Dagli incentivi per le “Zone a rischio” a nuovi

ISTITUTI NORMATIVI E RETRIBUTIVI PER LA PREVENZIONE E IL RECUPERO DELLA DISPERSIONE SCOLASTICA E DEL DISAGIO GIOVANILE

Appunti di Cesare Moreno
in dialogo via rete con Alessandra Cenerini e Marco Rossi Doria

Questi appunti, scritti per l’apertura della contrattazione quadriennale 2002-2005, prendono avvio da una riflessione sulla realizzazione di progetti integrati di recupero della dispersione, ma hanno l’aspirazione di fornire indicazioni riguardanti l’organizzazione del lavoro docente quando questo si confronta – anche in via preventiva o ordinaria - con problemi complessi come il disagio giovanile e la dispersione scolastica. Più in generale vuole contribuire a ridefinire l’organizzazione del lavoro docente e la professionalità quando lo sviluppo di competenze per la vita e per il lavoro coinvolge la scuola in progetti territorialmente diffusi e temporalmente prolungati. (v.nota sui progetti complessi)

  Forse la scuola della società dell’informazione postula una svolta epocale nella configurazione del lavoro docente da una organizzazione in fondo elementare che associa un tempo, una disciplina, una persona, ad una organizzazione avanzata in cui la funzione docente viene svolta da una operatore ‘gruppale’ in grado di affrontare la molteplicità di compiti e di relazioni implicati in un progetto educativo integrato e di lunga durata, usando la cultura, non solo come patrimonio da trasmettere ma come elemento organizzatore della propria stessa professione e della piccola comunità di vita che viene istituita da una relazione educativa autentica.

L’elaborazione di forme contrattuali adeguate e nuove può essere quindi l’occasione per rivolgere lo sguardo in avanti e fare in modo che la stessa contrattazione possa essere un momento creativo per disegnare nuovi e produttivi scenari di lavoro.

Una professione complessa per un lavoro complesso

Il progetto Chance o Maestri di strada, sperimenta da quattro anni – e senza alcuno degli incentivi previsti per le zone a rischio - una organizzazione del lavoro docente centrata sul progetto educativo personalizzato. I cardini di questa organizzazione sono:

·   lavoro di squadra: un "contratto d’onore" tra docenti statuisce solidarietà e collaborazioni basate sul vincolo comunitario e non sui contenuti delle discipline. Abbiamo stabilito convenzionalmente che tutti noi siamo specialisti dell’apprendimento e quindi nè appartenenti a una disciplina né ad un ordine di scuole. Con l’esperienza e lo studio, ciò che quattro anni fa chiamavamo contratto d’onore oggi si chiama codice deontologico, un codice che abbiamo liberamente e autonomamente adottato. Dal punto di vista della relazione di lavoro questo significa che non esiste solo una relazione ‘verticale’ di dipendenza da una amministrazione ma anche una “relazione orizzontale” che coinvolge progressivamente cerchi di appartenenza più larghi che includono altre professioni, altre istituzioni, forze sociali e produttive del territorio, le famiglie, gli allievi. Gestire l’intreccio complesso e continuamente mutevole di una doppia dipendenza - di gerarchia e di comunità - è l’obiettivo, difficile da affrontare, di un contratto che voglia tenere conto dei problemi reali.

·   Rigorosa circolarità e reciprocità nell’apprendimento e nella relazione: non si insegna se non mentre a nostra volta apprendiamo, non si cura lo stare bene degli allievi se non si sta bene con se stessi, con i colleghi, con gli allievi.

·   Rigorosa attenzione ai ‘contratti’ individuali e collettivi che regolano il rapporto tra allievi, famiglie, docenti, tra istituzioni diverse, tra figure professionali diverse. (v. nota sulla complessità gestionale)

·   Centralità del progetto educativo rispetto ad ogni altra esigenza e quindi forte interazione dei docenti anche con le questioni di bilancio, di amministrazione, di economicità della gestione.

Tutto questo configura una professionalità ed una organizzazione del lavoro nuova in cui il docente non lavora più individualmente, si identifica molto di più con il progetto che non con la disciplina, svolge una importante parte di lavoro non a contatto con gli allievi ma in attività di preparazione e in collegamento con altre professioni, assume responsabilità gestionali e non solo esecutive. Il modello di relazioni sindacali vigente e fondato sulla figura del ‘lavoratore’ isolato o inserito in una sorta di catena produttiva che vede il susseguirsi di diversi professori e o professionisti e non l’interazione reciproca, non può funzionare, così come non possono funzionare altre forme di associazionismo e di rappresentatività fondati sull’identificazione con la disciplina insegnata, o con l’ordine scolastico di appartenenza.

Questo modo di esercitare la funzione docente riguarda certamente le situazioni di recupero della dispersione scolastica ma più in generale situazioni in cui insegnare non può essere in alcun modo trasmissione di saperi codificati, ma invenzione culturale in situazioni non predefinite, e forse – sarebbe pretendere troppo – i nostri ragazzi potrebbero avere un rapporto vivo con la cultura se i loro professori, zone a rischio o no, scuole bene o scuole male, sapessero proporre una cultura che fa i conti con la complessità del reale e non con le semplificazioni accademico-scolastiche.

Patti per promuovere lo sviluppo umano locale

Il problema specifico delle zone di esclusione e marginalità sociale va quindi ricondotto a quello di garantire in via prioritaria una organizzazione del lavoro adeguata alla complessità del compito, e il problema prioritario non è il salario. Il salario piuttosto va utilizzato per incentivare un impegno qualitativo diverso che comporta anche impiegare tempo lavoro per attività normalmente poco considerate o non organizzate. Sotto questo aspetto la leva salariale è importante perché impegna l’amministrazione e non solo il docente a sviluppare in modo adeguato le condizioni per esprimere una professionalità complessa.

Riassumiamo in quattro i punti focali per azioni di riequilibrio nelle zone a rischio

Finanziamento globale

Finanziamenti nazionali e regionali devono confluire in progetti integrati in modo che le diverse misure concorrano al raggiungimento di obiettivi globali riassumibili nel concetto di ‘sviluppo umano locale’. Nel finanziamento globale devono confluire l’incentivo ai docenti, i finanziamenti per l’aggiornamento, per le attrezzature per i materiali e per quant’altro sia – sempre di meno in prospettiva - di competenza dell’amministrazione statale.

Le Regioni dovrebbero essere i principali promotori e amministratori di tale fondo destinando ad esso  tutti i finanziamenti di propria competenza e disponibilità (v. fondi UE). I Comuni, gestori finali di tali risorse, devono a loro volta integrare il finanziamento regionale con i propri capitoli di spesa ordinaria e straordinaria (ad esempio manutenzione, suppellettili, utilizzo dei fondi 285 o piani 328), dando luogo a un unico fondo, da gestire globalmente.

Solo a quel punto, dopo avere definito complessivamente l’entità dei finanziamenti, gli enti locali di concerto con le istituzioni scolastiche potranno decidere operativamente quali siano le unità territoriali operative e le tipologie di progetti a cui destinare i fondi. Tali fondi saranno comprensivi dell’incentivo salariale per i docenti sul quale interverrà la contrattazione sindacale decentrata.

Nel processo di decentramento regionale e locale resta un posto importante per i finanziamenti statali che dovrebbero conservare un ruolo importante per le azioni di indirizzo del sistema e nelle azioni di riequilibrio. Tali azioni sono affidate alla sapiente utilizzazione delle leve economiche, i fondi statali servono ad incentivare quelle azioni che il governo nazionale ritiene strategiche nello sviluppo del sistema così come oggi fa l’Unione Europea, finanziando programmi operativi centrati sulle priorità condivise. Il contratto nazionale quindi dovrebbe utilizzare risorse nazionali per realizzare alcune delle azioni di riequilibrio richieste dal sistema.

Sistemi di incentivazione

Dato l’ambito di applicazione e la cultura media degli operatori scolastici forse è del tutto improprio parlare di incentivo. Occorre chiarire preliminarmente la finalità dell’incentivo che dovrebbe piuttosto definirsi come “misura per il riequilibrio”.

L’incentivo nel nostro caso non è finalizzato ad ottenere una prestazione quantitativamente definibile, ma un miglioramento della qualità delle prestazioni. La misura salariale va quindi intesa soprattutto come un indicatore della volontà reciproca a realizzare un obiettivo. Nel nostro caso la misura salariale impegna egualmente l’amministrazione e l’operatore in una certa direzione. Se decido di investire del danaro per lo sviluppo di competenze relazionali nei docenti, e se i docenti vi consentono, significa che entrambi i contraenti ritengono importante per la professione tale sviluppo. La misura - proprio nel senso di metro oltre che nel senso di provvedimento – serve a riconoscere l’impegno reciproco ma non è la causa. In questo senso non si tratta di un incentivo, la motivazione viene dal patto sociale e non dal danaro. Invertire questa relazione significa avvilire il lavoro docente a pura erogazione di tempo lavoro che è la radicale negazione del valore culturale di questa professione, perché la cultura fa ogni istante di tempo diverso dall’altro.

Il danaro, che è oggetto mediatorio su cui si accordano i contraenti, deve servire a definire in modo certo una configurazione di lavoro: occorre che l’operatore dichiari la propria disponibilità a partecipare a progetti complessi senza che occorra in ogni occasione negoziare la sua partecipazione, ciò che rende ingovernabile non solo la scuola ma qualsiasi organizzazione che abbia una missione da compiere e non solo da erogare un servizio astratto. La partecipazione a progetti complessi richiede una grande flessibilità di impiego che concretamente significa la possibilità di organizzare l’orario annuo con diverse scansioni, la possibilità di erogare la propria prestazione in situazioni logistiche diverse, la possibilità di essere impegnati in funzioni diverse dalle ‘lezioni’, la possibilità di trascorrere importanti parti dell’orario annuo in attività obbligatorie di formazione. Per la pura e semplice disponibilità a tutto ciò, per il fatto che gli organismi di gestione acquisiscono l’affidabilità del principale fattore di produzione, occorre fornire un riconoscimento forfetario assolutamente non traducibile in eventuali ore aggiuntive. Di tutto l’attuale impianto sulle Zone a rischio questo concetto, che la ‘disponibilità’ così come in altri settori la ‘reperibilità’ vada remunerata sembra un principio importante non di incentivazione ma di corretto investimento delle risorse.

Il corollario preciso e ineliminabile di ciò è che ci sia la disponibilità di un congruo fondo di istituto per remunerare le ore straordinarie in cui si traduce necessariamente la dichiarata disponibilità dei docenti (che nei casi di maggiore impegno potrebbe giungere a 200 ore annue).

Se proprio volessimo fare i conti si potrebbe dire che in una scuola i cui allievi siano fortemente esposti all’esclusione sociale, circa il 20% dei docenti dovrebbe impegnarsi per effettuare maggiori prestazioni per 200 ore annue, circa il 20% dovrebbe effettuare all’incirca 90 ore annue, il restante 60% dovrebbe impegnarsi per 30-40 ore annue.

Non c’è dubbio che si tratti della scoperta dell’acqua calda, ma non si vede come si possa migliorare la prestazione dei docenti se non incrementando l’impegno orario in attività diverse da quelle dirette di insegnamento.

Assistenza per lo sviluppo di progetti

Elaborare un progetto complesso e realizzarlo richiede il possesso da parte delle istituzioni di quelle stesse capacità professionali che in qualche modo si vuole sviluppare. Per rompere la circolarità negativa del mancato sviluppo occorre fornire risorse per l’avvio e la manutenzione dei progetti e principalmente risorse di staff, risorse professionali qualificate e configurazioni di lavoro che consentono il continuo rinnovo delle energie professionali. Nel concetto di ‘manutenzione della risorsa umana” si riassume l’idea che la professionalità sia un insieme di competenze che devono essere continuamente coltivate per non decadere e l’idea che la persona e la sua cultura siano il principale mezzo di produzione per la cultura e per la crescita personale. In alcuni casi l’assistenza allo sviluppo può consistere anche nell’utilizzo di risorse statali aggiuntive per potenziare le risorse professionali e di staff necessarie a innescare processi di sviluppo locale.

E’ parte integrante della manutenzione della risorsa umana:

·        l’attività di formazione e di riflessione centrata sulle pratiche d lavoro e finalizzata ad istituire tra gli operatori una vera e propria ‘comunità di pratica’ che è la fonte riconosciuta di ogni sapere professionale dinamico.

·        L’attività finalizzata a migliorare continuamente il complesso sistema di relazioni umane entro cui è immerso il lavoro di ciascun operatore

·        L’attività finalizzata al miglioramento sistematico delle configurazioni di lavoro e delle interazioni professionali dentro e fuori del contesto scolastico

·        L’attività negoziale finalizzata a migliorare le condizioni collettive di lavoro ed il benessere personale.

Reclutamento

Reclutamento centrato su competenze sperimentate, incrementate e verificate in opera

E’ parte integrante di una gestione dinamica delle risorse una giusta politica di reclutamento. Se riconosciamo che la funzione docente si esercita gruppalmente occorre riconoscere che un organismo complesso funziona attraverso la differenziazione funzionale e che funzioni specializzate richiedono competenze specializzate all’interno di una configurazione comune e condivisa. Riconoscere la differenziazione funzionale significa riconoscere che esistono competenze seconde che possono assumere un ruolo primario nello sviluppo di certi tipi di progetto e che questo riguardi in particolar modo anche le funzioni di sistema. Il sistema di reclutamento deve essere quindi rivolto ad accertare il possesso di due ordini diversi di requisiti: il primo volto ad accertare il possesso di requisiti base necessari allo sviluppo di progetti complessi, il secondo rivolto ad accertare il possesso di requisiti per ricoprire specifiche funzioni. Se il modello di funzionamento del sistema scolastico attuale non è quello dei progetti complessi ma quello della erogazione di un servizio monocorde, va da sé che non esistono requisiti documentabili per lo svolgimento di progetti complessi e che sia particolarmente laboriosa la procedura di accertamento e reclutamento. Sappiamo tuttavia che esistono esperienze professionali nella scuola e fuori di essa che richiedono comunque una attitudine a gestire la complessità. La partecipazione documentata a esperienze di questo tipo, codificate a priori, consente quindi di stabilire i requisiti di ammissione ad una procedura di selezione e reclutamento.

Gli accertamenti ulteriori non possono essere fatti se non dinamicamente ed in situazione, ossia creando le situazioni in cui docenti esperti e studiosi di riconoscibile competenza svolgono una attività di tirocinio formativo. Potremmo riconoscere alcuni ambiti di selezione-formazione relativi allo sviluppo di progetti complessi che sono:

·        Ambito gestionale , riconoscimento e gestione di problemi complessi, organizzazione e gestione di reti interistituzionali, mediazione e promozione culturale nell’ambito del territorio. Gestire la complessità istituzionale interna ed esterna.

·        Ambito delle relazioni : riconoscere e mediare tra esperienze e valori culturali diversi, tra le diverse comunità che interagiscono nel processo educativo. Gestire la complessità delle relazioni e dei sentimenti, dei modi di vita.

·        Ambito delle conoscenze e delle competenze : riconoscere e mediare tra ambienti e situazioni di apprendimento estremamente diversificati per luoghi, tempi, organizzazione, professionalità; dai banchi di scuola alle competenze per la vita passando per la formazione professionale e l’apprendimento attraverso il lavoro. Gestire la complessità dei saperi, delle discipline, delle competenze.

In relazione a questi ambiti potremmo riconoscere anche una specializzazione funzionale in ambito organizzativo gestionale, coordinamento esterno e gestionale, coordinamento pedagogico interno, nell’ambito dell’esercizio di una professionalità docente gruppale.

Per poter operare un reclutamento basato sulla selezione-formazione occorre realisticamente un processo prolungato e selettivo di avvicinamento al compito e di vero e proprio apprendistato. L’intervento in questa materia dovrebbe quindi essere quello di prevedere istituti contrattuali che consentano tali tirocini prolungati (ad esempio un sistema di orari parziali che consenta la partecipazione ad esercitazioni pratiche come tirocinanti di docenti ed operatori esperti) e risorse per finanziare le attività di tutoring ‘aziendale’ e di formazione in situazione. Risorse finanziarie e professionali che consentano adeguate forme di valutazione e selezione in rapporto alle competenze maturate ed effettivamente utili alla realizzazione di progetti complessi.

Contrattazione locale decentrata

Se ipotizziamo lo sviluppo di un sistema di istruzione-formazione locale non scuola-centrico ma policentrico dove si realizza un continuo interscambio tra luoghi e modalità di formazione diversi, dalla lezione cattedratica all’apprendimento nel gruppo dei pari, va da sé che la stessa organizzazione del lavoro docente assuma connotati strettamente locali plasticamente adattati alla configurazione locale del sistema integrato. Tipicamente questa configurazione pedagogica dovrebbe riflettersi in forme pattizie sociali e configurazioni legali di gestione che potrebbero essere ‘Patti educativi territoriali’ e ‘Consorzi di Gestione’ per progetti complessi. Si vengono a costituire parallelamente centri gestionali e organismi di patto entro cui globalmente negoziare le modalità di partecipazione allo sviluppo locale. Non è pensabile infatti una dinamica di semplice negoziazione tra due parti (ente di gestione e lavoratori) ma occorre pensare ad una dinamica complessa in cui siano contemporaneamente presenti le esigenze di sviluppo, quelle di gestione, i diritti del cittadino, i diritti dell’infanzia, i diritti dei lavoratori, la deontologia professionale. Per tutti questi motivi occorre non solo pensare che l’unico ambito di negoziazione sia quello localizzato intorno ad un consorzio di istruzione-formazione di grandezza medio-piccolo, ma che tale negoziazione non possa essere solo di carattere contrattuale ma necessariamente sociale inserendosi in un patto educativo territoriale.

Piano di intervento per le zone a rischio

Posto che questi siano i punti chiave per una politica di riequilibrio nelle zone a rischio la contrattazione nazionale potrebbe intervenire sui punti seguenti:

finanziamento globale

·   Adozione di un piano di finanziamento globale inclusivo anche delle azioni previste dalle regioni e che includa per parte dello Stato risorse di adeguata intensità per il finanziamento del fondo ai fini retributivi. Tale piano va adottato con le procedure di concertazione previste tra le parti sociali e dalla Conferenza Stato Regioni e prevede:

risorse retributive

·     una quota forfetaria fissa per la disponibilità a un uso flessibile del proprio tempo e delle proprie attività, che non possono essere preventivamente definiti, e una quota adeguata per finanziare il maggiore impegno richiesto dalle diverse forma di intervento, dalle diverse mansioni funzionali. (v. nota sulle tipologie di intervento)

Manutenzione della risorsa umana

·   risorse e procedure per poterla realizzare. Particolarmente sostegno psicologico ed organizzativo per il lavoro in gruppo e per le interazioni con altre professioni ed il territorio in genere

Assistenza per lo sviluppo di progetti

·   La concertazione locale piuttosto che individuare aree a rischio che si individuano secondo procedure scientifiche e sulla base di parametri oggettivi, dovrebbe occuparsi di definire un piano di intervento che preveda il rafforzamento delle situazioni più deboli. Per queste azioni viene riservata una quota – localmente e nazionalmente – destinata alle cosiddette “misure di accompagnamento” o di “assistenza allo sviluppo”.

Negoziato territoriale decentrato

·    Opportuna dotazione di fondi alle direzioni regionali affinché possano disporre localmente di quote di fondi utilizzabili nel negoziato e nella promozione di azioni innovative non previste dallo schema adottato .



NOTE

 

Progetti complessi che richiedono professionalità complesse

Nuovi istituti contrattuali dovrebbero interessare tutti i progetti complessi, e non solo le “zone a rischio”. Sono quei progetti che per loro natura richiedono una professionalità docente plurale, flessibile, integrata. Si tratta quasi sempre di progetti legati a situazioni di frontiera e a programmi che richiedono la collaborazione e l’integrazione di diversi soggetti:

·        progetti dell’UE per la prevenzione della dispersione e/o per l’orientamento,

·        stages, continuità scuola-lavoro etc..;

·        corsi professionali per l’obbligo formativo,

·        progetti integrati legati ai POR o a fondi gestiti da comuni e province ( legge 216, legge 285, legge328 etc…).

·        corsi post-diploma

·        corsi IFTS

In questi progetti la condizione degli insegnanti presenta le seguenti caratteristiche:

·        un numero consistente di docenti svolge il proprio servizio in modo diverso da quello standard

·        il loro rapporto di lavoro è regolato da contratti di tipo individuale

·        la loro retribuzione è diversificata e erogata da ‘datori di lavoro’ diversi anche se fanno tutti capo al dirigente scolastico.

Di fatto questi rapporti di lavoro e le forme retributive sono regolati più dalle norme amministrativo contabili della UE o delle Regioni che non da una buona negoziazione sindacale. D’altra parte il tentativo di portare dentro a una negoziazione sindacale tradizionale queste nuove forme del lavoro docente porta solo a disastri, a negare le ragioni stesse del progetto attraverso graduatorie, anzianità, rotazioni, egualitarismi da caserma, difesa unilaterale e micragnosa della rigidità dello stato di cose esistente  

 

Complessità gestionale

Alla complessità del compito corrisponde anche una complessità gestionale, senza della quale sarà difficile mettere in atto veri interventi integrati. A titolo di esempio citiamo i modi in cui in talune situazioni si comincia ad affrontare la complessità di un progetto educativo territoriale:

1.      Consorzio di gestione - un progetto complesso richiede uno staff di gestione complesso con capacità di iniziativa pedagogica, strategica e finanziario amministrativa. La cosa migliore è stabilire un consorzio per la gestione integrata del progetto in cui insieme alla scuola, o meglio reti di scuole, entrino con responsabilità adeguate le strutture pubbliche ( non esclusa l’Università) e aziendali coinvolte. Un modello organizzativo di riferimento, per quanto da migliorare, può essere quello già in atto per gli IFTS. Il livello del consorzio integrato è anche il livello per la contrattazione sindacale decentrata.

2.      Staff di gestione – Un adeguato staff di gestione richiede risorse professionali (insegnanti qualificati e personale amministrativo ben preparato ) nonchè risorse finanziarie e condizioni normative per poter stabilire contratti di collaborazione con professionisti e aziende esterni alla scuola. Si ritiene infatti che la forma mista di gestione sia la migliore, perché consente di stabilire condizioni di confrontabilità fra le prestazioni professionali e scongiura il rischio di scelte troppo condizionate dalla realtà interna alle scuole. Infine va specificato che questi progetti richiedono di essere affidati, a livello territoriale, a un dirigente che sia un autorevole leader educativo, scelto sulla base di specifiche competenze e attitudini.

3.      Trasparenza, qualità, partecipazione sono requisiti indispensabili per la gestione di un progetto di inclusione sociale. Chi ha la responsabilità della gestione del progetto deve assumere precisi impegni in tal senso, esplicitare la carta dei servizi, pretendere la dichiarazione delle attività svolte dal personale coinvolto, esplicitare, anche ai fini della negoziazione sindacale o nel confronto con le diverse istituzioni, gli impegni professionali e deontologici richiesti a ciascun attore singolarmente considerato.

4.      Agilità amministrativa La buona amministrazione delle risorse è una condizione essenziale per l’efficacia degli interventi. Occorre prevedere la costituzione di task force amministrative, anche con il ricorso al privato, in grado di fornire un buon supporto di segreteria amministrativa, ferme restando le competenze degli uffici statali in materia di controllo contabile e legittimità degli atti.

 

Diverse tipologie di intervento richiedono risorse diversificate

Gli interventi sulla dispersione si realizzano a diversi livelli secondo una tipologia che è ormai abbastanza definita..

Possiamo considerare quattro livelli di intervento :

  1. prevenzione ad ampio spettro rivolto a tutti ovvero promozione della qualità e del benessere educativo

  2. prevenzione specifica sui soggetti a rischio ovvero misure di sostegno e valorizzazione della individualità

  3. recupero scolastico dei soggetti in difficoltà ovvero sviluppo di azioni articolate anche in collaborazione con il territorio per combattere fenomeni di emarginazione in atto

  4. recupero socio educativo di soggetti emarginati ovvero attività da organizzare con vere e proprie task force integrate per il recupero di soggetti che siano già in condizioni di emarginazione; progetti di “scuola della seconda occasione” progetti di “scuola su misura” per la costruzione di percorsi di istruzione-formazione integrati ed adattati alle esigenze individuali (dai drop out, agli immigrati, ai giovani a rischio di dipendenza da sostanze, in genere gli allievi che vivano gravissime condizioni di difficoltà sociale con altrettanto gravi manifestazioni di disagio scolastico)

Queste diverse tipologie di progetto richiedono impegni diversi e di diversa intensità e soprattutto diverse modalità di rapporto con i docenti, che non si esauriscono nella questione economica, ma coinvolgono aspetti culturali, professionali e relazionali. Pur nella diversità degli impegni si potrebbe però far convergere le quattro tipologie entro un’ampia formula unificata così da consentire di uscire fuori della logica delle ‘zone a rischio’, ricomprendendo tutti quei progetti volti a trasformare la “scuola di tutti” nella “ scuola di ciascuno”. Detto diversamente, anche in un liceo classico di una zona benestante potrebbe attivarsi un progetto di prevenzione “ad ampio spettro”. Di norma occorrerebbe lasciare che siano le scuole autonome a definire i progetti e a richiedere risorse speciali per realizzarli, mentre dovrebbe spettare all’azione del governo locale occuparsi di riequilibrare le risorse –economiche, professionali e progettuali innanzi tutto – e anche di sollecitare la presa in carico di situazioni in cui siano presenti emergenze educative rispetto alle quali non siano state spontaneamente predisposte opportune misure.

L'eclettico lavoro di un coordinatore del Progetto Chance