Via i prefetti e i provveditori!

Pubbliche o private, elementari o medie od universitarie, tutto dipende da Roma”(….)

“Nulla deve più essere lasciato in piedi di questa macchina centralizzata; nemmeno lo stambugio del portiere.”

(…) “L'unità del paese non è data dai prefetti e dai provveditori agli studi (…) dalle circolari ed istruzioni ed autorizzazioni romane. (…)” L'unità del paese è fatta dagli italiani (…) i quali imparino, a proprie spese, commettendo spropositi, a governarsi da sé” (…) “Urge distruggere l'idea funesta della sovranità assoluta dello stato. Non temasi dalla distruzione alcun danno per l'unità nazionale. L'accentramento napoleonico ha fatto le sue prove e queste sono state negative” (…) La distruzione della sovrastruttura napoleonica (...) offre l'occasione unica di ricostruire lo stato partendo dalle unità che tutti conosciamo ed amiamo; e sono la famiglia, il comune, la vicinanza e la regione. Così possederemo finalmente uno stato vero e vivente.”

Così tuonava Luigi Einaudi nel 1944, l'anno prima di diventare Governatore della Banca d'Italia. E di qui vorremmo partire, perché ci troviamo ancora a quel punto. L'Italia è un Paese bizzarro: sulla carta ha leggi estremamente avanzate (decentralizzazione e autonomia scolastica), ma nella pratica non ne dà alcuna attuazione.

Ora, la lectio del Prof. Draghi fa esplicito riferimento all'autonomia delle istituzioni scolastiche, laddove sostiene l'esigenza di “aumentare la concorrenza fra gli istituti”, ma non fa cenno alla decentralizzazione dei poteri alle Regioni e agli Enti locali, nè richiama la persistente opposizione alla attuazione del Titolo V, dichiaratamente rifiutato dall'attuale ministro della P.I., al punto da riesumare i “provveditorati”.



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