Discorso pronunciato
dal Presidente JACQUES CHIRAC
sul RISPETTO DEL PRINCIPIO
DELLA LAICITÀ NELLA REPUBBLICA

Palazzo dell'Eliseo mercoledì 17 dicembre 2003

 

Signor Primo Ministro,
Signori Presidenti delle Assemblee,
Signore e signori Ministri,
Signore e signori Parlamentari,
Signore, signori,

Il dibattito sul principio della laicità echeggia dal profondo delle nostre coscienze. Ci riporta alla nostra coesione nazionale, allo nostra attitudine a vivere insieme, alla nostra capacità di riunirci sull'essenziale. La laicità è inscritta nelle nostre tradizioni. E' nel cuore della nostra identità repubblicana. Oggi non si tratta né di rifondarla, né di modificarne le frontiere. Si tratta di farla vivere restando fedeli agli equilibri che noi abbiamo saputo creare e ai valori della Repubblica. Sono più di duecento anni che la nostra Repubblica si costruisce e si rinnova fondandosi sulla libertà, garantita dalla supremazia della legge sugli interessi particolari, sull'eguaglianza delle donne e degli uomini, sull'eguaglianza delle opportunità, dei diritti, dei doveri, sulla fraternità fra tutti i Francesi qualsiasi sia la loro condizione o le loro origini.
Nella nostra Repubblica, ognuno è rispettato nelle sue diversità perché ciascuno rispetta la legge comune. Ovunque nel mondo, la Francia è riconosciuta come la patria dei diritti dell'uomo.
Ma il mondo cambia, si abbassano le frontiere, si moltiplicano gli scambi. Nello stesso tempo, le rivendicazioni identitarie o comunitarie si affermano o si acuiscono, col rischio, spesso, del ripiegamento su se stessi, dell'egoismo, se non addirittura dell'intolleranza.

Come saprà la società francese rispondere a questi cambiamenti? Noi ci arriveremo facendo una scelta di saggezza e di alleanza di tutti i Francesi di ogni origine e di ogni convinzione. Noi ci arriveremo, come nei momenti importanti della nostra storia, cercando nella fedeltà ai nostri valori e ai nostri principi la forza di un nuovo balzo in avanti.
Balzo in avanti delle coscienze, per riscoprire con fierezza l'originalità e la grandezza della nostra cultura e del nostro modello francese. Balzo in avanti dell'azione, per scrivere nel cuore del nostro patto repubblicano l'uguaglianza delle opportunità e dei diritti, l'integrazione di tutti nel rispetto delle differenze. Balzo in avanti collettivo, affinché insieme, forti di questa diversità che fa la nostra ricchezza, noi portiamo la nostra volontà, il nostro impegno, il nostro desiderio di vivere insieme verso un avvenire di fiducia, di giustizia e di progresso. E' nella fedeltà al principio della laicità, pietra miliare della Repubblica, fascio dei nostri valori comuni di rispetto, di tolleranza, di dialogo, che io chiamo tutte le francesi e tutti i francesi ad unirsi.

Il nostro popolo, la nostra Nazione, la nostra Repubblica sono uniti dai valori comuni. Questi valori non si sono imposti facilmente. Hanno a volte diviso i francesi prima di contribuire a riunirli. Spesso si sono forgiati nella prova dolorosa delle lotte che attraversano la nostra storia e segnano la nostra memoria.
Dalle origini della monarchia fino alle tragedie dell'ultimo secolo, la lunga marcia verso l'unità ha disegnato il nostro territorio e forgiato il nostro Stato. Dall'Editto di Nantes alle leggi di separazione fra Stato e Chiesa , la libertà religiosa e la tolleranza si sono fatte strada attraverso guerre di religione e persecuzioni. I diritti dell'uomo e quelli del cittadino sono stati progressivamente conquistati, consolidati, approfonditi, dalla Dichiarazione del 1789 fino al Preambolo del 1946. Essi lo sono stati attraverso la consacrazione del suffragio universale e il diritto di voto alle donne, la libertà di stampa, la libertà di associazione e soprattutto la lotta per far riconoscere l'innocenza del capitano Dreyfus.
Dall'abolizione dei privilegi, la notte del 4 agosto, a quella della schiavitù il 27 aprile 1848, la Repubblica ha proclamato con forza la sua fede nell' uguaglianza e ha combattuto senza tregua per la giustizia sociale, con queste conquiste storiche che sono l'educazione gratuita ed obbligatoria, il diritto di sciopero, la libertà sindacale, la sicurezza sociale. Ha saputo tendere la mano, far vivere l'uguaglianza delle opportunità, riconoscere il merito e permettere la promozione, fino alle più alte cariche, di donne e uomini provenienti dagli strati sociali più modesti. Oggi, noi continuiamo ad avanzare risolutamente per consolidare i diritti delle donne.
Questi valori fondano la singolarità della nostra Nazione. Questi valori portano la nostra voce in alto e lontano nel mondo. Questi sono i valori che fanno la Francia.

Terra di idee e di principi, la Francia è una terra aperta, accogliente e generosa. Unito attorno a un'eredità singolare che fa la sua forza e la sua fierezza, il popolo francese è ricco della sua diversità. Una diversità accettata e che è al cuore della nostra identità.
Diversità delle credenze, in questa vecchia terra della cristianità dove ha messo radici anche una tradizione ebraica che risale a circa due mila anni. Terra di cattolicesimo, che ha saputo superare le lacerazioni delle guerre di religione e riconoscere finalmente tutto lo spazio ai protestanti alla vigilia della Rivoluzione. Terra di apertura infine per tutti i francesi di tradizione musulmana che sono parte integrante della nostra Nazione. Diversità delle regioni che hanno progressivamente disegnato il volto del nostro Paese, dall'Ile-de-France fino ai ducati di Bretagna, di Aquitania, di Borgogna, dell'Alsazia e della Lorena, fino alla contea di Nizza, ai Caraibi, l'oceano Indiano o quello del Sud Pacifico.
E ovviamente, diversità delle donne e degli uomini che, a ogni generazione, sono venuti a raggiungere la comunità nazionale e per i quali la Francia è stata, anzitutto, un ideale prima di diventare una patria. Immigrati italiani, arrivati in massa con la prima rivoluzione industriale per portare nel nostro Paese i loro talenti e la loro energia. Spagnoli, cacciati dalle terribili divisioni degli anni Trenta e venuti a trovare rifugio in Francia. Portoghesi, arrivati negli anni Sessanta, pieni di ardore e di coraggio. Ma anche Polacchi, Armeni, Asiatici, immigrati dal Maghreb e dall'Africa nera. Tutti hanno contribuito a forgiare il nostro Paese, a renderlo più forte e più prospero, ad accrescere la sua influenza in Europa e nel mondo. La nostra bandiera, la nostra lingua, la nostra storia: tutto ci parla di questi valori di tolleranza e di rispetto dell'altro, di queste battaglie, di questa diversità che fanno la grandezza della Francia. Di questa Francia, che si batte per la pace, per la giustizia, per i diritti dell'uomo, noi siamo fieri. Dobbiamo saperla difendere. Piuttosto che rimetterla in discussione, ciascuno deve misurare ciò che essa gli dà e domandarsi che cosa egli può fare per essa.
È proprio perché la Francia rimanga se stessa, che noi dobbiamo oggi rispondere alle domande e alleggerire le tensioni che attraversano la nostra società.

Tutti conoscono questi fattori di tensione.
La mondializzazione preoccupa. Benché apportatrice di nuove opportunità, destabilizza gli individui, li spinge a volte al riflusso. Nel momento in cui crollano le grandi ideologie, l'oscurantismo e il fanatismo guadagnano terreno nel mondo. Fra la nazione francese e questa Europa dei cittadini che noi auspichiamo, ciascuno deve ridefinire i propri punti di riferimento.
Nello stesso tempo, la persistenza o l'aggravamento delle ineguaglianze, questo fossato che si scava fra i quartieri difficili e il resto del Paese, smentiscono il principio di uguaglianza delle opportunità e minacciano di lacerare il nostro patto repubblicano.
Una cosa è certa: la risposta non è nell'infinitamente piccolo del ripiegamento su di sé o del comunitarismo. Essa è, al contrario, nell'affermazione del nostro desiderio di vivere insieme, nel consolidamento dello slancio comune, nella fedeltà alla nostra storia e ai nostri valori.

Davanti alle incertezze del tempo e del mondo, davanti al sentimento di impotenza, a volte stretti dallo sconforto, ciascuno ricerca dei punti di riferimento più personali, più immediati: la famiglia, le solidarietà della vicinanza, l'impegno associativo. E questa aspirazione è naturale. Essa è anche un'opportunità. Essa testimonia la capacità delle Francesi e dei Francesi di mobilitarsi, di agire, di dare libero corso alla loro energia, alla loro iniziativa.
Tuttavia, questo movimento deve trovare i suoi limiti nel rispetto dei valori comuni. Il pericolo è la liberazione di forze centrifughe, l'esaltazione dei particolarismi che separano. Il pericolo è di voler sovrapporre le regole particolari alla legge comune. Il pericolo è la divisione, è la discriminazione.
Guardiamo quello che succede altrove. Le società strutturate attorno alle comunità sono molto spesso preda di disuguaglianze inaccettabili.
Il comunitarismo non può essere la scelta della Francia. Sarebbe contrario alla nostra storia, alle nostre tradizioni, alla nostra cultura. Sarebbe contrario ai nostri principi umanistici, alla nostra fede nella promozione sociale mediante la sola forza del talento e del merito, al nostro attaccamento ai valori di eguaglianza e di fraternità fra tutti i francesi.
Per queste ragioni io rifiuto di condurre la Francia in questa direzione. Ne verrebbe sacrificata la sua eredità. Ne verrebbe compromesso il suo futuro. Ne perderebbe la sua anima. Anche per queste ragioni, noi abbiamo l'obbligo ardente di agire. Non è né nell'immobilismo, né nella nostalgia, che noi ritroveremo una nuova comunità di destino. E' nella lucidità, nella immaginazione e nella fedeltà a ciò che noi siamo.

La Francia ha saputo portare anche quest'anno, in tutte le zone di tensione e di crisi, la sua parola di pace e di tolleranza, per invitare i popoli che si combattono, al rispetto dell'altro.
All'interno delle nostre frontiere, nel cuore della nostra società, sappiamo vivere insieme portando la stessa esigenza, la stessa ambizione di rispetto e di giustizia!

L'uguaglianza delle opportunità è stata in ogni epoca la sfida della Francia. Il fronte di questa sfida passa ormai nei quartieri. Come chiedere ai loro abitanti di riconoscersi nella Nazione e nei suoi valori quando essi vivono nei ghetti caratterizzati da un urbanismo disumano, dove il non-diritto e la legge del più forte pretendono di imporsi?
Con il rafforzamento della sicurezza, con il programma di rinnovamento urbano per distruggere le "barres", con le zone franche destinate a riportare l'impiego e le attività nei centri storici, noi arrestiamo il fatalismo e ritroviamo la speranza. È per il Governo e per me stesso, un sfida e una esigenza prioritaria.
Fare vivere l'uguaglianza delle opportunità, è anche ridare tutta la sua forza alla nostra tradizione di integrazione facendo affidamento sui risultati già acquisiti ma anche rifiutando l'inaccettabile.
Molti giovani provenienti dall'immigrazione, per i quali il francese è la lingua madre, e che sono, nella maggior parte dei casi, di nazionalità francese, hanno successo e si sentono a loro agio in una società che è la loro. Essi devono essere riconosciuti per quello che sono, per la loro capacità, il loro percorso, il loro merito. Essi vogliono esprimere i loro successi, la loro sete di agire, il loro inserimento, la loro piena appartenenza alla comunità nazionale.
Questi successi, bisogna prepararli anche con gli stranieri che raggiungono il Paese legalmente, domandando loro di aderire ai nostri valori e alle nostre leggi. Questo è l'oggetto del contratto di accoglienza e di integrazione adottato dal Governo, su mia richiesta, e che è loro proposto individualmente. Dà loro accesso a corsi di francese, a una formazione alla cittadinanza francese, a un seguito sociale, in cambio dell'impegno di rispettare scrupolosamente le leggi della Repubblica.
Questi successi, bisogna renderli possibili anche rompendo il muro del silenzio e della indifferenza che circonda la realtà di oggi delle discriminazioni. Io capisco il sentimento di incomprensione, di scoraggiamento, a volte anche di rivolta di questi giovani francesi usciti dall'immigrazione, le cui richieste d'impiego vengono respinte per la semplice assonanza del loro cognome e che, troppo spesso, sono messi di fronte a discriminazioni per l'accesso alla casa o anche semplicemente per l'ingresso in un locale di divertimento. E' necessaria una presa di coscienza e una reazione energica. Sarà questa la missione dell'Autorità indipendente incaricata di lottare contro tutte le forme di discriminazione, che sarà insediata all'inizio del prossimo anno.
Tutti i bambini di Francia, qualsiasi sia la loro storia, qualsiasi sia il loro credo, sono figli della Repubblica. Essi devono essere riconosciuti come tali, nei loro diritti ma soprattutto nei fatti. E' vigilando per fare rispettare questa esigenza, rifondando la nostra politica di integrazione, con la capacità di far vivere l'uguaglianza, che noi ridaremo tutta la sua vitalità alla nostra coesione nazionale.

Noi lo faremo anche facendo vivere il principio di laicità che è un pilastro della nostra Costituzione. Esprime la nostra volontà di vivere insieme nel rispetto, nel dialogo e nella tolleranza.
La laicità garantisce la libertà di coscienza. Protegge la libertà di credere o di non credere. Assicura a ciascuno la possibilità di esprimere e di praticare la propria fede, pacificamente, liberamente, senza la minaccia di vedersi imporre altre convinzioni o altri credi. Permette a donne e a uomini venuti da ogni dove, di culture diverse, di essere protetti nelle loro credenze dalla Repubblica e dalle sue istituzioni. Aperta e generosa, essa è il luogo privilegiato dell'incontro e dello scambio dove ciascuno si ritrova per portare il meglio alla comunità nazionale. È la neutralità dello spazio pubblico che permette la coesistenza armoniosa delle differenti religioni.
Come tutte le libertà, la libertà di espressione delle fedi religiose può trovare dei limiti solo nella libertà degli altri e nell'osservazione della regole della vita civile. La libertà religiosa, che il nostro Paese rispetta e protegge, non può essere sviata. Non può rimettere in discussione la regola comune. Non può attentare alla libertà di convinzione degli altri. È questo equilibrio sottile, prezioso e fragile, costruito pazientemente da anni, che assicura il rispetto del principio della laicità. E questo principio è una fortuna per la Francia. E per questo esso è inscritto nel primo articolo della nostra Costituzione. È per questo che non è negoziabile!
Dopo aver lacerato la Francia nel momento della adozione della grande legge repubblicana di separazione delle Chiese e dello Stato nel 1905, una laicità placata ha permesso di riunificare tutti i francesi. Un secolo di verifiche ne ha mostrato la saggezza e ora raccoglie l'adesione di tutte le confessioni e di tutte le correnti di pensiero. Purtroppo, malgrado la forza di questa eredità repubblicana, e come l'hanno dimostrato, in modo particolare, i lavori della Commissione presieduta da Bernard Stasi- Commissione alla quale io voglio di nuovo rendere un omaggio particolare- l'applicazione del principio della laicità nella nostra società è oggi in discussione. Certo, è raramente contestato. Molti lo richiamano. Ma la sua applicazione si scontra nella realtà con nuove e sempre maggiori difficoltà, nel mondo del lavoro, nei servizi pubblici, nella scuola in particolare e negli ospedali.
Non è possibile tollerare che, con il pretesto della libertà religiosa, si contestino le leggi e i principi della Repubblica. La laicità è una delle grandi conquiste della Repubblica. E' un elemento portante della pace sociale e della coesione nazionale. Non possiamo lasciarla indebolire. Dobbiamo lavorare per consolidarla.

Per questo dobbiamo assicurare effettivamente lo stesso rispetto, la stessa considerazione per tutte le grandi famiglie spirituali. Da questo punto di vista l'Islam, religione più recente nel nostro Paese, ha tutto lo spazio fra le grandi religioni presenti nel nostro territorio. La creazione del Consiglio francese del Culto Musulmano permette ormai di organizzare le relazioni fra lo Stato e l'Islam in Francia. I musulmani devono avere in Francia la possibilità di disporre di luoghi di culto che permettano loro di praticare la loro religione nella dignità e nella tranquillità. Malgrado i progressi recenti, bisogna riconoscere che resta ancora molto da fare in questo settore. Un nuovo passo sarà fatto quando sarà assicurata la formazione di Imans francesi permettendo di affermare un Islam di culto francese.
Il rispetto, la tolleranza, lo spirito di dialogo si radicheranno anche con la conoscenza e la comprensione dell'altro alle quali ciascuno di noi deve attribuire la più grande importanza. È per questo che oggi mi pare fondamentale sviluppare l'insegnamento del fatto religioso a scuola.
Bisogna condurre anche, con vigilanza e con fermezza, una lotta senza tregua contro la xenofobia, il razzismo e in particolare contro l'antisemitismo. Non tolleriamo la banalizzazione dell'insulto! Non minimizziamo nessun gesto, nessun atteggiamento, nessuna espressione! Non lasciamo passare nulla! E' una questione di dignità.
Noi dobbiamo riaffermare con forza la neutralità e la laicità del servizio pubblico. Quella di ogni pubblico ufficiale, al servizio di tutti e dell'interesse generale, al quale si impone la proibizione di esternare le proprie credenze o opinioni. È una regola del nostro diritto, poiché nessun francese deve sospettare un rappresentante dell'autorità pubblica di privilegiarlo o di sfavorirlo in funzione delle convinzioni personali. Nello stesso modo, le convinzioni di un cittadino non devono autorizzarlo a ricusare un pubblico ufficiale.
Bisogna anche riaffermare la laicità a scuola poiché la scuola deve essere assolutamente protetta.
La scuola è prima di tutto il luogo deputato all'acquisizione ed alla trasmissione dei valori che noi condividiamo. Lo strumento per eccellenza del radicamento dell'idea repubblicana. Lo spazio dove si formano i cittadini di domani alla critica, al dialogo, alla libertà. Dove si danno loro le chiavi per maturarsi ed essere padroni del loro destino. Dove ognuno vede aprirsi un orizzonte più ampio.
La scuola è un santuario repubblicano che noi dobbiamo difendere, per preservare l'uguaglianza a fronte dell'acquisizione dei valori e del sapere, l'uguaglianza fra le ragazze e i ragazzi, l'insegnamento comune di tutte le discipline, anche delle attività sportive. Per proteggere i nostri figli. Affinché la nostra gioventù non sia esposta ai cattivi venti che dividono, che separano, che li mettono gli uni contro gli altri.

Non si tratta di fare della scuola un luogo di uniformità, di anonimato,in cui siano proibiti il fatto religioso o l'appartenenza religiosa. Si tratta di permettere ai docenti e ai dirigenti scolastici, oggi in prima linea di fronte a vere e proprie difficoltà, di esercitare serenamente la loro missione con l'affermazione di una regola chiara. Fino a non molto tempo fa, in virtù di consuetudini ragionevoli e spontaneamente rispettate, non era mai stato messo in discussione da nessuno che gli allievi, naturalmente liberi di vivere la propria fede, non dovevano venire a scuola, alla scuola dell'obbligo o alla scuola secondaria superiore vestendo gli abiti del loro culto.
Non si tratta di inventare nuove regole o di far avanzare le frontiere della laicità. Si tratta di ribadire con rispetto ma chiaramente e fermamente una regola che è nelle nostre consuetudini e nelle nostre pratiche da lunghissimo tempo.
Mi sono consultato. Ho studiato il rapporto della Commissione STASI. Ho esaminato le argomentazioni della Missione dell'Assemblea nazionale, dei partiti politici, delle autorità religiose, dei grandi rappresentanti delle grandi correnti di pensiero.
In coscienza, io ritengo che indossare dei vestiti o dei simboli che ostentano vistosamente l'appartenenza religiosa deve essere proibito nelle scuole pubbliche, dell'obbligo e secondarie superiori.
I simboli discreti, per esempio una croce, una stella di Davide, o una mano di Fatima, rimarranno naturalmente possibili. Al contrario, i simboli ostentati, cioè quelli la cui esibizione avrà come conseguenza il farsi notare e riconoscere sulla base del proprio credo religioso, non potranno essere ammessi; fra questi il velo islamico, qualsiasi sia il nome che gli si dà, la Kippa o una croce, manifestamente di dimensioni eccessive, non saranno ammessi all'interno delle scuole pubbliche. La scuola pubblica resterà laica.
A questo scopo evidentemente è necessaria una legge . Chiedo che sia adottata dal Parlamento e che sia operativa fin dall'inizio del prossimo anno scolastico. Fin da ora chiedo al Governo di proseguire il dialogo con le autorità religiose e di iniziare un processo di spiegazione, di mediazione e di pedagogia.
Il nostro obiettivo è di aprire gli spiriti e i cuori. È di far capire ai giovani interessati la posta in gioco, e proteggerli contro le influenze e le passioni che, invece di liberarli o di permettere loro di affermare il loro libero arbitrio, li costringono o li minacciano.

Nell'applicazione di questa legge bisognerà ricercare sistematicamente il dialogo e la concertazione, prima di ogni decisione. Per quanto concerne però la questione sollevata delle festività, non credo che si debbano aggiungere nuovi giorni festivi al calendario scolastico, che ne prevede già molti. Inoltre, ciò creerebbe gravi difficoltà ai genitori che lavorano in quei giorni. Pertanto, e come è già largamente in uso, desidero che nessun allievo debba giustificarsi per un'assenza in occasione di una grande festa religiosa come il Kappur o l'Aït-El-Kebir, a condizione che l'istituto sia stato in precedenza informato. Ovviamente, prove importanti o esami non debbono essere organizzati in quei giorni, e istruzioni in tal senso saranno date ai dirigenti scolastici dal ministro dell'educazione nazionale.
Bisogna anche ricordare le regole elementari del vivere insieme. Penso all'ospedale dove nulla può giustificare che un paziente rifiuti, per principio, di farsi curare da un medico dell'altro sesso. Occorrerà che la legge stabilisca questa regola per tutti i malati che si rivolgono al servizio pubblico.
Allo stesso modo, il ministro del lavoro dovrà avviare le necessarie concertazioni e, se è necessario, sottoporre al Parlamento una disposizione che permetta al capo di un'impresa di regolamentare i simboli religiosi, per imperativi che attengono alla sicurezza, ciò va da sé, e per i contatti con il pubblico.
In linea generale, ritengo auspicabile che un "Codice della laicità" riunisca tutti i principi e le regole relative alla laicità. Questo codice sarà consegnato a tutti i funzionari e pubblici ufficiali, al momento dell'assunzione in servizio.
Inoltre, il Primo ministro stabilirà un Osservatorio della laicità incaricato di mettere in guardia i Francesi e i poteri pubblici sui rischi di scostamento da o di attacco a questo principio essenziale.
Infine, la nostra lotta per i valori della Repubblica deve condurci a impegnarci risolutamente in favore dei diritti delle donne e della loro vera uguaglianza con gli uomini. Questa lotta è di quelle che delineano la fisionomia della Francia di domani. Il grado di civiltà di una società si misura, anzitutto, dal posto che occupano le donne. Bisogna essere vigili e intransigente di fronte alle minacce di un ritorno indietro, perché tali minacce esistono.
Non possiamo accettare che alcuni, trincerandosi dietro una concezione tendenziosa del principio di laicità, cerchino di minare queste acquisizioni della nostra Repubblica, che sono l'uguaglianza dei sessi e la dignità delle donne.
Proclamo solennemente: la Repubblica si opporrà a tutto ciò che separa, a tutto ciò che rifiuta, a tutto ciò che esclude! La regola, è la mescolanza perche unisce, perché pone tutto gli individui su un piano di uguaglianza, perché si rifiuta di distinguere secondo il sesso, l'origine, il colore, la religione.
In materia di diritti delle donne, la nostra società ha ancora molti progressi da fare. La nuova frontiera della parità è oramai l'uguaglianza professionale fra le donne e gli uomini. Ciascuno deve prenderne coscienza e agire in questo senso. Conto di impegnarmi personalmente nelle prossime settimane.

Signore e Signori,
I dibattiti sulla laicità, l'integrazione, l'eguaglianza delle opportunità, il diritto delle donne, ci pongono una medesima domanda: quale Francia vogliamo per noi e per i nostri figli? Abbiamo ricevuto in eredità un paese ricco di storia, di lingua, di cultura, una Nazione forte dei suoi valori e dei suoi ideali.
Del nostro Paese, la Francia, ciascuno deve essere fiero. Ciascuno deve sentirsi depositario della sua eredità. Ciascuno deve sentirsi responsabile del suo futuro.
Dobbiamo saper trasformare gli interrogativi di oggi in certezze per domani. Ricercando risolutamente l'unità dei Francesi. Confermando il nostro attaccamento a una laicità aperta e generosa come abbiamo saputo costruirla anno dopo anno. Facendo meglio vivere l'uguaglianza delle opportunità, lo spirito della tolleranza, la solidarietà. Combattendo fermamente per i diritti delle donne e unendoci attorno a valori che hanno fatto e fanno la Francia. È così che resteremo una Nazione fiduciosa, sicura, forte della sua coesione. È così che potremo riaffermare l'ambizione che ci unisce di edificare, per il nostro Paese e per i nostri giovani, un avvenire di progresso e di giustizia.

È una delle grandi sfide lanciata alle nostre generazioni. Questa sfida, possiamo, dobbiamo, stiamo per raccoglierla insieme.
Tutti insieme.
Vi ringrazio.