Uno, due tre, le prove scritte
Come risulta evidente per il
sistema di valutazione dei risultati dell'esame, anche per le prove di accertamento delle
competenze, il Legislatore non ha fatto scelte coerenti. Non si è reso conto della
necessità che l'insieme delle prove, che possono essere molto varie e differenziate, ha
bisogno di mantenere una sua coerenza sistematica per essere effettivamente utile alla
valutazione delle prestazioni. La gradualità prevista dalla legge e
definita dal regolamento non consente di uscire dall'ambiguità, cioè di passare per
tappe successive da un sistema all'altro. Ciò inevitabilmente influenza anche il processo
di innovazione e trasformazione della concreta attività didattica dei docenti,
costringendoli a rimanere sospesi tra il vecchio e il nuovo, con effetti che possono
essere di confusione e di paralisi, e quindi di conservatorismo.
Tra le prime prove, almeno due sono quelle
della tradizione, come il tema, la seconda è il classico "compito scritto" e
non ha subito alcuna variazione rispetto al passato. Solamente la terza rappresenta
veramente una svolta, poiché propone una rilevazione e misurazione tendenzialmente
obiettive di conoscenze, abilità e competenze.
Infine tutte le prove sono a criterio relativo.
La fissazione del minimo accettabile di prestazione (detto nel vecchio sistema: sufficienza)
viene stabilito dall'esaminatore o dalla Commissione arbitrariamente, secondo la cultura e
l'esperienza empirica, e non da un soggetto esterno per tutti i candidati. Ciò è
evidente per il tema, che com'è noto, si presta a giudizi molto contrastanti, ma anche
per le prove oggettive, che essendo "confezionate" e predisposte dalla
Commissione stessa, sulla base del Documento del Consiglio di classe, non possono che
riferirsi al livello medio di prestazione di quella classe o di quella
scuola. Come nella precedente Maturità, queste prove, anche se alcune si avvicinano a
modelli più strutturati, non sono utili per dare informazioni sulla competenza degli
studenti in rapporto all'universo degli esaminati, ma tutt'al più rispetto al gruppo con
cui essi hanno condiviso i docenti durante l'anno.
L'argomento che metà degli esaminatori è
"esterno" non è valido a contrastare questa obiezione, dato che anch'essi sono
tenuti a rispettare il criterio stabilito da quel consiglio di classe, e non
possono imporne uno proprio. Essi sono esaminatori indipendenti, ma si confondono con gli
altri colleghi, di cui svolgono il medesimo ruolo, senza nessuna distinzione di rango e di
funzione.
Infine, è significativo - come abbiamo già
avuto modo di sottolineare - di questa ambiguità non risolta, il fatto che le prove che
più si prestano ad una valutazione intuitiva (la prima e la seconda) sono predisposte dal
Centro, cioè dal Sovrano, mentre la terza, che potrebbe essere la più significativa per
stabilire una gerarchia di meriti, è proposta dalla Commissione. Quindi, i dati che
avremo sui risultati delle prove scritte (ma ancor più del colloquio) non avranno nessuna
delle caratteristiche di un sistema di valutazione oggettivo, così come avveniva con la
vecchia Maturità.
Tutto ciò per sostenere che sarebbe stato
meglio attribuire l'intera responsabilità dell'esame alle scuole (commissione interna),
modificando gradualmente il sistema di valutazione e assegnare ad un soggetto esterno
(sistema di valutazione esterno, università, mercato) la validazione delle
certificazioni rilasciate dalle scuole stesse. Comunque questa soluzione sarebbe stata
molto meno costosa e forse più capace di produrre modificazioni nel comportamento degli
insegnanti.
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Dal tema al saggio
Non è compito di questo
lavoro entrare nel merito delle questioni didattiche e quindi non ci sforzeremo di dare
nessun contributo alla polemica, subito riaccesa, sul tema sì, tema no.
Comunque anche i più accaniti e intelligenti
sostenitori delle eccellenti qualità di questa tipologia non possono non considerare
alcuni inconvenienti, il primo dei quali è la difficoltà e l'estrema variabilità da
insegnante a insegnante dei criteri di valutazione (in contenuto? La forma?
L'originalità? Ecc.) che comporta conseguenze paradossali nel giudizio finale, come
dimostrano i risultati della ricerca ( Gattullo, 1966) dove uno stesso tema veniva
valutato da 77 insegnanti secondo una gamma di voti che spaziavano dal 4,5 al 10!
Le alternative almeno per quest'anno al
classico tema sono il commento "guidato" ad un testo
letterario o non, il saggio breve e l'articolo di giornale. E'
significativo che per tutte le tipologie siano cambiati gli obiettivi e i criteri di
valutazione, ai quali correttori dovranno attenersi (art.1, DM n.356/98):
1. La prima prova scritta è intesa ad accertare la padronanza
della lingua italiana o della lingua nella quale si svolge l'insegnamento, nonché delle
capacità espressive, logico-linguistiche e critiche del candidato, consentendo una libera
espressione della personale creatività.
4. Nello svolgimento della prova di cui al comma 2 lettera A
(analisi e commento di un testo letterario e non , nda), il candidato deve dimostrare di
essere in possesso di conoscenze e competenze idonee alla individuazione della natura del
testo e delle sue strutture formali.
Bisogna dire però che la
novità del criterio della "padronanza della lingua" si accompagna a quelli
solitamente utilizzati per il tema e che sono all'origine delle continue diatribe tra
contenuto e forma, espressività e correttezza, originalità e conformismo. Si persiste
inoltre nel vizio originario del nostro sistema di assegnare a tutti gli ordini di scuola
gli stessi obiettivi, senza tener conto della pertinenza con gli indirizzi di studio. Se,
infatti la "padronanza" può essere condivisa da tutti, non si può
ragionevolmente pretendere dalla programmazione didattica di un docente di italiano di un
professionale di assicurare contemporaneamente tutto il resto.
Per quanto riguarda la prima tipologia, cioè
l'analisi e commento di un testo letterario e non, si tratta della
introduzione ufficiale nella scuola italiana della classica "composizione" alla
francese e costituisce un esercizio particolarmente adatto ai licei. Gli altri istituti
non possono certo affrontare la complessità di un commento a un brano di letteratura o di
cultura generale che richiede non solo la padronanza della lingua, ma anche il commento
critico, l'analisi linguistica, la contestualizzazione storica, e così via. E' una prova
di notevole impegno che non si concilia, nemmeno nei licei, con la vastità (quasi due
secoli) dei programmi di letteratura, all'interno dei quali verrà scelto - a sorpresa -
l'autore del brano da analizzare. La cosa riuscirebbe realistica se il Sovrano decidesse
di stabilire un "canone", cioè una lista certa e predeterminata di autori sui
quali gli studenti possono sviluppare ed esercitare le loro capacità critiche e provare
le loro conoscenze.
La seconda tipologia è più varia e offre una
pluralità di opzioni che, per quest'anno sono limitate al saggio breve e
all'articolo di giornale. Per quanto riguarda quest'ultima modalità di
comunicazione scritta, non si riesce a capire come possa essere attuata (se non nella
forma di un tema "da giornale", cioè un articolo di fondo), dato che
l'argomento che proposto sarà uguale per tutte le forme: "Argomento all'interno di
grandi ambiti di riferimento storico-politico, artistico-letterario,
tecnico-scientifico".
Il saggio breve ha caratteristiche molto
particolari ed è pochissimo utilizzato nella scuola secondaria. Per questo è bene che
venga scelto dagli studenti che ne hanno sufficiente esperienza in classe. Se gli
insegnanti decidono di avviare questa modalità di esercitazione in italiano devono
predisporre un dossier (testi, grafici, documenti, ecc.) su un argomento
specifico, seguito da una serie di consegne che permettano di saggiare le capacità di
riassumere, di ordinare, di classificare, ecc.. Comunque è bene tener presente alcune
regole generali:
- Usare il saggio solo per valutare un tipo di esecuzione che altri metodi non possono
misurare con altrettanta efficacia, come sintetizzare un insieme di nozioni complesse,
riassumere un documento, comparare due fenomeni, analizzare cause, stabilire relazioni,
criticare la pertinenza di una nozione, formulare un piano di azione;
- Proporre l'argomento in modo che esso risulti chiaro al candidato;
- servirsi di termini molto espliciti come "riassumere",
"confrontare", "valutare", "definire", "indicare
nell'ordine", ecc., piuttosto che "discutere" o "dire", in modo
che lo studente sappia subito quale compito deve svolgere;
- scegliere problemi e argomenti che richiedono una notevole riflessione, ma la cui
soluzione possa essere esposta nel tempo assegnato;
- non consentire allo studente di scegliere tra i quesiti presentati;
- per ogni consegna o quesito, il docente deve redigere gli elementi che, secondo lui,
devono comparire nella risposta.
Ma nonostante le
opportunità di rendere più varia la gamma della prove di italiano, la presenza
incombente del tema (compreso quello di attualità), renderà difficile la transizione.
Senza una scelta secca, anche se con la massima gradualità verso prove strutturate e più
comode da correggere, c'è il rischio che il correttore, che sarà quasi sempre un
commissario esterno, qualche volta anche inesperto (causa le numerose sostituzioni), e che
spesso non avrà nessun collaboratore della stessa disciplina che lo possa guidare nella
scelta dei criteri di valutazione, faccia prevalere la tipologia del tema nella propria
gerarchia di valori e quindi sottovaluti, nell'assegnazione dei punti, le altre tipologie,
considerate più facili e meno impegnativo dal punto di vista della scrittura, delle
elaborazione personale e della dimostrazione delle conoscenze del candidato.
Per evitare almeno le
più gravi conseguenze non c'è che da stabilire in Commissione, una griglia di correzione
come quella proposta di Calonghi (1969) o da Tassi (1975)
discussa e condivisa, e utilizzata anche durante l'anno, in modo che vengano limitate
l'area della soggettività. Anche in questo caso, per aumentare il livello di obiettività
nell'assegnazione del punteggio, è meglio, come per tutte le prove, interpretare la
collegialità della correzione per aree disciplinari non solo nel senso di una divisione
in sottocomissioni del gruppo di esaminatori, ma anche come possibilità di fare
correggere la prova separatamente a tutti i commissari competenti per raggiungere poi un
accordo sul punteggio finale.
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I rischi della seconda prova
Il secondo giorno
dell'esame è dedicato alla seconda prova scritta, che non presenta nessuna variazione
rispetto al passato art.2, DM 356/98:
"la seconda prova scritta, che può essere anche grafica o
scrittografica, ha lo scopo di accertare il possesso delle conoscenze specifiche del corso
di studi frequentato dal candidato ed ha per oggetto una delle materie caratterizzanti il
medesimo corso di studi, per le quali l'ordinamento vigente o le disposizioni relative
alla sperimentazione prevedono verifiche scritte, grafiche o scritto grafiche. La suddetta
materia è individuata con decreto del Ministro della pubblica istruzione, entro la prima
decade di aprile di ciascun anno".
Il classico "compito
scritto" in classe è, a seconda degli indirizzi di studio, una prova non strutturata
che presenta molti difetti, il più grave di tutti è quello di riferirsi direttamente a
tutto il programma dell'ultimo anno. Questo espone i candidati a notevoli rischi di totale
o parziale incompetenza. E' su questa prova che di solito si sviluppano le polemiche sulla
incoerenza, sulla scarsa pertinenza ed, addirittura, sulla esattezza degli argomenti
proposti. E' infatti un accertamento di conoscenze su una massa spesso sconfinata di
nozioni, che negli ultimi anni è diventata, per molte materie, specialmente nei tecnici e
nei professionali, incontrollabile.
Forse il Legislatore, per un momento ha pensato
ai frequenti episodi di consegna del foglio "in bianco" quando ha previsto che
in caso di difficoltà non ben determinate, la Commissione potesse sostituirsi al
Ministero nella preparazione della prova, in modo da poter contare su qualche elemento di
giudizio meno aleatorio del nulla (art.5, DPR n.323/98, corsivo nostro):
6. Qualora i testi relativi alle prime due prove scritte non
giungano tempestivamente, il Presidente della Commissione esaminatrice ne informa il
Ministero della pubblica istruzione, che provvede all'invio dei testi richiesti. In caso
di particolari difficoltà o disguidi, ove siano trascorse due ore dall'orario previsto
per l'inizio della prova scritta, la Commissione provvede a formulare i testi delle prime
due prove die same stabilite col decreto di cui al comma 1".
Ma il decreto applicativo è
chiaro e questo potere viene concesso solo nel caso di disguidi nell'invio della prova,
senza alcun riferimento alle situazioni soggettive dei candidati nello svolgimento degli
argomenti proposti (DM n.356/98):
"ove, a causa di particolari difficoltà o disguidi, non sia
stato possibile acquisire i testi ministeriali, entro due ore dall'ora prevista per
l'inizio delle prove, la Commissione provvede immediatamente alla formulazione dei testi
occorrenti".
Comunque, la medesima
preoccupazione ha spinto il Legislatore ad ampliare le possibilità di scelta,
nell'intento di "coprire" meglio il programma ed offrire allo studente qualche
opportunità in più. In alcuni casi però la soluzione si dimostrerà meno efficace della
precedente. Infatti il candidato che si trova di fronte a più proposte, è costretto a
scegliere. Raramente la sua scelta sarà immediata. Il calcolo razionale lo porterà a
vagliare tutte le ipotesi e a scegliere quella che gli consente un probabile
successo con il minor dispendio di energie.
In questi casi, il Presidente deve consentire
all'insegnante competente della materia di:
- dare consigli sulla stesura del compito;
- esplicitare le difficoltà e il livello di prestazione richiesto da ciascuno degli
argomenti;
- consigliare gli studenti più incerti sulla scelta dell'argomento da svolgere ed
invitarli ad insistere su un solo compito.
La commissione può anche
decidere di riprodurre separatamente e distribuire ai candidati le varie proposte. Una
volta effettuata la scelta, si possono ritirare i testi di quelle non utilizzate, in modo
da impedire ripensamenti e incertezze paralizzanti.
Anche con queste precauzioni, è probabile che
i candidati perderanno molto tempo nella scelta, inizieranno una prova e, alla prima seria
difficoltà, ne tenteranno un'altra, presenteranno un compito con il parziale svolgimento
di più di un argomento, mettendo in difficoltà il correttore.
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La terza prova
La terza prova è la
più lontana dalla pratica didattica degli insegnanti della secondaria, ma è anche quella
che viene proposta dalla scuola sulla base del Documento del Consiglio di classe.
Innanzitutto, la Commissione dovrà stabilire una procedura di scelta che tenga conto
soprattutto di alcuni momenti delicati, che debbono assicurare da una parte la coerenza
della prova con la programmazione didattica della classe e, dall'altra, la sua validità
ai fini dell'accertamento delle competenze degli studenti. In questa operazione il
presidente dovrà assicurare, nel primo giorno previsto per la fase preliminare, almeno
questi passaggi:
- definizione preventiva dell'ambito disciplinare o pluridisciplinare ove collocare la
prova;
- individuazione analitica degli obiettivi (capacità, competenze, conoscenze acquisite);
- scelta della tipologia, sulla base degli esempi presentati dai commissari interni con il
Documento del consiglio di classe;
- definizione di una "rosa" di argomenti sui quali costruire la prova;
- costruzione della "struttura" della prova, che verrà poi completata il giorno
stesso della sua somministrazione;
- definizione dei criteri di valutazione in relazione agli obiettivi prefissati.
Il secondo giorno, la
commissione dovrà proseguire fino alla composizione definitiva della prova d'esame,
attraverso:
- la scelta dell'argomento sul quale organizzare i vari quesiti o le consegne;
- il completamento della struttura della prova;
- la definizione della durata per lo svolgimento.
Il testo così definito
potrà essere sottoposto agli studenti nei tempi previsti.
Data l'inesperienza generale in fatto di
prove obiettive, è meglio che il consiglio di classe si concentri, nella fase di
preparazione, su una sola delle tipologie previste dalla norma, con una unica avvertenza,
cioè che i quesiti, gli argomenti e le domande si riferiscano a un unico argomento
pluridisciplinare (massimo quattro discipline), in modo da facilitare il compito degli
studenti, che potrebbero avere gravi difficoltà nel passare da un argomento all'altro
senza alcun nesso logico o di contesto. Questo può essere il caso di quella che potremmo
chiamare la "tipologia 0" , che si basa sull'analisi di un testo da effettuare
con una pluralità di approcci, che vanno dalle domande "vero/falso", a quelle a
risposta multipla o a completamento fino alla breve trattazione. La flessibilità di
questa prova si presta ad esercitazioni non troppo esigenti sul piano della tecnica di
preparazione e di valutazione. Anche in questo caso resta però indispensabile che la
commissione (e gli insegnanti nella programmazione dell'anno) abbiano ben chiari sia gli
obiettivi che i criteri di valutazione e correzione, compresa la distribuzione dei
punteggi.
Per le altre tipologie (trattazione sintetica di argomenti,
quesiti a risposta singola e quesiti
a risposta multipla), è indispensabile una lunga esperienza da parte dei docenti e
una adeguata confidenza degli studenti. Esse prevedono una radicale ripensamento della
metodologia didattica, fin dal biennio, e una cura particolare nella definizione dei
quesiti:
- gli enunciati debbono essere chiari, semplici e avere un rapporto diretto con ciò che
si deve misurare;
- gli enunciati che sarebbero accettati da tutti debbono essere eliminati;
- gli enunciati che contengono doppie negazioni sono da eliminare
- i termini "unicamente", "solamente" o "la maggior parte del
tempo" debbono essere evitati o usati con prudenza;
- l'enunciato dovrà essere presentato di preferenza sotto forma di una affermazione alla
quale il candidato deve sottoscrivere un'opinione favorevole, neutra o contraria;
- bisogna evitare che il candidato risponda con un si o un no all'enunciato perché una
simile risposta non fornisce che informazioni sommarie ed equivoche.
Altre particolari
raccomandazioni si potranno trovare nella letteratura specialistica.
Le altre tipologie previste (problemi a
soluzione rapida, casi pratici professionali e sviluppo di progetti) sono conosciute dalle
scuole, soprattutto gli istituti tecnici e professionali, e vengono proposte agli allievi
con frequenza, per cui non dovrebbero presentare alcun problema di "confidenza"
da parte degli alunni. Comunque, anche per queste valgono le raccomandazioni relative alla
definizione degli obiettivi, dei criteri e alla costruzione di una griglia di correzione,
che li renda il più possibile trasparenti a tutta la commissione.
I punti critici di tutta l'operazione di
cambiamento imposta dalla terza prova sono almeno tre:
- lo sviluppo tra gli insegnanti di abilità e competenze nel predisporre strumenti di
correzione e criteri di prestazione il più possibile obiettivi;
- la diversificazione e la frequenza delle prove nella pratica didattica in modo che gli
alunni sviluppino le specifiche competenze nella compilazione di queste prove;
- la definizione di obiettivi istituzionali che diano giustificazione e pertinenza alla
scelta degli strumenti di accertamento.
Per superare questi ostacoli
è indispensabile che i docenti siano convinti della superiorità, della convenienza e
dell'efficacia dei nuovi strumenti di misurazione. In questa operazione rappresentano una
risorsa insostituibile i docenti più innovativi, i piccoli gruppi che vi sono in tutte le
scuole e che sono disponibili ad avviare esperienze di cambiamento e miglioramento della
didattica. Il problema è che spesso questi docenti hanno difficoltà a comunicare con gli
altri perché sono a corto di argomenti che giustifichino la loro pratica innovativa o
perché non sanno esporre i risultati e i successi del loro lavoro e, semplicemente,
perché sono gelosi di quanto stanno sperimentando. Le esigenze pressanti dell'esame sono
l'occasione per superare queste rigidità e favorire una collegialità sostanziale del
lavoro dei docenti.
I tempi della terza prova
Tutti le prove debbono
avere un limite di tempo, se non altro per proseguire nelle altre fasi dell'esame. Se i
candidati vengono informati che hanno a disposizione tutto il tempo che vogliono, quello
che avviene di solito è che una metà conclude in mezz'ora, quasi tutti gli altri entro
un'ora, mentre due o tre continuano a lavorare per un tempo interminabile. Dal momento che
la durata complessiva dell'esame é determinata dall'ultimo che smette volontariamente,
dare un tempo illimitato spesso significa far durare la prova molto di più di quanto si
vorrebbe. E' bene essere cauti nel dare prove troppo brevi, in cui la pura rapidità
d'esecuzione finisce per essere l'oggetto principale dell'esame invece della comprensione
approfondita delle materie. E' giusto invece concedere agli studenti più tempo di quello
effettivamente necessario a svolgere la prova. Una regola usata è quella di assegnare un
limite tale che il 90% dei soggetti senta di avere un margine sufficientemente ampio; il
rimanente 10% probabilmente si sentirebbe incalzato anche con un tempo quattro volte
superiore.
Quando la commissione fissa la durata della
prova deve fare un compromesso fra due esigenze: perché la prova deve coprire
esaurientemente l'arco delle materie stabilite (e quindi sia attendibile), è necessario
introdurre quante più domande è possibile, nei limiti stabiliti per ciascuna tipologia;
d'altra parte perché i quesiti non siano troppi, e quindi gli studenti non debbano
affrettare troppo l'esecuzione, è necessario porre un limite massimo al numero dei
quesiti.
Se gli studenti hanno fatto esperienza durante
l'anno, i loro insegnanti saranno in grado di dare indicazioni abbastanza precise sulla
durata della prova. A questo limite proposto dai docenti, la commissione può aggiungere
un ulteriore periodo di tempo (un'ora, per esempio), che consideri le particolari
condizioni emotive in cui inevitabilmente si svolge l'esame. |