
|
Discorso
pronunciato
dal Presidente JACQUES CHIRAC
sul RISPETTO DEL PRINCIPIO
DELLA LAICITÀ NELLA REPUBBLICA
Palazzo dell'Eliseo mercoledì 17 dicembre 2003
|
|
|
Signor
Primo Ministro,
Signori Presidenti delle Assemblee,
Signore e signori Ministri,
Signore e signori Parlamentari,
Signore, signori,
Il
dibattito sul principio della laicità echeggia dal profondo
delle nostre coscienze. Ci riporta alla nostra coesione nazionale,
allo nostra attitudine a vivere insieme, alla nostra capacità
di riunirci sull'essenziale. La laicità è inscritta
nelle nostre tradizioni. E' nel cuore della nostra identità
repubblicana. Oggi non si tratta né di rifondarla, né
di modificarne le frontiere. Si tratta di farla vivere restando
fedeli agli equilibri che noi abbiamo saputo creare e ai valori
della Repubblica. Sono più di duecento anni che la nostra
Repubblica si costruisce e si rinnova fondandosi sulla libertà,
garantita dalla supremazia della legge sugli interessi particolari,
sull'eguaglianza delle donne e degli uomini, sull'eguaglianza
delle opportunità, dei diritti, dei doveri, sulla fraternità
fra tutti i Francesi qualsiasi sia la loro condizione o le loro
origini.
Nella nostra Repubblica, ognuno è rispettato nelle sue
diversità perché ciascuno rispetta la legge comune.
Ovunque nel mondo, la Francia è riconosciuta come la patria
dei diritti dell'uomo.
Ma il mondo cambia, si abbassano le frontiere, si moltiplicano
gli scambi. Nello stesso tempo, le rivendicazioni identitarie
o comunitarie si affermano o si acuiscono, col rischio, spesso,
del ripiegamento su se stessi, dell'egoismo, se non addirittura
dell'intolleranza.
|
|
Come
saprà la società francese rispondere a questi cambiamenti?
Noi ci arriveremo facendo una scelta di saggezza e di alleanza
di tutti i Francesi di ogni origine e di ogni convinzione. Noi
ci arriveremo, come nei momenti importanti della nostra storia,
cercando nella fedeltà ai nostri valori e ai nostri principi
la forza di un nuovo balzo in avanti.
Balzo in avanti delle coscienze, per riscoprire con fierezza l'originalità
e la grandezza della nostra cultura e del nostro modello francese.
Balzo in avanti dell'azione, per scrivere nel cuore del nostro
patto repubblicano l'uguaglianza delle opportunità e dei
diritti, l'integrazione di tutti nel rispetto delle differenze.
Balzo in avanti collettivo, affinché insieme, forti di
questa diversità che fa la nostra ricchezza, noi portiamo
la nostra volontà, il nostro impegno, il nostro desiderio
di vivere insieme verso un avvenire di fiducia, di giustizia e
di progresso. E' nella fedeltà al principio della laicità,
pietra miliare della Repubblica, fascio dei nostri valori comuni
di rispetto, di tolleranza, di dialogo, che io chiamo tutte le
francesi e tutti i francesi ad unirsi.
|
|
Il
nostro popolo, la nostra Nazione, la nostra Repubblica sono uniti
dai valori comuni. Questi valori non si sono imposti facilmente.
Hanno a volte diviso i francesi prima di contribuire a riunirli.
Spesso si sono forgiati nella prova dolorosa delle lotte che attraversano
la nostra storia e segnano la nostra memoria.
Dalle origini della monarchia fino alle tragedie dell'ultimo secolo,
la lunga marcia verso l'unità ha disegnato il nostro territorio
e forgiato il nostro Stato. Dall'Editto di Nantes alle leggi di
separazione fra Stato e Chiesa , la libertà religiosa e
la tolleranza si sono fatte strada attraverso guerre di religione
e persecuzioni. I diritti dell'uomo e quelli del cittadino sono
stati progressivamente conquistati, consolidati, approfonditi,
dalla Dichiarazione del 1789 fino al Preambolo del 1946. Essi
lo sono stati attraverso la consacrazione del suffragio universale
e il diritto di voto alle donne, la libertà di stampa,
la libertà di associazione e soprattutto la lotta per far
riconoscere l'innocenza del capitano Dreyfus.
Dall'abolizione dei privilegi, la notte del 4 agosto, a quella
della schiavitù il 27 aprile 1848, la Repubblica ha proclamato
con forza la sua fede nell' uguaglianza e ha combattuto senza
tregua per la giustizia sociale, con queste conquiste storiche
che sono l'educazione gratuita ed obbligatoria, il diritto di
sciopero, la libertà sindacale, la sicurezza sociale. Ha
saputo tendere la mano, far vivere l'uguaglianza delle opportunità,
riconoscere il merito e permettere la promozione, fino alle più
alte cariche, di donne e uomini provenienti dagli strati sociali
più modesti. Oggi, noi continuiamo ad avanzare risolutamente
per consolidare i diritti delle donne.
Questi valori fondano la singolarità della nostra Nazione.
Questi valori portano la nostra voce in alto e lontano nel mondo.
Questi sono i valori che fanno la Francia.
|
|
Terra
di idee e di principi, la Francia è una terra aperta, accogliente
e generosa. Unito attorno a un'eredità singolare che fa
la sua forza e la sua fierezza, il popolo francese è ricco
della sua diversità. Una diversità accettata e che
è al cuore della nostra identità.
Diversità delle credenze, in questa vecchia terra della
cristianità dove ha messo radici anche una tradizione ebraica
che risale a circa due mila anni. Terra di cattolicesimo, che
ha saputo superare le lacerazioni delle guerre di religione e
riconoscere finalmente tutto lo spazio ai protestanti alla vigilia
della Rivoluzione. Terra di apertura infine per tutti i francesi
di tradizione musulmana che sono parte integrante della nostra
Nazione. Diversità delle regioni che hanno progressivamente
disegnato il volto del nostro Paese, dall'Ile-de-France fino ai
ducati di Bretagna, di Aquitania, di Borgogna, dell'Alsazia e
della Lorena, fino alla contea di Nizza, ai Caraibi, l'oceano
Indiano o quello del Sud Pacifico.
E ovviamente, diversità delle donne e degli uomini che,
a ogni generazione, sono venuti a raggiungere la comunità
nazionale e per i quali la Francia è stata, anzitutto,
un ideale prima di diventare una patria. Immigrati italiani, arrivati
in massa con la prima rivoluzione industriale per portare nel
nostro Paese i loro talenti e la loro energia. Spagnoli, cacciati
dalle terribili divisioni degli anni Trenta e venuti a trovare
rifugio in Francia. Portoghesi, arrivati negli anni Sessanta,
pieni di ardore e di coraggio. Ma anche Polacchi, Armeni, Asiatici,
immigrati dal Maghreb e dall'Africa nera. Tutti hanno contribuito
a forgiare il nostro Paese, a renderlo più forte e più
prospero, ad accrescere la sua influenza in Europa e nel mondo.
La nostra bandiera, la nostra lingua, la nostra storia: tutto
ci parla di questi valori di tolleranza e di rispetto dell'altro,
di queste battaglie, di questa diversità che fanno la grandezza
della Francia. Di questa Francia, che si batte per la pace, per
la giustizia, per i diritti dell'uomo, noi siamo fieri. Dobbiamo
saperla difendere. Piuttosto che rimetterla in discussione, ciascuno
deve misurare ciò che essa gli dà e domandarsi che
cosa egli può fare per essa.
È proprio perché la Francia rimanga se stessa, che
noi dobbiamo oggi rispondere alle domande e alleggerire le tensioni
che attraversano la nostra società.
|
|
Tutti
conoscono questi fattori di tensione.
La mondializzazione preoccupa. Benché apportatrice di nuove
opportunità, destabilizza gli individui, li spinge a volte
al riflusso. Nel momento in cui crollano le grandi ideologie,
l'oscurantismo e il fanatismo guadagnano terreno nel mondo. Fra
la nazione francese e questa Europa dei cittadini che noi auspichiamo,
ciascuno deve ridefinire i propri punti di riferimento.
Nello stesso tempo, la persistenza o l'aggravamento delle ineguaglianze,
questo fossato che si scava fra i quartieri difficili e il resto
del Paese, smentiscono il principio di uguaglianza delle opportunità
e minacciano di lacerare il nostro patto repubblicano.
Una
cosa è certa: la risposta non è nell'infinitamente
piccolo del ripiegamento su di sé o del comunitarismo.
Essa è, al contrario, nell'affermazione del nostro desiderio
di vivere insieme, nel consolidamento dello slancio comune, nella
fedeltà alla nostra storia e ai nostri valori.
|
|
Davanti
alle incertezze del tempo e del mondo, davanti al sentimento di
impotenza, a volte stretti dallo sconforto, ciascuno ricerca dei
punti di riferimento più personali, più immediati:
la famiglia, le solidarietà della vicinanza, l'impegno
associativo. E questa aspirazione è naturale. Essa è
anche un'opportunità. Essa testimonia la capacità
delle Francesi e dei Francesi di mobilitarsi, di agire, di dare
libero corso alla loro energia, alla loro iniziativa.
Tuttavia, questo movimento deve trovare i suoi limiti nel rispetto
dei valori comuni. Il pericolo è la liberazione di forze
centrifughe, l'esaltazione dei particolarismi che separano. Il
pericolo è di voler sovrapporre le regole particolari alla
legge comune. Il pericolo è la divisione, è la discriminazione.
Guardiamo quello che succede altrove. Le società strutturate
attorno alle comunità sono molto spesso preda di disuguaglianze
inaccettabili.
Il comunitarismo non può essere la scelta della Francia.
Sarebbe contrario alla nostra storia, alle nostre tradizioni,
alla nostra cultura. Sarebbe contrario ai nostri principi umanistici,
alla nostra fede nella promozione sociale mediante la sola forza
del talento e del merito, al nostro attaccamento ai valori di
eguaglianza e di fraternità fra tutti i francesi.
Per queste ragioni io rifiuto di condurre la Francia in questa
direzione. Ne verrebbe sacrificata la sua eredità. Ne verrebbe
compromesso il suo futuro. Ne perderebbe la sua anima. Anche per
queste ragioni, noi abbiamo l'obbligo ardente di agire. Non è
né nell'immobilismo, né nella nostalgia, che noi
ritroveremo una nuova comunità di destino. E' nella lucidità,
nella immaginazione e nella fedeltà a ciò che noi
siamo.
La
Francia ha saputo portare anche quest'anno, in tutte le zone di
tensione e di crisi, la sua parola di pace e di tolleranza, per
invitare i popoli che si combattono, al rispetto dell'altro.
All'interno delle nostre frontiere, nel cuore della nostra società,
sappiamo vivere insieme portando la stessa esigenza, la stessa
ambizione di rispetto e di giustizia!
|
|
L'uguaglianza
delle opportunità è stata in ogni epoca la sfida
della Francia. Il fronte di questa sfida passa ormai nei quartieri.
Come chiedere ai loro abitanti di riconoscersi nella Nazione e
nei suoi valori quando essi vivono nei ghetti caratterizzati da
un urbanismo disumano, dove il non-diritto e la legge del più
forte pretendono di imporsi?
Con il rafforzamento della sicurezza, con il programma di rinnovamento
urbano per distruggere le "barres", con le zone franche
destinate a riportare l'impiego e le attività nei centri
storici, noi arrestiamo il fatalismo e ritroviamo la speranza.
È per il Governo e per me stesso, un sfida e una esigenza
prioritaria.
Fare vivere l'uguaglianza delle opportunità, è anche
ridare tutta la sua forza alla nostra tradizione di integrazione
facendo affidamento sui risultati già acquisiti ma anche
rifiutando l'inaccettabile.
Molti giovani provenienti dall'immigrazione, per i quali il francese
è la lingua madre, e che sono, nella maggior parte dei
casi, di nazionalità francese, hanno successo e si sentono
a loro agio in una società che è la loro. Essi devono
essere riconosciuti per quello che sono, per la loro capacità,
il loro percorso, il loro merito. Essi vogliono esprimere i loro
successi, la loro sete di agire, il loro inserimento, la loro
piena appartenenza alla comunità nazionale.
Questi successi, bisogna prepararli anche con gli stranieri che
raggiungono il Paese legalmente, domandando loro di aderire ai
nostri valori e alle nostre leggi. Questo è l'oggetto del
contratto di accoglienza e di integrazione adottato dal Governo,
su mia richiesta, e che è loro proposto individualmente.
Dà loro accesso a corsi di francese, a una formazione alla
cittadinanza francese, a un seguito sociale, in cambio dell'impegno
di rispettare scrupolosamente le leggi della Repubblica.
Questi successi, bisogna renderli possibili anche rompendo il
muro del silenzio e della indifferenza che circonda la realtà
di oggi delle discriminazioni. Io capisco il sentimento di incomprensione,
di scoraggiamento, a volte anche di rivolta di questi giovani
francesi usciti dall'immigrazione, le cui richieste d'impiego
vengono respinte per la semplice assonanza del loro cognome e
che, troppo spesso, sono messi di fronte a discriminazioni per
l'accesso alla casa o anche semplicemente per l'ingresso in un
locale di divertimento. E' necessaria una presa di coscienza e
una reazione energica. Sarà questa la missione dell'Autorità
indipendente incaricata di lottare contro tutte le forme di discriminazione,
che sarà insediata all'inizio del prossimo anno.
Tutti i bambini di Francia, qualsiasi sia la loro storia, qualsiasi
sia il loro credo, sono figli della Repubblica. Essi devono essere
riconosciuti come tali, nei loro diritti ma soprattutto nei fatti.
E' vigilando per fare rispettare questa esigenza, rifondando la
nostra politica di integrazione, con la capacità di far
vivere l'uguaglianza, che noi ridaremo tutta la sua vitalità
alla nostra coesione nazionale.
|
|
Noi
lo faremo anche facendo vivere il principio di laicità
che è un pilastro della nostra Costituzione. Esprime la
nostra volontà di vivere insieme nel rispetto, nel dialogo
e nella tolleranza.
La laicità garantisce la libertà di coscienza. Protegge
la libertà di credere o di non credere. Assicura a ciascuno
la possibilità di esprimere e di praticare la propria fede,
pacificamente, liberamente, senza la minaccia di vedersi imporre
altre convinzioni o altri credi. Permette a donne e a uomini venuti
da ogni dove, di culture diverse, di essere protetti nelle loro
credenze dalla Repubblica e dalle sue istituzioni. Aperta e generosa,
essa è il luogo privilegiato dell'incontro e dello scambio
dove ciascuno si ritrova per portare il meglio alla comunità
nazionale. È la neutralità dello spazio pubblico
che permette la coesistenza armoniosa delle differenti religioni.
Come tutte le libertà, la libertà di espressione
delle fedi religiose può trovare dei limiti solo nella
libertà degli altri e nell'osservazione della regole della
vita civile. La libertà religiosa, che il nostro Paese
rispetta e protegge, non può essere sviata. Non può
rimettere in discussione la regola comune. Non può attentare
alla libertà di convinzione degli altri. È questo
equilibrio sottile, prezioso e fragile, costruito pazientemente
da anni, che assicura il rispetto del principio della laicità.
E questo principio è una fortuna per la Francia. E per
questo esso è inscritto nel primo articolo della nostra
Costituzione. È per questo che non è negoziabile!
Dopo aver lacerato la Francia nel momento della adozione della
grande legge repubblicana di separazione delle Chiese e dello
Stato nel 1905, una laicità placata ha permesso di riunificare
tutti i francesi. Un secolo di verifiche ne ha mostrato la saggezza
e ora raccoglie l'adesione di tutte le confessioni e di tutte
le correnti di pensiero. Purtroppo, malgrado la forza di questa
eredità repubblicana, e come l'hanno dimostrato, in modo
particolare, i lavori della Commissione presieduta da Bernard
Stasi- Commissione alla quale io voglio di nuovo rendere un omaggio
particolare- l'applicazione del principio della laicità
nella nostra società è oggi in discussione. Certo,
è raramente contestato. Molti lo richiamano. Ma la sua
applicazione si scontra nella realtà con nuove e sempre
maggiori difficoltà, nel mondo del lavoro, nei servizi
pubblici, nella scuola in particolare e negli ospedali.
Non è possibile tollerare che, con il pretesto della libertà
religiosa, si contestino le leggi e i principi della Repubblica.
La laicità è una delle grandi conquiste della Repubblica.
E' un elemento portante della pace sociale e della coesione nazionale.
Non possiamo lasciarla indebolire. Dobbiamo lavorare per consolidarla.
|
|
Per
questo dobbiamo assicurare effettivamente lo stesso rispetto,
la stessa considerazione per tutte le grandi famiglie spirituali.
Da questo punto di vista l'Islam, religione più recente
nel nostro Paese, ha tutto lo spazio fra le grandi religioni presenti
nel nostro territorio. La creazione del Consiglio francese del
Culto Musulmano permette ormai di organizzare le relazioni fra
lo Stato e l'Islam in Francia. I musulmani devono avere in Francia
la possibilità di disporre di luoghi di culto che permettano
loro di praticare la loro religione nella dignità e nella
tranquillità. Malgrado i progressi recenti, bisogna riconoscere
che resta ancora molto da fare in questo settore. Un nuovo passo
sarà fatto quando sarà assicurata la formazione
di Imans francesi permettendo di affermare un Islam di culto francese.
Il rispetto, la tolleranza, lo spirito di dialogo si radicheranno
anche con la conoscenza e la comprensione dell'altro alle quali
ciascuno di noi deve attribuire la più grande importanza.
È per questo che oggi mi pare fondamentale sviluppare l'insegnamento
del fatto religioso a scuola.
Bisogna condurre anche, con vigilanza e con fermezza, una lotta
senza tregua contro la xenofobia, il razzismo e in particolare
contro l'antisemitismo. Non tolleriamo la banalizzazione dell'insulto!
Non minimizziamo nessun gesto, nessun atteggiamento, nessuna espressione!
Non lasciamo passare nulla! E' una questione di dignità.
Noi dobbiamo riaffermare con forza la neutralità e la laicità
del servizio pubblico. Quella di ogni pubblico ufficiale, al servizio
di tutti e dell'interesse generale, al quale si impone la proibizione
di esternare le proprie credenze o opinioni. È una regola
del nostro diritto, poiché nessun francese deve sospettare
un rappresentante dell'autorità pubblica di privilegiarlo
o di sfavorirlo in funzione delle convinzioni personali. Nello
stesso modo, le convinzioni di un cittadino non devono autorizzarlo
a ricusare un pubblico ufficiale.
Bisogna anche riaffermare la laicità a scuola poiché
la scuola deve essere assolutamente protetta.
La scuola è prima di tutto il luogo deputato all'acquisizione
ed alla trasmissione dei valori che noi condividiamo. Lo strumento
per eccellenza del radicamento dell'idea repubblicana. Lo spazio
dove si formano i cittadini di domani alla critica, al dialogo,
alla libertà. Dove si danno loro le chiavi per maturarsi
ed essere padroni del loro destino. Dove ognuno vede aprirsi un
orizzonte più ampio.
La scuola è un santuario repubblicano che noi dobbiamo
difendere, per preservare l'uguaglianza a fronte dell'acquisizione
dei valori e del sapere, l'uguaglianza fra le ragazze e i ragazzi,
l'insegnamento comune di tutte le discipline, anche delle attività
sportive. Per proteggere i nostri figli. Affinché la nostra
gioventù non sia esposta ai cattivi venti che dividono,
che separano, che li mettono gli uni contro gli altri.
|
|
Non
si tratta di fare della scuola un luogo di uniformità,
di anonimato,in cui siano proibiti il fatto religioso o l'appartenenza
religiosa. Si tratta di permettere ai docenti e ai dirigenti scolastici,
oggi in prima linea di fronte a vere e proprie difficoltà,
di esercitare serenamente la loro missione con l'affermazione
di una regola chiara. Fino a non molto tempo fa, in virtù
di consuetudini ragionevoli e spontaneamente rispettate, non era
mai stato messo in discussione da nessuno che gli allievi, naturalmente
liberi di vivere la propria fede, non dovevano venire a scuola,
alla scuola dell'obbligo o alla scuola secondaria superiore vestendo
gli abiti del loro culto.
Non si tratta di inventare nuove regole o di far avanzare le frontiere
della laicità. Si tratta di ribadire con rispetto ma chiaramente
e fermamente una regola che è nelle nostre consuetudini
e nelle nostre pratiche da lunghissimo tempo.
Mi sono consultato. Ho studiato il rapporto della Commissione
STASI. Ho esaminato le argomentazioni della Missione dell'Assemblea
nazionale, dei partiti politici, delle autorità religiose,
dei grandi rappresentanti delle grandi correnti di pensiero.
In coscienza, io ritengo che indossare dei vestiti o dei simboli
che ostentano vistosamente l'appartenenza religiosa deve essere
proibito nelle scuole pubbliche, dell'obbligo e secondarie superiori.
I simboli discreti, per esempio una croce, una stella di Davide,
o una mano di Fatima, rimarranno naturalmente possibili. Al contrario,
i simboli ostentati, cioè quelli la cui esibizione avrà
come conseguenza il farsi notare e riconoscere sulla base del
proprio credo religioso, non potranno essere ammessi; fra questi
il velo islamico, qualsiasi sia il nome che gli si dà,
la Kippa o una croce, manifestamente di dimensioni eccessive,
non saranno ammessi all'interno delle scuole pubbliche. La scuola
pubblica resterà laica.
A questo scopo evidentemente è necessaria una legge . Chiedo
che sia adottata dal Parlamento e che sia operativa fin dall'inizio
del prossimo anno scolastico. Fin da ora chiedo al Governo di
proseguire il dialogo con le autorità religiose e di iniziare
un processo di spiegazione, di mediazione e di pedagogia.
Il nostro obiettivo è di aprire gli spiriti e i cuori.
È di far capire ai giovani interessati la posta in gioco,
e proteggerli contro le influenze e le passioni che, invece di
liberarli o di permettere loro di affermare il loro libero arbitrio,
li costringono o li minacciano.
|
|
Nell'applicazione
di questa legge bisognerà ricercare sistematicamente il
dialogo e la concertazione, prima di ogni decisione. Per quanto
concerne però la questione sollevata delle festività,
non credo che si debbano aggiungere nuovi giorni festivi al calendario
scolastico, che ne prevede già molti. Inoltre, ciò
creerebbe gravi difficoltà ai genitori che lavorano in
quei giorni. Pertanto, e come è già largamente in
uso, desidero che nessun allievo debba giustificarsi per un'assenza
in occasione di una grande festa religiosa come il Kappur o l'Aït-El-Kebir,
a condizione che l'istituto sia stato in precedenza informato.
Ovviamente, prove importanti o esami non debbono essere organizzati
in quei giorni, e istruzioni in tal senso saranno date ai dirigenti
scolastici dal ministro dell'educazione nazionale.
Bisogna anche ricordare le regole elementari del vivere insieme.
Penso all'ospedale dove nulla può giustificare che un paziente
rifiuti, per principio, di farsi curare da un medico dell'altro
sesso. Occorrerà che la legge stabilisca questa regola
per tutti i malati che si rivolgono al servizio pubblico.
Allo stesso modo, il ministro del lavoro dovrà avviare
le necessarie concertazioni e, se è necessario, sottoporre
al Parlamento una disposizione che permetta al capo di un'impresa
di regolamentare i simboli religiosi, per imperativi che attengono
alla sicurezza, ciò va da sé, e per i contatti con
il pubblico.
In linea generale, ritengo auspicabile che un "Codice della
laicità" riunisca tutti i principi e le regole relative
alla laicità. Questo codice sarà consegnato a tutti
i funzionari e pubblici ufficiali, al momento dell'assunzione
in servizio.
Inoltre, il Primo ministro stabilirà un Osservatorio della
laicità incaricato di mettere in guardia i Francesi e i
poteri pubblici sui rischi di scostamento da o di attacco a questo
principio essenziale.
Infine, la nostra lotta per i valori della Repubblica deve condurci
a impegnarci risolutamente in favore dei diritti delle donne e
della loro vera uguaglianza con gli uomini. Questa lotta è
di quelle che delineano la fisionomia della Francia di domani.
Il grado di civiltà di una società si misura, anzitutto,
dal posto che occupano le donne. Bisogna essere vigili e intransigente
di fronte alle minacce di un ritorno indietro, perché tali
minacce esistono.
Non possiamo accettare che alcuni, trincerandosi dietro una concezione
tendenziosa del principio di laicità, cerchino di minare
queste acquisizioni della nostra Repubblica, che sono l'uguaglianza
dei sessi e la dignità delle donne.
Proclamo solennemente: la Repubblica si opporrà a tutto
ciò che separa, a tutto ciò che rifiuta, a tutto
ciò che esclude! La regola, è la mescolanza perche
unisce, perché pone tutto gli individui su un piano di
uguaglianza, perché si rifiuta di distinguere secondo il
sesso, l'origine, il colore, la religione.
In materia di diritti delle donne, la nostra società ha
ancora molti progressi da fare. La nuova frontiera della parità
è oramai l'uguaglianza professionale fra le donne e gli
uomini. Ciascuno deve prenderne coscienza e agire in questo senso.
Conto di impegnarmi personalmente nelle prossime settimane.
|
|
Signore
e Signori,
I dibattiti sulla laicità, l'integrazione, l'eguaglianza
delle opportunità, il diritto delle donne, ci pongono una
medesima domanda: quale Francia vogliamo per noi e per i nostri
figli? Abbiamo ricevuto in eredità un paese ricco di storia,
di lingua, di cultura, una Nazione forte dei suoi valori e dei
suoi ideali.
Del nostro Paese, la Francia, ciascuno deve essere fiero. Ciascuno
deve sentirsi depositario della sua eredità. Ciascuno deve
sentirsi responsabile del suo futuro.
Dobbiamo saper trasformare gli interrogativi di oggi in certezze
per domani. Ricercando risolutamente l'unità dei Francesi.
Confermando il nostro attaccamento a una laicità aperta
e generosa come abbiamo saputo costruirla anno dopo anno. Facendo
meglio vivere l'uguaglianza delle opportunità, lo spirito
della tolleranza, la solidarietà. Combattendo fermamente
per i diritti delle donne e unendoci attorno a valori che hanno
fatto e fanno la Francia. È così che resteremo una
Nazione fiduciosa, sicura, forte della sua coesione. È
così che potremo riaffermare l'ambizione che ci unisce
di edificare, per il nostro Paese e per i nostri giovani, un avvenire
di progresso e di giustizia.
È
una delle grandi sfide lanciata alle nostre generazioni. Questa
sfida, possiamo, dobbiamo, stiamo per raccoglierla insieme.
Tutti insieme.
Vi ringrazio.
|
|