I materiali che seguono sono stati tratti e riadattati dal libro di Rosario Drago: "La Nuova Maturità", Erikson, 1999, pp 450, prezzo L 58.000.
Un libro utilissimo e colto che, attraverso riflessioni critiche e indicazioni pratiche, ti conduce dal passato nel presente verso il futuro.

A ciascuno il suo: crediti, debiti, punteggi e voti

        Voti o punteggi? Tra i due metodi vi è una differenza sostanziale, che li rende incompatibili, se si lavora senza trucchi.
        Il voto contiene anche un giudizio, riguarda non solo il presente (la prestazione) dell'alunno, ma anche il passato e il futuro, cioè l'idea che l'insegnante si è fatto nel corso di un certo periodo e le aspettative che nutre nei suoi confronti. In generale il voto è legato a tipologie di prove che lasciano ampio spazio alla libertà di giudizio dell'insegnante e gli permettono di apprezzare in modo intuitivo il rendimento dello studente. Infine, il criterio, cioè il livello minimo accettabile di prestazione, può variare, come ben sanno gli alunni, da docente a docente e, anche nello stesso voto, possono convivere contemporaneamente criteri diversi corrispondenti a obiettivi, informazioni e dati che non attengono necessariamente alla prestazione. Il voto infatti viene utilizzato per punire e premiare, per incoraggiare e stimolare, per minacciare o confortare. E' quindi molto flessibile, si "alza", si "abbassa", si "gonfia", si "toglie" o si "aggiunge" quasi a piacere, a seconda della volontà del docente. E' uno strumento pietoso o crudele a seconda di chi lo maneggia.
        Per questi motivi il voto è insieme povero di informazioni per chi lo riceve e ridondante di messaggi per chi lo assegna. Esso rappresenta il più temuto strumento di potere individuale dell'insegnante e misura il massimo grado di asimmetria nel processo di apprendimento tra discente e docente, anche quando quest'ultimo è tenuto a giustificarlo e motivarlo con un giudizio verbale o scritto, comunque "sintetico".
        I punteggi invece, in generale, tendono a ridurre l'arbitrarietà dell'insegnante, a rendere trasparente ed esplicito il criterio di attribuzione e si basano su prove obiettive o strutturate, che sono state inventate appositamente per essere valutate con tale logica. Il punteggio è attuale (riguarda solo il presente), contingente e, come dice il nome, puntuale. Non è fatto per contenere un giudizio sul comportamento, sugli atteggiamenti né su altre dimensioni del carattere o della personalità dell'alunno, contiene invece la semplice informazione sul livello di una performance, il cui grado di accettabilità è stato definito in precedenza e comunicato pubblicamente. Il punteggio è quindi "modesto", cioè povero di messaggi simbolici per ambedue le parti in gioco, si limita a classificare o graduare la prestazione, non lo studente. Con il punteggio non si valuta, si misura un rendimento, a cui solo successivamente si attribuisce un valore.
        Vale la pena aggiungere che il punteggio riduce il potere dell'insegnante, anche se aumenta la sua efficienza, perché il criterio deve essere concordato con altri insegnanti o esperti competenti nella valutazione della prestazione richiesta, sia perché lo studente può controllare facilmente la corrispondenza tra il punteggio assegnato e il criterio definito. Con il punteggio l'insegnante perde libertà, ma acquista in autonomia, poiché riceve informazioni più precise e affidabili, che gli permettono di prendere decisioni corrette e pertinenti con la sua professione.
        La Legge sul nuovo esame, nonostante le apparenze, non si è decisa a scegliere un sistema rispetto ad un altro. Li considera come facce della stessa medaglia. Tratta infatti i voti come fossero punteggi e viceversa, adotta prove ad alto tasso di soggettività (il tema o il solito "compito scritto"), predisposte per essere valutate in voti assieme a prove strutturate che invece richiedono un punteggio, ecc.. Nella normativa vengono usati indifferentemente i due termini:

"6. A conclusione dell'esame di Stato é assegnato a ciascun candidato un voto finale complessivo in centesimi, che é il risultato della somma dei punti attribuiti dalla Commissione d'esame alle prove scritte e al colloquio e dei punti per il credito scolastico acquisito da ciascun candidato". Atrt.3 L.425/97

"1. Le certificazioni di cui all'art.13 del DPR 23 luglio 1998 n.323 attestano (…) b) la votazione complessiva assegnata, la somma dei punti attribuiti alle tre prove scritte, il voto assegnato al colloquio, l'eventuale punteggio aggiuntivo, il credito scolastico, i crediti formativi documentati;". DM n.450/98

        E' chiaro che con questa confusione, anche i punteggi possono essere "manipolati" in varie occasioni: con il "bonus" di 5 punti assegnato alla Commissione in sede di scrutinio finale, con l'integrazione del credito formativo, con la valutazione di particolari meriti dell'allievo, con l'attribuzione dei punteggi "a maggioranza", ecc.

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Voti? Punteggi? o che altro?

        Da qualunque parte si prenda il sistema e la logica che la Legge ha inventato per la valutazione dei candidati presenta contraddizioni insanabili.
        Il punteggio massimo assegnato dalla somma tra il credito scolastico e i punteggi delle prove scritte e del colloquio è fissato in 100/100, che corrisponde, altro elemento di confusione tra voti e punteggi, ad un multiplo della scala decimale oggi in uso per assegnare i voti.

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        Ma il teorico 100/100 è il risultato di una sommatoria di almeno tre operazioni distinte e indipendenti l'una dall'altra:

  • i 20 punti del credito scolastico;
  • 45 punti per le prove scritte, massimo 15 per ciascuna prova. I punti assegnati vengono resi noti immediatamente dopo la correzione. Il risultato è quindi irreversibile;
  • il punteggio del colloquio, che può arrivare al massimo di 35 punti.

        Come si può vedere, il Legislatore ha fissato in modo diverso il peso specifico a ciascuna fase delle operazioni di valutazione. Il punteggio massimo degli scritti ha un peso più che doppio del credito e il colloquio corrisponde a circa un terzo del punteggio massimo assegnabile. Questo comporta che, teoricamente, anche con Zero credito lo studente potrà sperare di superare l'esame. Gli servirà ovviamente una buona prestazione per ottenere, ad esempio, almeno una media di dieci punti nei tre scritti e trenta punti nel colloquio. E sin qui niente di nuovo rispetto al passato, quando era difficile bocciare, anche se l'alunno era ammesso con molte carenze e un giudizio di presentazione "complessivamente maturo", dovuto spesso alla sola età anagrafica.

        Più difficile accettare il caso che uno studente superi l'esame di Stato, ma venga respinto perché il suo credito scolastico non gli consente di raggiungere 60/100. Infatti la sufficienza è stata fissata a 30 punti per gli scritti e 22 per il colloquio, che sommati fanno 52. Al nostro malcapitato, considerato competente, capace e degno di promozione dalla Commissione, non gli resta che prendersela con lo scarso credito della scuola. Gli sarebbe servito almeno un misero 6, che probabilmente non sarà rifiutato a nessuno, una volta che i docenti si accorgeranno degli effetti perversi del voto-punteggio.
        Questi ed altri casi, che daranno lavoro a molti avvocati, è dovuto al modo meccanico con cui si è dovuto, stante la Legge, provvedere a fissare in 60/100 la "sufficienza": 8 punti per il credito scolastico, 10 per lo scritto (x 3 = 30) e 22 per il colloquio. Somma = 60/100.
        Per lo stesso motivo il livello, che ormai possiamo chiamare tranquillamente di sufficienza, è stato fissato al di sopra della metà delle varie scale di misurazione. Ma ciò non significa, come in qualsiasi altra scala di misurazione corretta, che venga richiesta una prestazione accettabile più alta del solito, ma semplicemente che la somma delle sufficienze (8+30+22) stabilite per il credito, per gli scritti e per il colloquio doveva dare 60/100.
        L'effetto immediato di questa impostazione è che, invece che pretendere di più, l'esame chiede di meno ai mediocri e restano meno punti per riconoscere il merito dei migliori. La Commissione, infatti, ha solo 5 punti su 15 (il 33%) sopra la sufficienza per valutare lo scritto, e 14 su 35 (il 40%) per il colloquio. La distanza tra chi è valutato appena appena sufficiente e chi invece merita ottimo è troppo ridotta anche rispetto alla scala decimale dove l'insegnante ha 5 posizioni su 10, cioè il 50 % delle possibilità di graduare i meriti.
        Proprio perché la logica adottata è quella dei voti, anche se "tradotti" in punti, alla fine quasi nessuno otterrà 100, come quasi nessuno ottiene 10 o quasi nella media della pagella. E comunque, la distanza tra il mediocre e l'ottimo si accorcia, cosa che non dovrebbe mai accadere quando si adottano i punteggi.
        Determinare a priori la sufficienza di una performance è fuori dalla logica dei punteggi, dove il livello accettabile della prestazione viene definito in relazione alla difficoltà della prova, al tempo assegnato, al numero degli item, alle condizioni di svolgimento, ecc. Il livello di accettabilità può essere molto diverso a seconda delle variabili prese in considerazione.
        Da quanto detto non si riesce a capire quale sia la nuova logica di assegnazione dei punti diversa da quella del voto. Tutto congiura nell'indurre l'esaminatore, ma anche l'insegnante in Consiglio di classe ad "immaginarsi" i punti come voti e a trasformare i voti in punteggi.
        La prova del nostro giudizio sta nel meccanismo cervellotico di assegnazione dei punti nelle prove:

"3. Le Commissioni d'esame possono provvedere alla correzione delle prove scritte e all'espletamento del colloquio operando per aree disciplinari; le decisioni finali sono assunte dall'intera Commissione a maggioranza assoluta". Art.5 L.425/97

"9. Le operazioni di cui al comma 8 si concludono con la formulazione di una proposta di punteggio relativa alle prove di ciascun candidato. I punteggi sono attribuiti dall’intera commissione a maggioranza. Se sono proposti più di due punteggi, e non sia stata raggiunta la maggioranza assoluta, la commissione vota su proposta del presidente a partire dal punteggio più alto, a scendere. Ove su nessuna delle proposte si raggiunga la maggioranza, il presidente attribuisce al candidato il punteggio risultante dalla media aritmetica dei punti proposti. Di tali operazioni é dato dettagliato e motivato conto nel verbale. Non é ammessa l’astensione dal giudizio da parte dei singoli componenti". Art.4, DPR 233/98.

        E' ovvio che un punteggio, che è il risultato di una misurazione, non può essere "proposto", ma solamente assegnato o attribuito, se ovviamente proviene da una operazione di valutazione onesta e corretta.
        Ed é qui che il Re appare nudo:

  • é accettabile, ad esempio, che in una prova oggettiva il punteggio sia sottoposto al voto di una maggioranza, di cui faranno parte certamente commissari incompetenti nella disciplina oggetto della prova?
  • come sarà possibile impedire che nell'assegnazione del punteggio alcuni commissari, statutariamente e legittimamente impossibilitati ad esprimere una qualsiasi opinione sul risultato di una prova, non manipolino la misurazione del collega proponendo punteggi altissimi per "salvare" il candidato impreparato o infimi per penalizzarlo?
  • Come si concilia l'aggiustamento a colpi di maggioranza della misurazione di un risultato con la certificazione pubblica e impegnativa delle competenze a cui per legge è tenuta la Commissione?
  • come giustificare una "media" dei punteggi proposti da commissari le cui proposte non sono il risultato di una valutazione competente del compito?

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        La logica che governa questa procedura è quella della vecchia Maturità, solamente che invece dei giudizi abbiamo i punteggi.
        Mai si era avuta una distanza così abissale tra i principi elementari della didattica e la volontà politica di manipolare il risultato di un esame, che dovrebbe difendere la società dall'incompetenza e invece collabora a occultarla.
        Nonostante le giravolte del Regolamento e dei decreti questo grave difetto dell'esame non era eliminabile con una Legge che è costantemente percorsa dalle convulsioni del nuovo e conserva i riflessi condizionati del vecchio.

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Il credito inutile

Il credito formativo è un'invenzione del Regolamento:

"1. Ai fini previsti dal presente regolamento, il credito formativo consiste in ogni qualificata esperienza, debitamente documentata, dalla quale derivino competenze coerenti con il tipo di corso cui si riferisce l’esame di Stato; la coerenza, che può essere individuata nell’omogeneità con i contenuti tematici del corso, nel loro approfondimento, nel loro ampliamento, nella loro concreta attuazione, é accertata per i candidati interni e per i candidati esterni, rispettivamente, dai consigli di classe e dalle commissioni d’esame. I consigli di classe e le commissioni d’esame potranno avvalersi, a questo fine, del supporto fornito dall’amministrazione scolastica e dall'Osservatorio di cui all’articolo 14. Il Ministro della pubblica istruzione individua le tipologie di esperienze che danno luogo al credito formativo con proprio decreto". DPR 323/98, art.12 (Crediti formativi).

        La legge 425/98 infatti usa questo termine solo in relazione ai candidati esterni, per il semplice motivo che per loro non sono disponibili tutte le informazioni - salvo i voti ottenuti nell'esame di ammissione - che determinano il credito scolastico per gli interni.

"4. Per i candidati esterni il credito scolastico é attribuito dalla Commissione d'esame sulla base della documentazione del curriculum scolastico, dei crediti formativi e dei risultati delle prove preliminari. Le esperienze professionali documentabili possono essere valutate quali crediti formativi". L. 425/97, art.4. (Crediti scolastici).

        E i punti sono stati fissati dal Regolamento in non più di 2:

"11. Per tutti i candidati esterni, fermo restando il punteggio massimo di 20, la commissione d’esame può aumentare il punteggio in caso di possesso di credito formativo di cui al successivo articolo 12. Per esigenze di omogeneità di punteggio conseguibile dai candidati interni ed esterni, tale integrazione non può superare i due punti. Art.11, DPR 323/98.

        E' evidente che tale espediente del credito formativo, inutile e fuorviante rispetto agli obiettivi dell'esame, può creare confusione e incertezza nel giudizio del Consiglio di classe. Mentre il credito scolastico infatti è comunque legato alla media aritmetica dei voti di tutte le discipline dell'ultimo anno (ad eccezione di religione) e a criteri abbastanza precisi come l'assiduità, l'impegno, l'interesse e la partecipazione alle attività complementari e integrative, il credito formativo è affidato all'apprezzamento degli insegnanti della classe sulla base della documentazione presentata dagli studenti.