Anche
nel campo dell’istruzione spicca la tendenza al decentramento.
In questi ultimi 20 anni nella maggioranza dei Paesi dell’UE le
riforme della scuola si sono sempre intrecciate con il decentramento
amministrativo insieme al conferimento dell’autonomia alle istituzioni
scolastiche. Quasi ovunque sono state introdotte regole che hanno
spostato gran parte del potere decisionale e di gestione dallo
Stato centrale verso le autorità regionali, locali o municipali
e verso gli istituti scolastici. Gli argomenti a favore di una
tale scelta educativa sono ben conosciuti:
-
la convinzione che il decentramento generi una maggiore efficacia
nella risoluzione dei problemi - tanto in materia di definizione
dei bisogni che di gestione delle risorse - grazie al fatto
che una maggiore “vicinanza”, dovrebbe determinare una migliore
conoscenza della situazione e maggiori possibilità di trovare
più rapidamente delle soluzioni;
-
una
più ampia partecipazione dei cittadini grazie a un’offerta
di servizi più accessibili agli utenti;
-
un
miglior adattamento dell’organizzazione del sistema alle particolarità
locali e regionali.
Si sostiene infine che questi elementi
rafforzano i processi di democratizzazione, in quanto
restituiscono potere decisionale alle entità territoriali intermedie
che partecipano al sistema generale attraverso organi rappresentativi
eletti democraticamente.
I
tempi di attuazione del decentramento sono stati
e sono molto differenziati, da quello radicale della Svezia a
quello a tappe graduali della Spagna, dove inizialmente solo
7 Regioni su diciassette (Andalusia, Canarie, Catalogna, Galizia,
Paesi Baschi, Comunità di Valencia e la Navarra) hanno esercitato
effettivamente le loro competenze in campo educativo ( per le
restanti 10 ha continuato per un certo periodo a svolgere le funzioni
il Ministero dell’Istruzione- MEC), a quello estremamente
cauto e dilazionato della Francia, che è tuttora in corso e decisamente
contrastato dai sindacati della scuola.
Per
comprendere il grado di decentramento dell’amministrazione scolastica,
abbiamo scelto di analizzare la distribuzione del potere decisionale
nei seguenti ambiti:
-
l’“ordinamento del sistema scolastico”
(chi decide il numero di cicli o delle tappe che compongono
il sistema scolastico, il numero di anni scolastici per ciascun
ciclo, la durata della scolarità obbligatoria e i criteri di
passaggio da un livello all’altro),
-
la
scelta del “curriculum”
(chi determina gli obiettivi, i contenuti nelle loro linee generali,
le modalità di valutazione di ogni tappa del sistema scolastico
in relazione agli obiettivi fissati),
-
le
questioni concernenti il “personale docente e non docente”
(chi assume gli insegnanti e il personale non docente, chi
decide della loro mobilità e dei loro compiti e ruoli),
- le
funzioni di “valutazione e ispezione del sistema,
Siamo
ben consapevoli, nell’operare questa scelta, che tralasciamo molti
altri ambiti, altrettanto e forse più importanti, come ad esempio
il “finanziamento dell’istruzione e la gestione delle risorse
economiche” (quali sono le fonti di finanziamento
dell’istruzione, a chi spetta la responsabilità della gestione dei
fondi ecc..), è nostro impegno comunque riprendere queste tematiche,
anche alla luce dei risultati dell’importante convegno dell’ADi
del 29 novembre 2003 .
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