Valutare
gli
apprendimenti
Con
l'articolo di Luisa Benigni "Valutazione degli apprendimenti" cominciamo ad affrontare il tema
importante e controverso della
valutazione degli apprendimenti e degli strumenti di verifica. Introduciamo
l'articolo con alcune considerazioni preliminari.
Le
scuole dell'autonomia hanno
bisogno, molto più di prima, della definizione di
standards nazionali di
contenuto (che cosa devono sapere e saper fare gli studenti) e di prestazione (su quali parametri si deve attestare una
preparazione sufficiente, più
che sufficiente, fino all'eccellenza) e insieme a questi hanno bisogno di adeguati ed attendibili strumenti di
verifica. Solo così sarà possibile avviare, senza precipitare nell'anarchia,
l'auspicata inversione di modello: da una scuola fondata sulla conformità ai programmi
ad una orientata al perseguimento dei risultati
(vedi "Dove va l'autonomia?").
Al
momento nessuna di queste esigenze ha ricevuto
risposte, nonostante il nuovo
esame di stato ne abbia evidenziato l'assoluta urgenza. La legge istitutiva
del nuovo esame ha infatti stabilito che oggetto della valutazione devono
essere conoscenze, competenze
e capacità, ma non ha detto in che cosa queste debbano consistere,
visto che sono nazionalmente determinati solo i vecchi
programmi. Quando poi si è trattato di definire nuovi strumenti di
verifica, come la terza prova,
si è precipitosamente ripiegato sull' affidamento della stessa ai singoli istituti.
La
valutazione: un importante terreno di ricerca
In
questa situazione di incertezza, l'avversione
di molti di noi verso
strumenti di verifica non tradizionali si è accentuata, e le
prove strutturate sono
diventate nell'immaginario docente i quiz.
Noi
crediamo che, come tutti gli ambiti di ricerca, anche questo della valutazione
e degli strumenti di verifica, vada affrontato
senza pregiudizi e riserve mentali, sapendo che è un campo di indagine
controverso, spesso ostico, che però ha fatto in questi anni, grandissimi
passi in tutti i settori, non solo nella scuola.
Sappiamo
anche che una delle competenze fondamentali delle professione docente è
quella di saper monitorare l'apprendimento e di farlo usando la più ampia
gamma possibile di strumenti. Per tutto questo consideriamo dovere
professionale affrontare scientificamente la tematica della valutazione e
delle prove di verifica, evitando
inutili e aprioristiche demonizzazioni.
Luisa
Benigni analizza con grandissimo equilibrio la necessità di introdurre nuovi
strumenti. Al suo documento rinviamo quindi per un primo approccio al
problema.
Ciò
che ci interessa esplicitare qui
sinteticamente, ma senza equivoci, è la nostra posizione su quelli che sono
normalmente definiti i test,
nel contesto più generale delle strategie di valutazione.
E'
nostra convinzione che i test
possano e debbano diventare strumenti normalmente usati anche nelle
nostre scuole, e che ci si debba
impegnare per renderli sempre più validi
ed attendibili. Siamo altrettanto convinti che essi non potranno e non
dovranno mai diventare il solo strumento di verifica e che debba da subito
essere scongiurato il rischio che un loro ingresso massiccio in forma
standardizzata per valutazioni a carattere nazionale possa trasformarli da mezzo
in fine, come si
sta verificando in alcuni paesi anglosassoni dove l'insegnamento è spesso
nevroticamente finalizzato solo al superamento
dei test.
Imparare
dagli errori altrui
Nello stesso momento in cui ci impegniamo ad approfondire la tematica degli strumenti di verifica, riteniamo giusto essere noi stessi a riferire sul disagio di chi ha vissuto e vive l'abuso dei test standardizzati.
Da alcune ricerche (Noe Medina and Monty Neill ,1988, 1990) è emerso che le scuole pubbliche negli Stati Uniti somministrano ogni anno circa 100 milioni di test standardizzati a poco più di 40 milioni di studenti, una media di 2 test e mezzo per studente.
Da un po' di tempo i test sono utilizzati anche per decidere della promozione o della bocciatura degli alunni delle classi iniziali della scuola elementare e in 30 Stati costituiscono l'unico strumento per stabilire se un bambino della scuola dell'infanzia possa o non possa passare a quella elementare.
Tutto questo ha suscitato reazioni allarmate, al punto che sono sorte associazioni che si battono per valutazioni di più ampio respiro e si oppongono al fatto che si prendano decisioni importanti sul futuro dei ragazzini solo sulla base dei punteggi da loro conseguiti nei test standardizzati. Fra queste ricordiamo FAIRTEST e The Consortium for Equity in Standards and Testing, che ha addirittura steso un codice deontologico per l'utilizzo dei test.
Contemporaneamente gli insegnanti si stanno ribellando a ciò che chiamano "insegnare per il test" ("teach to the test") e stanno approfondendo il tema della valutazione e degli strumenti di verifica.
La
strada per una corretta valutazione
Dallo stesso paese degli abusi dei test standardizzati, gli USA, ci vengono anche le indicazioni per valutare in modo più corretto. Ricerche hanno dimostrato che le scuole migliori usano sistematicamente un'ampia gamma di strategie valutative, quali:
Osservazioni
e annotazioni sistematiche (l'osservazione
costante del comportamento e dell'attività degli allievi in classe
accompagnata da una sorta di diario
informale, comprensivo delle annotazioni dei libri che hanno letto, di
quanto di questi hanno compreso e di quanto delle
informazioni raccolte riescono ad usare)
Raccolte documentali (campioni progressivi degli elaborati degli
studenti, di cui i genitori possano prendere visione)
Checklists (tecniche semplici di registrazione dei progressi degli studenti )
Prodotti (un disegno fatto durante la lezione di educazione artistica è un
prodotto, una ricerca storica è un prodotto ecc.. e tutti sono
testimonianze dei progressi compiuti dagli alunni)
Domande a risposta aperta (queste prove, a differenza di quelle strutturate,
riescono a dimostrare quello che gli studenti pensano e come usano
le conoscenze nelle diverse aree disciplinari )
Test strutturati a scelta multipla (queste prove, che corrispondono
di norma a quelle standardizzate, vanno bene quando sono usate come
parte di un più complessivo
programma di verifiche, perché sono adatte solo a misurare
"sezioni" di conoscenze e competenze ma mai competenze di ordine
superiore come il problem solving, la capacità di analisi e sintesi, la
capacità di prendere decisioni o di valutare).
In
conclusione
Queste sintetiche informazioni, che accompagnano l'articolo di Luisa Benigni, vogliono essere uno stimolo ad una prima riflessione sulla complessità e sull'importanza del problema della valutazione, sull'esigenza di affrontarlo in modo approfondito e sistematico, evitando sia conformismi e pregiudizi che adesioni poco meditate al nuovo.
Vorrebbero anche mettere in guardia da un pericolo reale, quello che questo problema sia sottratto alla competenza dei docenti e alla loro esperienza didattica, per essere affidato ad agenzie specializzate, come è già avvenuto altrove, con danni e compromissioni per l'insegnamento.
Vogliamo con ciò dire che un conto sono, per fare un esempio, le indagini IEA, importanti ed utilissime, altra cosa è la valutazione, anche conclusiva, degli alunni ai diversi livelli scolastici, che non può fondarsi unicamente sulla tipologia di strumenti standardizzati utilizzata per indagini nazionali o internazionali, e sull'unicità ed episodicità delle prove.