APPENDICE 2
L'APPRENDIMENTO SCOLASTICO
COME PROCESSO DI SECONDARIZZAZIONE
Prima della scolarizzazione, l'apprendimento avviene in famiglia secondo un principio di regolazione spontanea dell'adulto sul bambino e del bambino sull'adulto: la pressione del bambino sull'adulto per essere introdotto nell'ambiente e, una volta entrato nel linguaggio verbale, per essere introdotto ai saperi trova nell'adulto una risposta commisurata alla domanda e, allo stesso modo, la pressione dell'adulto nei confronti del bambino perché apprenda ciò che occorre nella vita quotidiana e, più in generale, perché si impadronisca delle strutture della realtà - e dei saperi - viene regolata in modo spontaneo sulle sue capacità. A garantire la riuscita di questa regolazione - che si svolge tra errori di centratura del livello e successivi aggiustamenti - è la natura dello scambio comunicativo, che instaura una continuità tra gli stati emotivi, i comportamenti motori e mentali e i segnali dell'uno e quelli dell'altro. La reciprocità dello scambio comunicativo si realizza grazie a questo aggiustamento reciproco dei due soggetti l'uno sull'altro in modo da consentire quell'operazione di trasferimento che presuppone che due diverse fonti di attività divengano un continuo. E' evidente che in questa continua equilibrazione è l'adulto ad adeguarsi alle capacità di elaborazione cognitiva del bambino, anche se lo fa esercitando una certa pressione cognitiva affinché il piccolo allarghi i propri schemi cognitivi a comprendere qualcosa di più, cioè portandolo verso attività cognitivo-operative più complesse.
La natura di questo trasferimento non consiste propriamente nel "passaggio" di contenuti o forme che si inseriscono in un contenitore o di schemi d'azione che vengono trasmessi a un dispositivo, è la mente del bambino, che li fa propri. Quello che l'adulto fa nei confronti del bambino è di esercitare una pressione cognitiva perché egli dia ai propri stati, comportamenti motori e mentali e alle proprie parole, una forma corrispondente a ciò che deve diventare oggetto di conoscenza. Questa forma è completamente costruita dal bambino stesso, il quale non riceve dall'esterno altro che pressioni - "stimoli" - sia dall'ambiente materiale, sia dai soggetti che costituiscono l'ambiente umano, a costruire-ricostruire determinate forme.
La scolarizzazione modifica la relazione di apprendimento. L'appetito assimilatorio del bambino da un lato e la pressione cognitiva dell'adulto dall'altro non hanno più la forma di un adattamento diretto all'ambiente di vita, cioè di un sapere che si possa definire primario ( che cos'è questo?, a che cosa serve quest'altro, come si fa a fare questa cosa?, ecc.,) ma sono incentrati su saperi fortemente strutturati, non emergenti dalla pressione diretta quotidiana dell'ambiente di vita, saperi di livello secondario, finalizzati all'integrazione sociale futura del soggetto, tali che il loro trasferimento all'individuo comporta uno specifico organo sociale. Possiamo definire di livello secondario quei saperi che richiedono per il loro trasferimento un organo specializzato in quanto comportano un distanziamento dalla modalità dell'apprendimento spontaneo qual è quello primario che nasce dalla pressione diretta dell'ambiente di vita .
Tale distanziamento dalla condizione primaria per l'ingresso in quello che si è definito il livello secondario ha luogo, in senso più pieno, quando l'apprendimento ha bisogno, per proseguire, di avvalersi di codici specifici come mediatori dell'apprendimento, sicché prima si apprende il codice, poi si utilizza tale codice per apprendere. Il distanziamento dal livello primario per l'inserimento in quello secondario rappresenta per ogni individuo un passaggio complesso e delicato.
L'apprendimento scolastico, in quanto secondario, sposta la relazione di insegnamento-apprendimento verso una situazione di asimmetria , poiché ora il processo è fortemente sbilanciato dal lato dell'adulto, che ha il compito di "trasferire" al bambino saperi precostituiti e di farlo entro tempi predefiniti. Tale trasferimento, in realtà, ora come prima, non può avvenire se non sotto forma di attiva ricostruzione da parte del bambino di quegli stessi schemi cognitivi che gli vengono proposti giorno per giorno, sicché la relazione di insegnamento-apprendimento può avere successo solamente nella misura in cui si riproduce quella situazione di equilibrazione dello scambio cognitivo - messa in corrispondenza o continuità - tra la pressione del bambino che ha bisogno di apprendere e la pressione dell'adulto che vuole far apprendere. Una tale corrispondenza non è semplicemente data, ma viene continuamente perduta e ritrovata in un gioco continuo di aggiustamenti da parte dell'adulto, vissuto dal lato del bambino come un gioco continuo di conferme e smentite, di adeguatezza e inadeguatezza, di prova ed errore.
L'insieme di apprendimenti che il soggetto deve arrivare a possedere in dodici anni di scolarizzazione, cioè fino al diploma di scuola superiore, è addirittura impressionante. Il fatto che le società avanzate come la nostra arrivino ormai a pretendere per tutti i cittadini la scolarizzazione fino al diciottesimo anno di età dà la misura di quanto sia forte la distanza tra il raggio di potere adattativo raggiunto dall'apprendimento spontaneo-familiare - un tempo sufficiente alla vita sociale di gran parte degli individui e ora sufficiente solo nell'ambito della vita infantile - e quello che può essere raggiunto attraverso la potente mediazione della scuola.
Il gioco di corrispondenza nella scuola tra insegnamento e apprendimento costituisce all'inizio una situazione particolarmente delicata. Una volta che il bambino è entrato in possesso dei due strumenti cognitivo-operativi fondamentali, che sono la lingua scritta e il sistema dei numeri con le sue operazioni di base, la flessibilità del rapporto diminuisce. Il soggetto è ora in grado di compiere autonomamente una certa quantità di movimento nel gioco delle corrispondenze tra insegnamento e apprendimento. Lo schema fondamentale di aggiustamento da parte dell'adulto sui ritmi e le modalità cognitive del bambino nell'opera di trasferimento dei saperi consolidati è ancora irrinunciabile e lo rimarrà fino alla fine dell'intero processo di scolarizzazione, ma, progressivamente, nel bilanciamento tra il movimento dall'alto verso il basso e il movimento dal basso verso l'alto è richiesta una sempre maggiore autonomia del soggetto che apprende e una sempre maggiore indipendenza della scuola rispetto ai concreti processi di apprendimento. Il legame tra la scuola e i saperi che essa deve trasferire agli studenti diventa progressivamente più vincolante che non il legame tra la scuola e lo studente, tanto che diventa di importanza decisiva che lo studente scelga la scuola "giusta per lui". La secondaria superiore non può in alcun modo rinunciare alla "durezza" dei saperi e finisce per rinunciare piuttosto a integrare nel sistema dei saperi ad essa affidati i soggetti che non riescono ad appropriarsene .
Il fatto che, soprattutto nella fase iniziale, lo sforzo dell'insegnante sia tutto volto a raccordarsi con i ritmi, le motivazioni, gli interessi del bambino non toglie che si tratta di una situazione di apprendimento le cui fila sono nelle mani dell'insegnante, il quale deve arrivare a insegnare - o meglio a far apprendere - certe cose prestabilite e non quello che il bambino vuole spontaneamente apprendere. Tuttavia l'apprendimento eterodiretto, quale è quello scolastico, avviene solo se i modi di trattamento del materiale cognitivo che l'insegnante propone impostando le diverse situazioni di apprendimento sono compatibili con i modi accessibili all'alunno. La gamma di compatibilità non è affatto infinita. Si esce dalla compatibilità quando si propongono schemi cognitivo-operativi che non trovano nel soggetto schemi cognitivo-operativi corrispondenti (con un certo grado di corrispondenza : “compatibili”) su cui innestarsi.
Tutta l'azione della scuola può dunque essere definita come un processo di secondarizzazione dell'apprendimento, una vasta opera di mediazione, che si sviluppa oggi in un lungo arco di tempo, la quale consente agli individui della generazione che subentra di essere immessi nel flusso sociale, di essere "collegati" alla società nelle sue funzioni culturali e produttive come cittadini, consumatori e produttori di beni, fruitori e produttori di servizi, ecc.. Tutto questo, infatti, richiede oggi strumenti di codifica-decodifica piuttosto sofisticati: un uso sufficientemente accurato del linguaggio, una buona fruizione della lingua scritta, una buona abilità di base nel trattamento dei dati numerici, l'attitudine a entrare in processi molto vari, diversi, articolati, il possesso di una buona "enciclopedia personale" in termini di qualità e quantità di riferimenti culturali pronti, ecc.
La mediazione che la scuola è chiamata a compiere è in realtà un processo ricco di aspetti problematici. La questione fondamentale sta nel fatto che non si tratta di un processo "naturale", ma sempre più lontano dal modo spontaneo di regolazione cognitiva tra popolazione adulta e popolazione infantile. L'apprendimento scolastico pone oggi tutta la popolazione davanti ad un uso fine e complesso della funzione intellettiva, tanto che una parte molto grande della popolazione scolastica non riesce ad appropriarsene adeguatamente e vive questo impegno intellettivo e sociale - "collegarsi" ai saperi - in modo problematico, con fallimenti e sofferenza personale. La grande operazione sociale di consegna dei saperi alle generazioni che saranno inserite nel mondo adulto risulta comprendere aspetti troppo complessi per una parte importante della popolazione.