Il federalismo fiscale: adeguatezza al fine?
Gli ambiti di intervento
Occorre a questo punto valutare l'effettiva adeguatezza di questo complesso testo normativo alla realizzazione del fine.
Tale valutazione può compiersi più agevolmente suddividendo i suoi ambiti di intervento in:
a) oggetto;
b) principi;
c) coordinamento tributario e finanziario tra Stato e Regioni;
d) coordinamento tributario e finanziario tra Regioni ed enti territoriali;
e) strumenti di concertazione;
f) strumenti di monitoraggio;
g) tempi di attuazione.
L'oggetto
Esso è delineato in apertura della legge:
dettare i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario e disciplinare l'istituzione e il funzionamento del fondo perequativo.
L'obiettivo è delineato in maniera ancora più chiara:
il superamento graduale della spesa storica al fine di realizzare un assetto fiscale e finanziario che responsabilizzi i singoli livelli istituzionali, nel rispetto dei principi di solidarietà e coesione sociale.
Un federalismo, dunque, almeno nelle premesse teoriche, solidale e non apertamente competitivo.
I principi
Trattandosi di una legge delega essa dovrà essere resa esecutiva da decreti legislativi del Governo che dovranno essere adottati nel rispetto dei principi fissati dalle medesima legge, pena l'incostituzionalità dei decreti.
Tra i molti principi fissati nella legge vale la pena ricordare:
il principio di territorialità, secondo cui l'attribuzione di risorse agli enti deve consentire di coprire integralmente l'esercizio delle funzioni di loro competenza. Ciò potrebbe voler dire (ma saranno i decreti legislativi a sciogliere il nodo) che l'autonomia di entrata diventa il principio generale (= le risorse tributarie rimangono sostanzialmente sul territorio che le ha prodotte) mentre la perequazione diventa il suo indispensabile correttivo;
il superamento della spesa storica attraverso la determinazione del costo e fabbisogno standard, che dovrebbe diventare l'indicatore attraverso cui misurare l'efficacia e l'economicità della spesa pubblica. Il principio è potenzialmente di quelli davvero rivoluzionari a patto che vengano sciolte, nell'attuazione, ambiguità ora presenti nella formulazione attuale. Quella principale consiste nell'assimilazione dei termini "costo" e "fabbisogno", che, invece, non sono concetti analoghi: il superamento della spesa storica non può assumere come riferimento il fabbisogno ma solo il costo del servizio se vuole tendere a diminuire la spesa (e la mala organizzazione) attuale soprattutto sui servizi più sensibili: istruzione, sanità, servizi.;
l'esclusione della doppia imposizione sul medesimo presupposto: principio teoricamente condivisibile che, tuttavia, nell'attuale situazione condurrà sulla strada della compartecipazione ai tributi erariali statali da parte degli enti territoriali. O, infatti, lo Stato devolve completamente il gettito di uno dei tributi statali alle Regioni e agli enti territoriali (così accade in Trentino Alto-Adige) oppure sarà difficile istituire altri tributi che non tassino già lo stesso presupposto. Tranne l'ICI, che potrebbe venire ripristinata, non si vedono altri tributi (non tasse) istituibili a livello locale;
la premialità dei comportamenti virtuosi nell'esercizio della potestà tributaria e nella gestione finanziaria, con la correlativa previsione di meccanismi sanzionatori per il mancato rispetto degli equilibri economico-finanziari;