Il coordinamento tributario e finanziario tra Stato e Regioni
Le spese che le Regioni devono finanziare attraverso l'autonomia tributaria sono distinte in:
spese per garantire i livelli essenziali delle prestazioni in particolare nella sanità, istruzione e nei servizi: queste vanno calcolate al costo standard e sono finanziate con il gettito della compartecipazione all'IVA e con quote specifiche del fondo perequativo;
altre spese finanziate con il gettito dei tributi propri e quote di fondo perequativo.
Il nodo, come appare evidente, è quello delle modalità con cui si effettuerà la perequazione. Il fondo perequativo è destinato alle Regioni con minore capacità fiscale ed è alimentato dai gettiti prodotti nelle singole Regioni dalla compartecipazione regionale all'IVA e da quote dell'addizionale regionale all'IRPEF.
Inquietante è, in questo contesto, la previsione secondo cui le aliquote dei tributi e delle compartecipazioni destinate al finanziamento di tali spese sono determinate al livello minimo sufficiente ad assicurare il pieno finanziamento in almeno una Regione; qualora il gettito sia insufficiente concorre la perequazione. Se, infatti, la Regione considerata sarà, come pare evidente, quella che oggi con più difficoltà assicura i livelli essenziali e correlativamente dispone di un PIL decisamente inferiore alla media nazionale ciò significherà che molta parte delle sue entrate arriveranno dalla perequazione, con il risultato che ciò che prima "ripianava" lo Stato, in futuro verrà ripianato direttamente dalle Regioni più ricche in termini di PIL ma anche più efficienti dal punto di vista della gestione amministrativa.
Altrettanto inquietante è la previsione che il fondo perequativo deve coprire non solo l'erogazione dei livelli essenziali ma anche altre spese. Più che inquietante è quasi paradossale: le Regioni più ricche e virtuose, dunque, dovrebbero farsi carico della perequazione non solo per i livelli essenziali (cosa assolutamente indiscutibile) ma anche per le altre spese (cosa, invece, assai discutibile).
coordinamento tributario e finanziario tra Regioni ed enti territoriali
Le spese che gli enti territoriali (comprese le istituende città metropolitane) devono coprire vengono così classificate:
spese riconducibili alle funzioni fondamentali da finanziare con tributi propri (nella legge si allude alla possibile reintroduzione dell'ICI), con compartecipazioni al gettito di tributi erariali e regionali e con il fondo perequativo;
spese relative ad altre funzioni.
Sarà lo Stato a individuare i tributi propri degli enti e l'attribuzione di compartecipazione erariali (cosa assolutamente comprensibile) ma anche e incomprensibilmente a fissare l'attribuzione di compartecipazioni a tributi regionali.
Molto preoccupante, ancora, è che le Regioni dovranno finanziare nel proprio bilancio due fondi di perequazione: uno per i Comuni e l'altro per le Province. La preoccupazione nasce dal fatto che non si comprende al momento quali risorse le Regioni potranno destinare a tali fondi essendo altamente improbabile che riescano ad istituire tributi propri e dovendo con la loro addizionale IVA e IRPEF già alimentare il fondo di perequazione tra le Regioni.
strumenti di concertazione e monitoraggio
Ne sono previsti sostanzialmente due: due di tipo prettamente politico e cioè:
la Commissione paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale (composta dai rappresentanti dei diversi livelli istituzionali dalla Presidenza del Consiglio dei ministri)
e la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica (istituita in seno alla Conferenza unificata).
La prima ha compiti sostanzialmente istruttori ai fini dell'elaborazione dei decreti legislativi di attuazione della legge delega; mentre la seconda ha importanti compiti di indirizzo, impulso verifica e monitoraggio di tutto il processo.
Sia l'una che l'altra si doteranno di proprie strutture tecniche interne.
tempi di attuazione
Lunghi, presumibilmente, data la complessità del testo, assai lunghi. Alcuni hanno stimato che si perverrà ad attuazione completa nel 2016 (!); altri in cinque anni.
Il problema centrale e più delicato della transizione è il passaggio dalla spesa storica al costo standard: sarà questa variabile e i tempi che verranno ritenuti necessari a costituire l'ago della bilancia di tutta l'operazione.