Polivalenza non deprofessionalizzazione

Ci preme intervenire sul richiamo fatto dal Governatore all'esigenza di indirizzare maggiormente gli istituti tecnici e professionali verso “l'acquisizione di abilità generali”, perché su questa tesi regna grande confusione, e la sua traduzione pratica ha generato in passato uno dei fenomeni più perniciosi dell'istruzione secondaria: la licealizzazione degli istituti tecnici e professionali.

La licealizzazione ha significato l'aumento del carattere generalistico e “disinteressato” dei programmi, da intendere come aumento del peso specifico delle discipline umanistiche. Ora se anche l'elevamento dell'obbligo ai 16 anni si fonderà su questa idea di cultura ci troveremo di fronte, per dirla con François Dubet a “una contraddizione insormontabile”, una sorta di ginnasio nei programmi e nei metodi, pensato in termini di “eccellenza per tutti” che è una formula paradossale che conduce di fatto alla marginalizzazione dei più deboli“.

La licealizzazione degli istituti tecnici e professionali si basa su un equivoco, e cioè che la specializzazione sia tramontata.

Si confonde la polivalenza e la specializzazione flessibile con la deprofessionalzizazione dei percorsi.

È la polivalenza, non la deprofessionalizzazione e il dilettantismo parolaio, che va perseguita con convinzione, con l'alternanza, temporale e spaziale, tra formazione e lavoro, con un nuovo metodo di insegnamento nella scuola e tempo e spazio per la formazione nell'impresa.

Polivalenza e specializzazione flessibile non significa un tornitore, un informatico, un meccanico, un ragioniere, che non conosca il proprio mestiere a causa di una formazione generalista e “disinteressata”, ma significa un meccanico che conosca anche la complessità di un ciclo di lavorazioni meccaniche, un informatico che conosca anche le basi semantiche per impostare un data base che non fallisca alla prima innovazione, un ragioniere con buone basi di informatica, di leggi di supporto alle attività economiche e di marketing, ecc..

Insieme al superamento dell'estrema frammentazione delle specializzazioni, la qualità che oggi occorre è il superamento della dimensione puramente esecutiva: ciascuno deve essere allo stesso tempo esecutore e innovatore, progettista e produttore, attraverso un ampliamento delle responsabilità individuali.

L'obiettivo della nuova formazione tecnica deve essere quello di dare una specializzazione in un dato campo, ma collocata nel quadro, complesso e mutevole, delle attività circostanti. Il tecnico del XXI secolo deve anche essere un cittadino con una cultura economica e politica per partecipare alle grandi scelte della società e dell'azienda.



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