Il testo dell'intervista (1a parte)

Pare opportuno cominciare dalle basi giuridiche alle quali fa riferimento l'articolo 1 del Regolamento, poiché già in quell'articolo si notano le contraddizioni e i limiti di questo Regolamento.

Le basi giuridiche sono sostanzialmente due.

La Legge 244/2007 ("Finanziaria 2008"), varata dal governo Prodi, ha previsto un Regolamento ministeriale per la disciplina congiunta della formazione iniziale degli insegnanti (FII) e delle procedure per il loro reclutamento; non è però intervenuta sul sistema formativo in vigore (per gli insegnanti secondari, le SSIS), poiché è sembrato ragionevole non cancellare quello che c'è, prima di aver deciso con che cosa lo si vuole sostituire.

La legge 133/2008, emanata dal governo Berlusconi, ha invece stabilito di bloccare nuove iscrizioni alle SSIS fino al completamento di alcuni interventi sul sistema scolastico (non solo il dimensionamento degli organici ma la ridefinizione e accorpamento delle classi di concorso, ecc..) interventi che peraltro attualmente sono lontani dall'essere conclusi.

L'insostenibilità di un blocco che si sta prolungando ha indotto ora il MIUR, "nelle more" di tale nuova procedura, a formulare, sulla base di quanto previsto dalla legge precedente, il Regolamento che è stato inviato nei giorni scorsi ai diversi organismi che devono esprimere il loro parere.

Sono consapevole del fatto che questa illustrazione può apparire confusa: ma, purtroppo, confusa è la situazione, non la spiegazione!

Il Regolamento, perciò, doveva disciplinare sia la formazione sia il reclutamento

Sì. Al di là dei pur importanti aspetti procedurali, e prima ancora di esaminarne i contenuti, questo Regolamento è perciò fortemente criticabile per la grave omissione che risulta già dal suo titolo: esso riguarda solo le "modalità della formazione iniziale", mentre ignora il tema del reclutamento.

[ernst36.JPGthecoupleinlace.jpg]Ora, l'assenza di una politica coerente sul reclutamento (con le conseguenze di massiccio precariato, di "sanatorie", di "leggine" variamente deroganti a un sistema di assunzioni regolare e basato su criteri di qualità) ha caratterizzato da decenni la storia della scuola secondaria italiana; anche l'introduzione delle SSIS non è stata accompagnata da provvedimenti conseguenti, e il "secondo canale", le graduatorie, è stato trasformato in un canale unico. Tali graduatorie sono congelate, e affrontare questo problema avrebbe dovuto costituire una assoluta priorità.

C'è chi osserva -e lo ha fatto anche il Ministro Gelmini- che il problema non sussiste, perché le riduzioni di organico cancellano la necessità di nuove assunzioni. Non è così, in conseguenza di massicci pensionamenti, e proprio il Ministro dovrebbe sapere che vi sono realtà molto differenziate: nelle regioni meridionali le graduatorie esistenti basteranno per alcuni anni, ma in alcune regioni settentrionali, in particolare ma non solo per le materie tecnico-scientifiche, le graduatorie sono esaurite e vengono conferite supplenze a neolaureati non abilitati all'insegnamento.

Ma è vero o no che molte cose nelle SSIS non hanno funzionato?

In molte SSIS vi è stato uno scarto, più o meno rilevante, tra l'impostazione teorica (come definita nel decreto istitutivo 26.5.1998) e la concreta attuazione. Tale scarto ha delle giustificazioni. L' impostazione citata, se confrontata con la complessiva tradizione accademica italiana (esasperatamente individualista, centrata sulla mera cultura e non sulla professionalizzazione), era radicalmente innovativa; proprio per questo, per essere pienamente attuata avrebbe richiesto accompagnamento politico e amministrativo, certezza di prospettive, e ovviamente tempo, tutte condizioni che sono venute a mancare. Nel 2001, mentre si abilitavano i primi specializzati SSIS, quelli del biennio iniziato nel 1999, la Ministra Moratti già ne annunciava la chiusura.

Nonostante ciò, vi sono stati molti risultati positivi. In termini formativi, nelle scuole in cui operano gli specializzati si registra, secondo l'opinione nettamente prevalente tra i dirigenti e i colleghi più anziani che entrano in contatto con loro, un salto di qualità rispetto all'epoca in cui i nuovi docenti vi giungevano con la sola laurea disciplinare: gli abilitati di oggi mostrano ora di disporre (non tutti, certo, in uguale misura) di strumenti atti a consentire un adeguato inserimento nell'ambiente formativo. In termini di ricerca didattica e di resocontazione di esperienze, il bilancio positivo è ampiamente documentato, come dimostra una recente vasta rassegna bibliografica(nota 3).

E' indubbio, comunque, che -con sensibili differenze tra sede e sede- vi sono state anche delle insufficienze. Le più significative appaiono le seguenti:

•  Le quattro aree formative (Scienze generali dell'educazione, Didattiche disciplinari; Laboratori didattici, Tirocinio) raramente sono state tra loro pienamente integrate, e talora sono state meramente affiancate. L'integrazione deve, in particolare, garantire lo scambio tra teoria e pratica; tale scambio è necessario per costruire, attraverso i progressivi approfondimenti di volta in volta stimolati dalle riflessioni su esperienze verificate sul campo, il professionista riflessivo(nota 4).

•  E' spesso mancata una adeguata organicità nella programmazione dell'intero curricolo biennale; ha prevalso la tendenza alla progettazione separata dei singoli blocchi di attività.

•  L' attività dei docenti è stata prevalentemente individuale. Mentre frequentemente l'insieme dei Supervisori di tirocinio è riuscito a lavorare come una vera équipe, raramente ciò è avvenuto per il corpo docente nella sua totalità, e spesso neppure all'interno dei singoli indirizzi.

•  La "Didattica delle discipline" ha rappresentato talora non una attività formativa centrata sulle tematiche didattiche, ma un insegnamento relativo ai meri contenuti della disciplina stessa (magari ripetitivo di altri già presenti nei Corsi di Laurea o di Laurea Specialistica da cui gli specializzandi provengono). A questo proposito si notano comunque notevoli differenze, tra sedi e ancor più tra settori disciplinari. Fin dall'inizio, tale deviazione rispetto ai corretti obiettivi non vi è stata là dove la SSIS era stata preceduta da anni di attività di ricerca didattica, di formazione in servizio, di lavoro congiunto in Gruppi università/scuola; anche in casi in cui tali precedenti mancavano, peraltro, proprio l'esperienza SSIS ha determinato nel tempo una crescita di attenzione e, progressivamente, una acquisizione di competenze, come mostrano le numerose esperienze riportate nella già citata bibliografia(nota 5).

•  Non sempre, soprattutto nelle grandi sedi, la SSIS ha rappresentato un ambiente unitario, atto a far interagire, per le attività di area comune, allievi dei diversi indirizzi e a prepararli così, anche attraverso l'abitudine a linguaggi condivisi, a dialogare domani all'interno di un Collegio dei docenti o di un Consiglio di classe.

•  I Laboratori didattici, spesso molto positivi come cerniera tra didattica disciplinare e tirocinio, raramente hanno rappresentato anche il terreno su cui costruire progetti interdisciplinari.

•  Solo in alcuni casi le convenzioni tra università e istituzioni scolastiche sono riuscite ad essere più che meri strumenti burocratici atti a consentire i tirocini. Anche quando, giustamente, il tirocinio ha riguardato non solo una disciplina ma l'intera realtà scolastica (POF, organi collegiali, metodologie valutative), spesso l'interazione è stata non con la scuola, ma con singoli insegnanti.

Come interviene, rispetto a tali insufficienze, il nuovo Regolamento?

L'attuale schema di Regolamento non è definitivo; vi è ancora una speranza (lieve, ma non si sa mai ...) che i pareri del CUN, del CNPI e successivamente delle Commissioni Parlamentari determinino modifiche, che per essere utili dovrebbero essere molto sostanziali.

Se invece il testo rimanesse questo, l'effetto sarebbe paradossale. Si sostituiscono le SSIS perché, pur valide in termini di impostazione, avevano dei difetti nell'attuazione; ma ognuno dei difetti delle SSIS non solo non verrebbe corretto, ma risulterebbe esaltato nel nuovo sistema in quanto rappresenterebbe la regola e non una disfunzione. Ciò si può verificare ripercorrendo, uno per uno, i punti precedenti.

maxernstthe_elephant_celebes.jpg1°) Per 5 anni (Laurea, L + Laurea magistrale, LM ) il futuro insegnante non solo non vedrebbe una scuola, ma avrebbe nel suo curricolo esclusivamente contenuti disciplinari teorici, eccezion fatta per 18 Crediti (CFU) -su 300- connessi alle tematiche educative: anche questi, peraltro, del tutto accademici (pedagogia generale, storia della pedagogia, psicologia). La pratica (tirocinio) sarebbe confinata a 19 CFU nell'anno finale di Tirocinio Formativo Attivo, TFA.

) Non vi sarebbe alcun rapporto tra l'impostazione progettuale della LM, costruita secondo il proprio schema rigidamente accademico e appena completata da elementi pedagogici, e quella -del tutto indipendente- del TFA(nota 6); solo in quest'ultima fase vi sarebbe un riferimento alla figura professionale da formare.

) Di collegialità tra i docenti non si parla proprio. Quanto ai tutors coordinatori (nuova denominazione per i Supervisori), essi sarebbero scelti dalla singola Facoltà e in essa collocati; ciò sottrarrebbe loro qualsiasi opportunità di scambio tra le rispettive esperienze, e li porrebbe -per il loro piccolo numero- in una posizione totalmente subordinata. Se poi il rapporto numerico, la cui determinazione è rinviata ad un successivo decreto, fosse quello di uno ogni 30 allievi (come era indicato nelle bozze di questo Regolamento), ciò non consentirebbe loro di seguire individualmente i singoli progetti di tirocinio e caratterizzerebbe perciò le loro funzioni in termini meramente organizzativi.

) Le didattiche disciplinari verrebbero fortemente ridimensionate in termini quantitativi: presenti solo nel TFA (nota 6) disporrebbero, congiuntamente ai Laboratori didattici, di meno di 18 CFU, mentre nelle SSIS vi sono da 24 a 30 CFU per le didattiche e altrettanti per i laboratori. In termini qualitativi, l'isolamento dei docenti nelle diverse Facoltà determinerebbe necessariamente un aumento del divario tra le realtà nelle quali la didattica disciplinare è tale (si tratta prevalentemente, come detto sopra, di quelle dove sono da tempo presenti attività di ricerca sul tema) e le altre; le buone pratiche non avrebbero modo di diffondersi, e la didattica disciplinare rimarrebbe una mera etichetta là dove vi è sempre stato il disinteresse, o addirittura una dichiarata supponente ostilità, nei confronti delle questioni specificamente didattiche.

) Nell'intero loro percorso di studi, inclusa la parte specificamente professionalizzante, mancherebbe ai futuri insegnanti di materie diverse non solo un qualsiasi momento formativo comune, ma addirittura ogni occasione per incontrarsi.

) Non vi sarebbe alcuna possibilità di dare ad almeno alcuni Laboratori didattici un contenuto interdisciplinare.

) Verrebbe istituzionalizzata l'impossibilità di un qualunque dialogo tra l'università e le istituzioni scolastiche considerate nella globalità delle loro caratteristiche: la frantumazione delle abilitazioni nelle diverse Facoltà ridurrebbe i rapporti università/scuola alla presa d'atto delle designazioni dei tutor e alla selezione, tra questi, dei tutor coordinatori.

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^nota3 V. la Appendice, pagg. 97-123, al volume L'eredità della SSIS. "Luci e ombre" della Scuola per la formazione degli insegnanti, di prossima pubblicazione e attualmente consultabile nel sito http://www.openstarts.units.it/dspace/handle/10077/3001
^nota4 La denominazione, che ha fatto scuola, è di D.A. Schön, The reflective practitioner: how professionals think in action, Temple Smith 1983.
^nota5 V. nota (1).
^nota6 Solo per l'abilitazione matematico-scientifica nella Scuola secondaria di 1° grado sono previsti insegnamenti di didattica disciplinare e laboratori didattici anche nelle LM.

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