La classificazione internazionale

Vediamo più in dettaglio come si determina la classificazione di un corso.

I tre elementi fondamentali sono:

1. i titoli d'ammissione

2. la durata della formazione e i suoi contenuti

3. i titoli rilasciati

Vediamo allora come si caratterizzano sul piano internazionale gli ITS rispetto a questi tre criteri.

Titoli di ammissione

Il DPCM 2008, recante

«Linee guida per la riorganizzazione del Sistema di istruzione e formazione tecnica superiore e la costituzione degli Istituti tecnici superiori»,

prevede all'art. 7 comma 3 che

«I giovani e gli adulti accedono ai percorsi realizzati dagli ITS con il possesso del diploma di istruzione secondaria superiore».

Mentre la bozza di Regolamento dell'8 giugno 2011, all'art.3 comma 1 stabilisce il possesso delle seguenti competenze e titoli:

«Le competenze per l'accesso ai percorsi formativi delle Fondazioni ITS relativi a ciascuna area tecnologica sono costituite dai risultati di apprendimento attesi a conclusione del quinquennio (…) degli istituti professionali e degli istituti tecnici, (….), ferma restando la possibilità per giovani e anche adulti occupati di accedere ai percorsi degli ITS con qualsiasi diploma di istruzione secondaria superiore, conseguito con almeno settanta/100.

  La scelta di fare accedere agli ITS di fatto tutti coloro che hanno concluso un qualsiasi percorso secondario quinquennale snatura questo nuovo canale, che dovrebbe approfondire la formazione tecnico professionale di livello secondario con una formazione tecnico specialistica di livello terziario e preparare, come dice la nota del MIUR, «super-tecnici».

Si tenta di mitigare la scelta imponendo a chi viene dai licei di avere conseguito il diploma con almeno 70/100. Ma il 70/100 garantisce che un diplomato del liceo classico o di quello coreutico e musicale abbia le competenze per accedere a un istituto, ad esempio, di alta specializzazione meccanica? Siamo alle solite la superiorità presunta del liceo apre le porte a tutto. Ora se si ritiene, come si dovrebbe, che si tratti di percorsi di approfondimento, di alta specializzazione in campi di scienze applicate, è indispensabile che chi vi accede possieda già determinate competenze in quel campo. Si tratta pertanto di verificare la coerenza dei percorsi secondari con l'ambito di specializzazione degli ITS, intendendo con ciò che nemmeno qualsiasi diploma tecnico o professionale può dare accesso a qualsiasi ITS.

In conclusione occorre coerenza dei percorsi secondari con la specializzazione dell'ITS, occorre una rigorosa selezione in ingresso, e il numero chiuso. Se questo non si farà, significherà abbassare da subito il livello, e addio all' alta specializzazione!

Ci conforta a questo proposito il comma 2 dell'art. 3 della Bozza di Decreto dell'8 giugno 2011 che recita:

«La verifica del possesso delle competenze di base tecniche, tecnologiche e di lingua inglese, necessarie per una proficua partecipazione alle attività formative dei percorsi, viene effettuata dagli ITS con riferimento al precedente comma 1».

Si auspica che siano verifiche estremamente rigorose e selettive. L'alternativa sarebbe quella di accettare un'elevatissima «mortalità», come succede già ora nelle università, ma è questa una scelta efficace ed efficiente? D'altra parte gli ITS non dovevano essere uno strumento per riqualificare anche l'istruzione tecnica e professionale di livello secondario?

La durata della formazione e i suoi contenuti

Durata

Della durata si è già detto, nel senso dell'opportunità e necessità di allineare gli ITS al processo di Bologna, con una durata pertanto di 3 anni (6 semestri).

Ci si mantiene invece nell' ambiguità, da un lato si dichiara che la durata degli ITS è di 2 anni (4 semestri), ma si aggiunge che potrebbe diventare anche di tre anni (6 semestri). Il comma 2, art. 7 del DPCM/2008 citato infatti recita:

«Ferme restando le caratteristiche dei percorsi di cui all'articolo 4, per il conseguimento del diploma di tecnico superiore di cui al comma 1, i percorsi hanno la durata di quattro semestri, per un totale di 1800/2000 ore; per particolari figure, tali percorsi possono avere anche una durata superiore, nel limite massimo di sei semestri »

E la stessa Bozza di decreto dell'8 giugno 2011 ripropone la durata standard di 4 semestri e solo eventualmente di 6 semestri.

Curricoli

Per quanto riguarda i curricoli, è strabiliante che in un percorso di alta specializzazione tecnica il DPCM 2008, così come la nuova bozza di decreto, riproponga le competenze comuni!

Le «competenze comuni», mutatis mutandi, non differiscono da quelle dell'obbligo scolastico. Si parla infatti di: competenze linguistiche, scientifiche e tecnologiche, giuridiche ed economiche, e trasversali,quali competenze organizzative, comunicative e relazionali, a cui «si aggiungono» le competenze tecnico-professionali specifiche !

Recita l'art. 4 comma 2c del DPCM 2008:

«i curricoli dei percorsi fanno riferimento a competenze comuni, linguistiche, scientifiche e tecnologiche, giuridiche ed economiche, organizzative, comunicative e relazionali, di differente livello, NONCHÉ a competenze tecnico professionali riguardanti la specifica figura di tecnico superiore, declinati in relazione agli indicatori dell'Unione europea relativi ai titoli e alle qualifiche»

Non ci si accorge nemmeno dell'illogicità di trasferire anche al postsecondario il primato tutto italiano delle materie umanistiche, che costituiscono, unico caso in Europa, il 50% di qualsiasi curricolo tecnico, scientifico e professionale della scuola secondaria, persino nell'ultimo anno di corso!

Il tutto è riproposto nella Bozza di Decreto dell'8 giugno 2011 all'art.4 comma 2:

«Le competenze in esito ai percorsi delle Fondazioni ITS della durata di quattro semestri, rispondenti alle indicazioni di cui agli articoli 4 e 7 del d.P.C.M. 25 gennaio 2008, e riferibili al Quadro europeo delle qualifiche per l'apprendimento permanente (EQF), comprendono:

a) le competenze linguistiche, comunicative e relazionali, scientifiche e tecnologiche, giuridiche ed economiche, organizzative e gestionali, indicate nell'allegato 1, comuni a tutte le figure nazionali di riferimento dei diplomi di tecnico superiore;

b) le competenze tecnico - professionali riguardanti ciascuna figura nazionale di tecnico superiore, indicata negli allegati A, B, C, D, E, F.

Non si è capito che bisogna muoversi con un'impostazione completamente diversa da qualsiasi altra perseguita finora.

Nella visione tradizionale la creazione di nuovi corsi d'istruzione si iscrive nella logica dell'offerta formativa. In tal senso sono gli insegnanti, i pedagogisti, i professionisti dell'educazione, che identificano i bisogni, definiscono le risposte, e organizzano i curricoli. Nel migliore dei casi, vengono associate alla riflessione alcune personalità degli ambienti professionali e si sollecita il parere di organismi rappresentativi del settore produttivo e infine si chiede alle imprese di dare un aiuto, accettando i tirocinanti.

Nel caso dell'istruzione tecnico-professionale superiore è indispensabile muoversi secondo una logica ribaltata, cioè partire dalla domanda del mondo del lavoro, allo stesso modo dei Paesi come la Germania o la Svizzera che l'hanno fatto da tempo. Ciò comporta da subito un imprescindibile partenariato con le imprese. Questo permette di guardare al modo di apprendere e ai contenuti di apprendimento in un'ottica completamente diversa.

Inoltre è il modo migliore per creare squadre miste, insegnanti e professionisti, a partire dalle quali si possono instaurare veri e propri scambi e concrete collaborazioni. È per eccellenza il terreno fertile del partenariato.

Rispetto ai contenuti, pertanto, è necessario porsi in un'ottica di evoluzione continua, dell'emergere di nuovi campi di conoscenza e di nuove applicazioni tecnologiche, con la consapevolezza della periodica necessità di porre fine ad alcuni insegnamenti e addirittura di cancellare determinati indirizzi. Solo così si può rispondere ai bisogni del sistema produttivo e delle imprese e integrare nel dispositivo stesso il principio della impiegabilità.

Per tutto questo appare inaccettabile la proposta ministeriale di costruzione dei curricoli degli ITS, secondo i criteri dei curricoli della scuola secondaria di 2° grado.

I diplomi rilasciati alla fine

Come già detto i titoli finali devono avere la stessa valenza di quelli universitari ed essere conformi agli accordi di Bologna. Questo vuol dire che i corsi devono rilasciare titoli equipollenti alle lauree universitarie triennali di primo livello. Tali titoli devono consentire agli studenti di conseguire anche il successivo titolo biennale di master.

L'«Accordo di Bologna» si era proposto di realizzare, entro il 2010, lo Spazio Europeo dell'Istruzione Superiore, un modello che valorizza la formazione tecnica superiore e apre le porte a un successivo approfondimento specialistico.

L'equipollenza con una laurea di primo livello consente di essere competitivi sul mercato del lavoro rispetto agli studenti che escono dalle università.
Questo pare però non essere un problema italiano, e il piano ITS del MIUR, benché arrivi buon ultimo, non lo affronta assolutamente.

Nel DPCM/2008, confermato dalla bozza del decreto dell'8 giugno 2011, si identifica la qualificazione di «tecnico superiore» addirittura con il 4° livello del Quadro Europeo delle qualificazioni e dei titoli (EQF 2008), che è notoriamente 2 gradini al di sotto del 1° livello universitario che occupa il 6° posto nella classificazione europea (al 7° e 8° sono collocati master e dottorato). Si legge al comma 2h dell'art. 4 del DPCM/2008:

«Allo stato attuale si fa riferimento al quarto livello della classificazione comunitaria delle certificazioni adottata con decisione del Consiglio 85/368/CEE»

La bozza di Decreto dell'8 giugno 2011 ripropone la norma sopra indicata e assegna ad eventuali corsi di 6 semestri un livello superiore, ma siamo ancora al di sotto del 6° al quale si colloca a livello europeo la laurea breve triennale; recita la bozza dell'8 giugno 2011:

«Le competenze in esito ai percorsi delle Fondazioni ITS della durata di quattro semestri, rispondenti alle indicazioni di cui agli articoli 4 e 7 del d.P.C.M. 25 gennaio 2008, e riferibili al Quadro europeo delle qualifiche per l'apprendimento permanente (EQF)»,

«Nel caso di percorsi della durata di sei semestri, le competenze finali sono riferibili a un livello del Quadro europeo delle qualifiche per l'apprendimento permanente (E.Q.F.) superiore al livello al quale sono riferibili le competenze finali relative ai percorsi della durata di quattro semestri».

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