istruttiva).
Gli strumenti sono tanti: i diritti di libertà di riunione, di accesso ai documenti, di trasparenza delle decisioni della scuola, di formulazione di proposte, ecc.”
Ho conversato a lungo con Carlo Marzuoli prima e dopo il nostro convegno. Una persona affascinante per la ricchezza del suo argomentare, per la sua acuta capacità di analisi e sintesi operative , per il suo coraggio nell'andar controcorrente che gli consente di demolire con la forza delle argomentazioni tabù che ci portiamo appresso da più di mezzo secolo.
Nutro la speranza e l’augurio che l’ADi possa avere altre possibilità di confronto e collaborazione. Ringrazio personalmente e a nome dell’associazione Carlo Marzuoli per la generosità con cui ha messo a nostra disposizione la sua altissima competenza e la sua profonda cultura giuridica.
Alessandra Cenerini
Bologna 20 maggio 2002